Il ministro della Salute Roberto Speranza ha firmato l’ordinanza per la ripresa della scuola il 7 gennaio. Secondo il provvedimento, ai fini del contenimento dell’epidemia da Covid-19, potrà tornare tra i banchi solo il 50% degli studenti. L’ordinanza è stata firmata dal ministro ieri sera, e pubblicata oggi in Gazzetta Ufficiale. Dopo il 15 gennaio è atteso quindi un nuovo dpcm, e a quel punto il governo stabilirà se aumentare il numero di presenze in classe, con l’obiettivo di portare la didattica a distanza al 25% entro la fine del mese.
A nove giorni dal rientro in classe, però, crescono i dubbi sul timing dettato dal governo per la ripresa della didattica in presenza in tutta Italia. La Campania ha già annunciato una road map diversa: l’assessore all’Istruzione in Campania, Lucia Fortini, ha programmato un ritorno sui banchi per gradi: il 7 gennaio le prime e le seconde elementari, l’11 le altre classi della primaria, il 18 le medie e il 25 gennaio le superiori. Tappe che però saranno valutate in base ai contagi.
Ora al ministero dell’Istruzione, si legge sulla Stampa, temono però che da qui alla Befana possano arrivare altre ordinanze regionali che posticipino il ritorno sui banchi. Ad alimentare lo scetticismo infatti non c’è solo il governatore Vincenzo De Luca, sono in tanti a criticare il piano previsto dall’esecutivo: presidi, ma anche sindacati e una buona parte del Parlamento, dall’opposizione a Italia viva, gettano ombre sul riavvio delle lezioni.
A livello nazionale, agli istituti viene comunque assicurata la flessibilità di cui hanno bisogno nel gestire le classi e organizzare la settimana, ma le indicazioni dei prefetti dovranno essere attuate. Il Dpcm del 3 dicembre aveva stabilito dal 7 gennaio la didattica in presenza al 75% per le superiori, le uniche ancora alle prese con la Dad. Poi, il 23 dicembre, governo, Regioni, Comuni e Province avevano siglato l’intesa sul rientro al 50% per arrivare al 75% da venerdì 15 gennaio.
Nelle scorse settimane è stato anche avviato a livello provinciale un tavolo con prefetture ed enti locali per cercare di risolvere il nodo dei possibili assembramenti nei trasporti, vero ostacolo per la riapertura delle scuole, e degli orari di ingresso scaglionati a scuola.
«Anche sulla riapertura delle scuole si scontrano visioni ideologiche», ha detto in un’intervista al Corriere della Sera, il governatore della Liguria Giovanni Toti, secondo il quale «è giusto partire il 7 gennaio con l’ambizione di mandare a scuola il maggior numero di studenti possibile: in caso contrario, sarebbe una falsa partenza».
Anche se poi ammette: «È giusto partire con prudenza perché non è vero, come invece si sente dire, che la riapertura delle scuole non incida sull’indice di trasmissione (Rt)». Sul ritorno in classe, il governatore ligure ha spiegato che nella sua Regione «una parte degli studenti entrerà tra le 7.45 e le 8, un’altra tra le 9.30 e le 9.45».
Montano i dubbi anche nel Lazio dove la Flc Cgil, i dirigenti scolastici e decine di istituti hanno giudicato inattuabile il piano del prefetto di Roma. A preoccupare sono i turni scaglionati di entrata e di uscita, le mense e i mezzi pubblici.
«L’avvio dell’anno scolastico rappresenta un momento di elevata criticità», ha ammesso ieri la ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti, Paola De Micheli, in un’audizione alla Camera. La pianificazione degli orari delle città, dalle scuole agli uffici fino ai negozi, è «indispensabile» per evitare assembramenti e «il 7 gennaio l’offerta dei trasporti deve essere già pronta per l’apertura delle scuole».
Dure le critiche anche da parte della maggioranza. I renziani fanno partire una raffica di comunicati, si legge sulla Stampa: «Preoccupano i ritardi del Tpl, non si può sbagliare»; «La riapertura al 50% è una sconfitta»; «Conte mantenga la parola sulla ripresa dopo la Befana», le accuse lanciate rispettivamente da Luciano Nobili, Gabriele Toccafondi e Raffaella Paita.