La scorsa estate il governo (ora dimissionario) olandese di Mark Rutte non è riuscito a imporre politiche particolarmente frugali ai cittadini europei, ma dove non è arrivato l’accigliato premier conservatore in Saab, potrebbe riuscire una sua rivale politica, Femke Halsema, sindaca di sinistra di Amsterdam dal 2018. La svolta frugale voluta da Halsema non riguarda però prestiti e soldi a fondo perduto a italiani, spagnoli e greci, ma più prosaicamente la cannabis servita agli stranieri. Prima del CoVid-19, il suo consumo libero nei coffee shop risultava nei sondaggi come la prima ragione di visita della città per il 58% dei turisti stranieri, più di Rembrandt, Van Gogh, dei fiori e dei canali.
In un briefing concordato con le forze di sicurezza, Halsema ha comunicato l’intenzione di rendere più rigide le norme per i 166 coffee shop della città. Se l’iniziativa andasse in porto (e non c’è motivo di pensare il contrario, visto che da un punto di vista legislativo questa decisione è prerogativa del sindaco) il consumo di erba nei coffee shop per turisti stranieri e in generale non residenti sarebbe vietato, come succede già in altre città olandesi dal 2013. All’epoca Amsterdam aveva scelto una linea morbida, per non correre il rischio di trovarsi lo spaccio di erba trasferito in strada, ma il degrado del turismo di massa low cost è stato giudicato peggiore del rischio di aumentare le attività illecite e così i coffee shop avranno qualche mese di tempo per adeguarsi a nuovi modelli di business e soprattutto prepararsi a un futuro fosco: secondo il comune stesso, meno della metà dei locali oggi aperti riuscirebbe a resistere economicamente senza consumatori stranieri.
La stretta contro i coffee shop non è un rigurgito di proibizionismo, ma il tentativo della principale città olandese di non morire di overtourism. L’iniziativa arriva in un momento in cui – a causa di restrizioni e pandemia – Amsterdam si è svuotata della maggior parte dei turisti, respira come dopo un lungo assedio e ne sta approfittando per portare a termine il ripensamento del suo modello turistico.
La reputazione liberale, la geografia e il facile accesso via terra, i voli delle compagnie low cost, l’esplosione di ostelli e Airbnb avevano portato Amsterdam – città da appena 850mila residenti – ad avere un flusso da 20 milioni di turisti all’anno, con la proiezione di arrivare a 30 entro il 2030, con alcuni studi più ottimisti (o pessimisti, dipende dai punti di vista) che parlano di 50. Come se ogni abitante dovesse farsi carico di 50 persone all’anno. Numeri che devono essere governati per non rendere la città invivibile e che hanno spinto il comune a preparare un po’ di selezione all’ingresso. E ad Amsterdam questa selezione è piuttosto facile da fare: basta smettere di servire quelli che sbarcano in aeroporto attirati principalmente dalla tolleranza in fatto di droghe. (I Paesi Bassi hanno per altro leggi contorte in materia, la cannabis è ancora tecnicamente illegale, il possesso di meno di cinque grammi è depenalizzato, non la si può produrre ma la si può servire nei coffee shop).
Limitare la cannabis agli stranieri non è l’unica mossa contro il turismo di massa ad Amsterdam sotto la gestione di Femke Halsema: la città ha limitato i negozietti di souvenir, ha combattuto gli affitti selvaggi su Airbnb, ha bloccato la costruzione di nuovi alberghi, ha addirittura rimosso la famosa scritta IAmsterdam davanti al Museumplein. «La pressione è troppo alta e non vogliamo diventare come Venezia», aveva detto alla Cnn Ellen van Loon, partner dello studio di architettura OMA, al quale la città si è affidata per immaginare un futuro turistico diverso, sostenibile e non veneziano. Il concetto chiave, del quale la limitazione dei coffee shop chiusi è un tassello, è fare destination management al posto di destination promotion. Smettere di vendere Amsterdam come meta turistica, perché la cosa è finita fuori controllo, e gestire aspettative e comportamenti di quelli che verranno.
Ci sono restrizioni anche per l’altro grande fronte di tolleranza olandese: il Distretto a luci rosse. Dal 1 gennaio dell’anno scorso sono vietati i giri turistici guidati. Per attenuare l’effetto morboso, per tutelare la dignità dei sex worker e, appunto, per fare destination management. Non è moralismo, è sopravvivenza. Nell’Europa dei confini aperti e dei viaggi low cost il liberalismo olandese stava diventando una trappola per Amsterdam. Non tutti però sono d’accordo e ovviamente tra questi c’è Bond van Cannabis Detaillisten, l’associazione dei proprietari di coffee shop. Un portavoce ha fatto sapere a Dutch News che i turisti in cerca di droghe non smetteranno di venire perché i loro locali sono inaccessibili: «Chi vuole una canna, fumerà una canna e se la procurerà in strada, semplicemente».