Nel 2020 non siamo stati colpiti soltanto da una pandemia globale, ma anche dai manganelli della polizia. Abbiamo visto manifestanti in tutto il mondo respirare i gas lacrimogeni, perdere la vista dopo essere stati colpiti da proiettili di gomma, sopportare torture e, in alcuni casi, morire. Abbiamo cercato disperatamente di trovare i nostri cari tra chi era stato arrestato o portato in carcere per aver partecipato a proteste pacifiche.
Questo è stato un anno di immaginazione politica radicale: il 2020 ci ha invitato a prendere sul serio i nostri sogni e ci ha ispirato a immaginare un futuro migliore e alternativo.
Faccio parte di movimenti anti-autoritari, femministi e lgbtq. dal 2007. Quando ho co-fondato il gruppo Pussy Riot nel 2011, potevo solo sognare un tempo in cui le comunità femministe e queer avrebbero prosperato in Russia e in cui gli artisti mainstream sarebbero stati coinvolti nelle nostre manifestazioni anti-Cremlino. E invece gli attivisti globali hanno ottenuto moltissimo negli ultimi anni. Il mio arresto e la mia incarcerazione con un altro membro delle Pussy Riot nel 2012, insieme al nostro ostinato rifiuto di smettere di protestare dopo il nostro rilascio alla fine del 2013, ha contribuito a incoraggiare i nostri compagni artisti e musicisti a impegnarsi in politica. Ho imparato che, sebbene il cambiamento possa non avvenire dall’oggi al domani, con il tempo piccole azioni possono costruire qualcosa di duraturo e profondo: uno per uno, gli agenti di polizia possono cambiare o essere sostituiti, fino a quando la morte di un uomo, di una donna o di una persona non binaria disarmati per mano delle forze dell’ordine diventerà un ricordo del passato.
La tragica morte, il 25 maggio 2020, di George Floyd, ucciso mentre era sotto custodia della polizia a Minneapolis, ha portato a uno dei più grandi movimenti sociali della storia americana. Ha riacceso il movimento Black Lives Matter: secondo diversi sondaggi, tra i 15 e i 26 milioni di americani hanno partecipato alle manifestazioni organizzate da Black Lives Matter nelle settimane successive alla morte di George Floyd.
Black Lives Matter avrà una profonda influenza sul modo in cui vedremo la giustizia nel 2021 e oltre. La giustizia deve essere giustizia razziale, ma anche giustizia economica, giustizia di genere e giustizia ambientale. I movimenti sociali di massa del 2020 ci hanno insegnato a pensare in modo olistico e intersezionale, a porre grandi domande e a immaginare un futuro migliore.
Quest’anno abbiamo cominciato a ipotizzare percorsi molto diversi per la nostra civiltà, e ci siamo posti domande nuove: e se ripensassimo radicalmente la sicurezza pubblica? Potremmo trarre vantaggio da una minore sorveglianza nelle nostre vite? Dovremmo reindirizzare i fondi e le risorse della polizia verso programmi a favore delle comunità emarginate, ridistribuendo alcune responsabilità della polizia agli assistenti sociali? E se la polizia, un’istituzione che ha perso la nostra fiducia, venisse smantellata e un’altra organizzazione sociale più responsabile prendesse il suo posto? Di chi sono al servizio gli agenti di polizia e chi proteggono? Proteggono me? Dobbiamo ancora mettere in carcere le persone? Il sistema carcerario ha riabilitato qualcuno? Usare il lavoro carcerario praticamente gratuito non è una forma di schiavitù? Possiamo immaginare un mondo post-polizia, post-prigione?
I governi, specialmente quelli con simpatie verso i regimi autocratici, hanno reagito con nervosismo all’immaginazione politica coraggiosamente radicale dei loro cittadini. Il presidente Trump ha etichettato gli attivisti per la giustizia sociale come «terroristi» e ha detto di volerli «soggiogare». Il presidente russo Vladimir Putin crede che se sei critico nei suoi confronti sei un nemico dello Stato e devi essere messo a tacere.
Nel mio Paese, la Russia, le forze dell’ordine sono state impegnate per quasi 10 anni ad arrestare i membri delle Pussy Riot. I nostri video musicali si concentrano sulla violenza della polizia, sia in patria sia all’estero, perché riteniamo che questo sia un problema che può essere risolto solo grazie agli sforzi congiunti degli attivisti di tutto il mondo. Nel febbraio 2015 abbiamo pubblicato la nostra prima canzone in lingua inglese, «I Can’t Breathe», in memoria di Eric Garner, morto l’estate precedente dopo che un agente di polizia di New York lo aveva immobilizzato in modo da impedirgli di respirare.
Ad agosto, il governo russo ha tentato di uccidere il leader dell’opposizione Aleksei Navalny, un mio amico, avvelenandolo con un agente nervino. Più o meno nello stesso periodo, in Bielorussia, il regime del presidente Aljaksandr Lukašėnka, amico di Putin, arrestava pestava e torturava i manifestanti pacifici, rendendoli soltanto più determinati. Se i governi reagiscono con forza eccessiva, come hanno fatto in tutto il mondo, e non riescono a proteggere i manifestanti pacifici, non fanno altro che accendere e giustificare ancora più resistenza.
Nel corso del 2020 sono scoppiate proteste antigovernative e movimenti di massa contro la violenza della polizia a Hong Kong, in Cile, Libano, Messico, Regno Unito e Francia.
Il Covid-19 ha portato alla luce crepe nella leadership politica mondiale e ci ha costretto a mettere in discussione le disuguaglianze economiche, razziali e di genere con cui tutti conviviamo. Il modo in cui i nostri governi hanno gestito la pandemia ha costretto molti di noi a lottare per la sopravvivenza economica e fisica. Negli Stati Uniti, milionari e miliardari hanno ricevuto enormi agevolazioni fiscali dal governo, mentre troppe persone comuni sono state lasciate senza possibilità di ricorrere alle cure sanitarie a prezzi accessibili o con redditi insufficienti a pagare l’affitto.
Il virus a volte ha limitato la nostra capacità di protestare nelle strade, ma abbiamo imparato nuovi modi per svolgere i nostri doveri civici e siamo diventati attivisti digitali più efficaci. Tenendo presente il possibile danno che i social media possono causare alla nostra salute mentale, abbiamo lavorato su qualcosa che chiamerei «igiene di Internet», l’utilizzo di strumenti digitali ancorato a determinati principi. Oggi, le immagini e i video pubblicati online hanno una straordinaria capacità di contrastare la propaganda, le fake news e l’arroganza di chi è al potere con fatti visivi semplici ma rivelatori. In Bielorussia il canale Nexta sull’app di messaggistica Telegram svolge un ruolo fondamentale nella resistenza all’autocrazia di Lukašėnka. L’agenzia di stampa delle Pussy Riot Mediazona e il canale YouTube di Navalny «Navalny Live» stanno cambiando le opinioni di milioni di russi smascherando la corruzione, l’incompetenza e la crudeltà del sistema politico di Putin.
Il nostro futuro deve ancora essere scritto. Quando noi Pussy Riot scriviamo nuova musica, ci chiediamo: come sarà il punk attivista nel 2030? Di cosa parlerà? Nella primavera del 2021 pubblicheremo il primo album in studio «RAGE». Le canzoni del disco riflettono su questioni globali come la sicurezza pubblica, la salute mentale e il rapporto dei cittadini con il loro governo.
Un attivismo sostenuto, organizzato, creativo, pacifico e intelligente ci avvicinerà alla realizzazione di un mondo pienamente democratico nel 2021 e negli anni a venire.
©️ 2020 The New York Times Company & Nadya Tolokonnikova
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