Lo scorso marzo, individuati i primi casi di Covid nel paese, il governo albanese aveva adottato un regime di isolamento particolarmente rigido, riuscendo di fatto a frenare un’ondata di infezioni che avrebbe facilmente messo in ginocchio il fragile sistema sanitario nazionale. Con l’allentamento delle misure e la progressiva riapertura estiva, casi e decessi sono inevitabilmente iniziati ad aumentare.
Da allora, il paese ha effettuato poco più di 360 mila test, accertato 28 mila casi di infezioni e registrato oltre 1400 vittime. Le cifre ufficiali non servono purtroppo a comprendere la reale portata della pandemia. Fino alla fine del 2020, l’Albania era ultima in Europa per numero di test e come ha rivelato un’indagine di Birn Albania, le cifre pubblicate dalle autorità risultano parziali o discordanti.
Certo è che fino allo scorso ottobre, in Albania hanno chiuso 4900 aziende, lasciando disoccupate migliaia di persone. Secondo le stime della Banca Mondiale, l’economia albanese è calata nel 2020 del 6.7%. Inoltre, nei primi nove mesi della crisi, il debito pubblico albanese è cresciuto di oltre 13 punti percentuali. Si tratta dell’incremento più alto nei Balcani, a fronte del 4.9 della Serbia o del 2.4 del Kosovo. Al contrario, i contributi diretti o indiretti durante l’emergenza si fermano in Albania all’1.2% del PIL, i più bassi nella regione, a fronte della media balcanica del 4.3%. Infine, per il 2021, è stata prospettata una crescita intorno al 4%, che però dipenderà in grande misura dalla distribuzione dei vaccini.
La “falsa partenza” con le vaccinazioni
Il primo di gennaio, il premier Edi Rama annunciava alla nazione di aver trovato un accordo con Pfizer e Biontech per l’acquisto di 500 mila dosi di vaccini, le prime previste per l’ultima settimana di gennaio. La campagna “L’Albania sorride” è poi partita in anticipo anche rispetto alle migliori previsioni del governo. Rama ha infatti anticipato l’inizio delle vaccinazioni l’11 gennaio scorso, con un post pubblicato su Facebook la sera prima. A sorpresa, il governo ha infatti ottenuto circa mille dosi in dono da un non meglio specificato governo amico (si sa solo che si tratta di uno stato membro dell’UE). In palio l’attenzione e la riconquista del pubblico albanese, distratto da una serie di contestazioni e scandali più o meno gravi che hanno travolto il governo.
L’ultimo caso di indignazione nazionale è partito per caso da un post sul profilo Instagram del Nusr-Et, un rinomato ristorante di Dubai, noto per le bistecche in foglia d’oro del cuoco e fenomeno social Salt Bae. Nel privé del ristorante, il tavolo riservato ad una delegazione albanese di cui facevano parte due ministri del governo Rama, il vice-sindaco di Tirana, il consigliere di comunicazione del premier e consorte. A capotavola Zamir Mane, uno dei più noti e chiacchierati imprenditori di Tirana, da anni vicino alle stanze del potere e beneficiario di contratti e gare d’appalto di tutti i governi albanesi degli ultimi due decenni.
Il premier Rama è stato subito costretto a specificare, rispondendo ai commenti dei suoi suoi follower, che la delegazione era in visita ufficiale per attrarre investimenti, ospite della controparte araba. Ma quelli erano giorni in cui l’Albania continuava a contare i decessi causati dal Covid e i danni delle alluvioni in corso. Ad ogni modo, né il governo, né l’opposizione hanno osato commentare la presenza dell’”oligarca” per definizione tra i commensali. Confermando il filo dorato che lega la politica albanese agli affari.
Il giorno dopo il caso, accompagnato da medici ormai star della tv, il premier è andato ad inaugurare la campagna delle vaccinazioni, per chiudere la polemica e far parlare stampa e social di altro.
I rischi politici e sociali della segretezza
A oltre tre settimane dall’inizio della campagna, le autorità non hanno però ancora finito di somministrare le prime mille dosi. Nel frattempo è arrivato il secondo carico, di sole 1170 dosi. La campagna va a rilento e non vi sono previsioni sulla prossima tranche. Una mancanza di trasparenza cui si è aggiunto anche il segreto commerciale. L’Albania ha acquistato i vaccini, ma con il vincolo di non rivelare i termini del contratto. Il Parlamento, controllato dalla maggioranza di centrosinistra, ha approvato quindi un testo segreto, che i deputati non avevano neppure letto. Il premier ha semplicemente chiesto a colleghi e cittadini di fidarsi, personalizzando dall’inizio l’intera campagna. «Perdonatemi la modestia, ma a mendicare sono il numero uno», ha detto in conferenza stampa annunciando l’accordo raggiunto con Pfizer.
Nonostante il segreto, il testo dell’accordo è trapelato ugualmente alla stampa. Nella migliore delle ipotesi, peraltro sempre più improbabile, a febbraio arriveranno altre 40 mila dosi del vaccino, utili solo ad alimentare la campagna fino alle elezioni politiche di aprile. Le restanti 450 mila sono invece previste nella seconda metà dell’anno. In totale, per la popolazione sopra i 18 anni, ne servirebbero invece 4 milioni.
Per quanto incerta e lenta, la partenza della campagna è stata accolta con legittimo favore e le immagini delle vaccinazioni hanno immediatamente oscurato tutti gli altri fatti del giorno. Ma il divieto di accesso alla stampa nei locali adibiti alla vaccinazione, il segreto intorno al modo in cui i vaccini sono stati trasportati, su chi li ha effettivamente donati e su come proseguirà il processo non possono che alimentare dubbi e rafforzare la già nota diffidenza della popolazione riguardo al vaccino. Un sondaggio del mese di ottobre aveva infatti rivelato come il 54% degli intervistati non avesse nessuna intenzione di sottoporsi al vaccino per timore di rischi ed effetti collaterali.
E questo ancora prima dell’alone di mistero sull’intero processo di arrivo dei vaccini in Albania. Diffidenza a parte, l’avvio della campagna di vaccinazione ben ostentata davanti alle telecamere potrebbe favorire ancora una volta l’attuale primo ministro Edi Rama. Il suo Partito Socialista sembra ormai lanciato verso un inedito terzo mandato. Il rischio di un’impennata di contagi rimane, ma senza la prospettiva di un altro lockdown, al momento escluso della autorità e comunque ritenuto da tutti improbabile in vista dell’imminente appuntamento alle urne.
Che la caccia al vaccino e in generale l’evoluzione della pandemia avrebbero condizionato il dibattito pre-elettorale era chiaro sin dall’inizio. Certo è che la totale mancanza di trasparenza non gioverà alla campagna di vaccinazione. Le elezioni si possono vincere anche personalizzando l’intero operato del governo con interminabili dirette Facebook, le crisi sanitarie ed economiche richiedono invece strategie chiare, scientifiche e istituzionali. In altre parole un governo responsabile, non un politico impegnato a mendicare vaccini e consensi.
Pubblicato originariamente su Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa