«Vogliamo lasciare un buon pianeta, non solo una buona moneta». Questa frase pronunciata da Mario Draghi nel suo discorso in Senato racchiude il senso di una politica che vuole – deve – andare in una direzione nuova, diversa dal passato. Che non può non tener conto del cambiamento climatico e non può più ignorare il crescente bisogno di una produzione industriale ecosostenibile. L’impegno per una transizione energetica che riduca drasticamente le emissioni è – deve essere – uno dei principali obiettivi dell’Italia a breve, medio e lungo termine.
Tra gli investimenti più significativi che vanno in questa direzione c’è quello di Italvolt, società italiana, con base a Milano, che ha annunciato la realizzazione della più grande fabbrica per la produzione e lo stoccaggio di batterie a ioni di litio per veicoli elettrici di batterie d’Europa a Scarmagno, nella periferia di Ivrea, in Piemonte.
Il progetto è di Lars Carlstrom, imprenditore del settore automotive con oltre 30 anni di esperienza – già fondatore e azionista di Britishvolt – che ha deciso di costruire la prima gigafactory italiana con un investimento da 4 miliardi di euro: la prima fase del nuovo stabilimento dovrebbe essere completata nel 2024, con una produzione stimata di 45 Gwh l’anno (destinata a crescere fino a 70 GWh).
La scelta di portare un investimento così importante e così sofisticato in Italia non è casuale: «L’Europa meridionale era un punto vuoto sulla mappa delle Gigafactory, ma si tratta di un’area con grande competenza, forza lavoro qualificata, un’industria automobilistica rilevante. E ci sarà bisogno di enormi quantità di batterie in futuro. Italvolt può essere la spinta di cui l’Italia ha bisogno per assumere un ruolo di guida nell’industria green: immagino che in futuro si possa creare qui una vera e propria filiera di produzione in un settore destinato a cambiare tutto», dice a Linkiesta Lars Carlstrom, ceo e fondatore di Italvolt.
Anche la decisione di puntare, nello specifico, su Scarmagno, è stata accuratamente ponderata – fanno sapere dall’azienda: arriva dopo otto mesi di collaborazione con Regione Piemonte, amministrazioni locali e associazioni di categoria. L’area è quella dell’ex Olivetti, voluta da Italvolt anche per motivi strettamente geografici: si tratta di un’area industriale dismessa di circa milione di metri quadrati, che anche grazie alla storica presenza della Olivetti ha sempre goduto di buone infrastrutture che collegano a Ivrea, Torino, Milano.
Per lo stabilimento – un colosso da 300mila metri quadrati – Carlstrom ha puntato sullo studio Pininfarina Architecture. La fornitura degli impianti e delle tecnologie sarà curata da Comau, che si occuperà anche della realizzazione del laboratorio di Ricerca e Sviluppo da affiancare al sito di produzione.
Se tutto dovesse procedere secondo i piani, nel 2024 il nuovo impianto sarà in grado di contribuire con la propria produzione alla crescente domanda di batterie in Europa, in gran parte proveniente dall’industria dell’auto: Italvolt stima che entro il 2030 la domanda aumenterà, a livello globale, di 17 volte, fino a circa 3.600 gigawatt, di cui 565 proveniente dalla sola Unione europea.
Investire in batterie al litio è soprattutto una scommessa sul futuro. Ma è un investimento che trarrebbe beneficio da una filiera di produzione locale ben sviluppata. «Se lo facciamo nel modo giusto avremo un impatto enorme sull’industria – dice Carlstrom – ma c’è bisogno di creare nuove catene di distribuzione: le batterie sono pesanti, devono essere prodotte sul territorio perché il trasporto di prodotti pesanti da luoghi in cui non c’è controllo della supply chain rischia di avere effetti negativi a livello ambientale».
Gli investimenti dell’Unione europea vanno proprio in questa direzione, Linkiesta l’aveva raccontato non molto tempo fa. E l’Italia avrebbe il potenziale per vestire i panni del protagonista in questa transizione: «Il litio ci sarebbe – scriveva Maurizio Stefanini su queste pagine lo scorso dicembre – e ricavarlo non solo costerebbe meno che estrarre il litio dalle saline siciliane, ma avrebbe anche un minor impatto ambientale, visto il tipo di minerali che bisogna utilizzare per fabbricare un pannello. Ma al momento nessuno, a causa dell’immobilismo dei politici e dell’ostilità dei cittadini, ha avviato un processo di estrazione».
Intanto l’investimento di Italvolt presenta già i primi benefici in termini di mercato del lavoro: le stime parlano di circa 4mila lavoratori impiegati, e nel complesso tra i 10mila e i 15mila nuovi posti di lavoro creati.
Proprio per questo, almeno fino a nuovi aggiornamenti, la risposta dei sindacati è stata positiva. «La Fiom – ha detto all’Ansa Giorgio Airaudo, segretario generale della sezione piemontese del sindacato – ha sempre creduto che questo territorio ha le competenze per sostenere un produttore finale di batterie e che la produzione di batterie possa essere fatta qui. Ci piacerebbe vedere degli imprenditori piemontesi consorziati e partecipi di un progetto di questo tipo».