La cosmetica italiana, dopo anni di forte crescita, è stata pesantemente colpita dalla pandemia. A dirlo è il nuovo studio della direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo. Il fatturato del settore nel 2020 ha subito una riduzione pari al 12,8%, scendendo a quota 10,5 miliardi di euro, 1,5 miliardi in meno rispetto al 2019. Hanno pesato sia gli arretramenti subiti sul mercato interno (-10,2%), sia le perdite accusate all’estero, con l’export stimato in calo del 16,5%.
In forte difficoltà gran parte dei canali di vendita, con l’eccezione di farmacie, grande distribuzione ed e-commerce. Sono stati particolarmente colpiti i canali distributivi interessati dalle chiusure obbligatorie dei negozi professionali o più esposti ai forti vincoli agli spostamenti delle persone: le vendite di centri estetici, saloni di acconciature, profumerie ed erboristerie hanno subito cali compresi tra il 26% e il 30,5%. Farmacie e grande distribuzione hanno limitato le perdite a pochi punti percentuali (-2,5%), mentre l’e-commerce ha sperimentato un vero e proprio boom, con un balzo prossimo al 42% che ha portato il fatturato complessivo di questo canale a superare i 700 milioni di euro, pari al 7,4% del mercato.
Da questo periodo di crisi sono anche emerse nuove abitudini di consumo. Cosmetica Italia rileva che i consumi di profumeria alcolica sono diminuiti di oltre 20 punti percentuali, mentre le tinture per capelli fai da te sono aumentate del +30% e i saponi liquidi del +38%. L’uso della mascherina ha penalizzato i rossetti e altri prodotti per il trucco delle labbra, a favore del make-up occhi. È poi aumentata la domanda per prodotti per lo skincare in grado di idratare e rigenerare la pelle del viso dopo un uso prolungato della mascherina. Più in generale si è osservata una crescente attenzione verso i cosmetici a connotazione naturale e sostenibile e verso prodotti sicuri.
Il settore mostra comunque di avere in sé le energie per recuperare in fretta il terreno perso. Già nel secondo semestre del 2020 sono emersi segnali incoraggianti: il grado di utilizzo degli impianti, dopo il crollo dei primi sei mesi dell’anno quando più della metà delle imprese segnalavano una riduzione, ha mostrato evidenze di recupero, con il 21% delle imprese che dichiara di aver registrato un aumento e “solo” il 31% una diminuzione. Sempre secondo l’ultima indagine condotta da Cosmetica Italia, l’83% delle imprese dichiara di poter raggiungere un nuovo equilibrio, recuperando quanto perso nel corso del 2020, già entro la fine del 2021.
In prospettiva le maggiori opportunità di crescita saranno offerte dai mercati internazionali. Su tutti la Cina e gli Stati Uniti che sono i primi due principali importatori mondiali di prodotti della cosmetica, con una quota rispettivamente pari all’8,1% e al 9%. La Cina già nel 2020 è riuscita a chiudere l’anno con un lieve aumento dei consumi, mentre gli Stati Uniti dovrebbero recuperare il terreno perso nel corso del 2021.
Il percorso di recupero sarà più lento in Europa e, in particolare, in Italia, dove, secondo le proiezioni della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, solo nel 2023, si tornerà sui livelli del 2019. È vero anche che le imprese italiane della cosmetica possono vantare un’elevata competitività sui mercati esteri: nella classifica internazionale l’Italia ha guadagnato una posizione in dieci anni, salendo al quarto posto con una quota di mercato pari al 5,9%, grazie soprattutto ai progressi sperimentati nell’alta qualità, dove siamo al 6,6%, 1,3 punti percentuali in più rispetto a dieci anni prima.
Si tratta di risultati non casuali. La cosmetica italiana presenta un’intensità di ricerca e sviluppo pari al 6% e ha mantenuto alto il suo impegno sul fronte dell’innovazione anche nel corso della crisi: il 40% delle imprese nel secondo semestre del 2020 dichiara di aver aumentato gli investimenti in ricerca e sviluppo (fonte: Cosmetica Italia). La capacità innovativa, infatti, è uno dei punti di forza del settore, insieme agli alti standard qualitativi, alla flessibilità e all’adattamento al contesto.
Decisiva, per la ripresa, è la presenza in Italia di filiere di fornitura complete e radicate. Digitale, R&S, sostenibilità, sicurezza e mercati esteri sono i principali driver di crescita del settore, da cogliere proseguendo lungo la via degli investimenti, materiali ma soprattutto immateriali, da accompagnare con adeguati programmi di formazione. Il settore ha in sé le risorse per seguire questo percorso: l’ampio peso di disponibilità finanziarie (rispettivamente pari al 6,8% e al 7,8% dell’attivo delle imprese di produzione e di distribuzione di cosmetici) ha consentito a diverse imprese della cosmesi di far fronte ai fabbisogni di liquidità causati dalla crisi pandemica.
Ma soprattutto l’alta e crescente incidenza del patrimonio netto sul passivo (soprattutto tra le imprese di produzione dove nel 2019 è salito al 31,8%) è cruciale per affrontare con un sufficiente equilibrio economico-finanziario gli investimenti che le imprese della cosmesi dovranno implementare per cogliere le opportunità presenti sui mercati.
Ciononostante, anche nella cosmetica è presente una quota di imprese più fragili sul piano finanziario, soprattutto tra le imprese di più recente costituzione: il 18,6% delle aziende presenta un’incidenza del patrimonio netto sul passivo inferiore al 10% (che rappresentano il 6,5% del fatturato del settore), con punte del 35,4% tra le start-up costituite dopo il 2013. Saranno soprattutto questi i soggetti a essere chiamati a rafforzare la propria struttura patrimoniale, in un contesto che richiede più investimenti.