Cultura fusionIl futuro della Russia passa da Kazan

Nella capitale del Tatarstan vivono persone di diverse etnie, religioni e stili di vita. Un lungo articolo di New Lines spiega perché la terza città russa, dopo Mosca e San Pietroburgo, sia quella a cui bisogna guardare per capire in che direzione sta andando la nazione transcontinentale

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Dalla Cattedrale dell’Annunciazione di Kazan, uno dei simboli della religione ortodossa in città, voltandosi verso Ovest si incontra con lo sguardo una grande cupola turchese circondata da quattro minareti appuntiti alti 58 metri. Qol-Särif è la più grande moschea d’Europa al di fuori di Istanbul. Costruita grazie alle donazioni di Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti, Qol-Särif è stata inaugurata nel 2005 e ben presto è diventata il simbolo dell’influenza dell’Islam in tutta la Russia.

In tutta Kazan ci sono edifici che fanno della capitale del Tatarstan un melting pot di culture occidentali e orientali. Come ad esempio il Tempio di tutte le religioni, un complesso che ospita una chiesa ortodossa, una moschea, ma anche una sinagoga, una pagoda e altri luoghi di culto.

Un articolo di New Lines descrive Kazan come «la rappresentazione più evidente dell’identità della Russia in quanto Paese transcontinentale e multietnico. In nessun altro luogo questa diversità è esplicita come a Kazan».

L’articolo firmato da Eugene Chausovsky descrive la Russia come un Paese che sta vivendo una fase di transizione, con la demografia destinata a spostarsi – nei prossimi decenni – da «una maggioranza slava cristiana, prevalentemente ortodossa, a una maggioranza musulmana non slava». In questo Kazan potrebbe anticipare la tendenza a livello nazionale e offrire una prospettiva sulla Russia che verrà.

Se oggi le comunità musulmane costituiscono poco più del 10% degli oltre 140 milioni di abitanti di tutta la Russia si prevede che tale numero aumenterà fino al 30% della popolazione nei prossimi decenni: i tassi di natalità tra le persone di etnia russa sono di 1,3 figli per donna in media, di gran lunga inferiori a quelli delle comunità musulmane, che arrivano a 2,3 figli per donna.

Secondo le stime delle Nazioni Unite, si prevede che la popolazione complessiva della Russia diminuirà di quasi il 7% entro il 2050 – per diversi motivi legati alla demografia del Paese – quindi la popolazione musulmana russa continuerà a crescere in termini sia assoluti che relativi.

In tutta la Russia si indicano solitamente due sole grandi città davvero rappresentative della cultura del Paese. La prima è inevitabilmente Mosca, capitale e centro politico della nazione. La seconda è San Pietroburgo: uno degli hub economici e culturali del Paese.

«Kazan è attualmente una delle città più grandi e ricche – si legge nell’articolo – tra le prime 10 città della Russia per Pil cittadino: la regione del Tatarstan vanta una significativa produzione di petrolio e gas naturale, e Kazan è anche un grande hub industriale, con impianti petrolchimici, centri di trasformazione alimentare e fabbriche che producono attrezzature militari. È stata anche etichettata come la terza capitale della Russia, e sta emergendo come hub tecnologico dal momento che ospita uno dei più grandi centri di Information Technology dello Stato».

Per la Russia ospitare al suo interno culture diverse, etnie e tradizioni di altri popoli è un retaggio storico. Ma a differenza degli imperi d’oltremare di Francia e Regno Unito, quello russo si estendeva tra le pianure, le steppe e le montagne della massa continentale eurasiatica: l’allargamento del suo perimetro ha sempre portato dentro popoli asiatici non europei – dai tartari ai baschiri, dai ceceni agli ingusci – ma incorporò anche le loro culture e tradizioni politiche in misura maggiore rispetto alle potenze coloniali dell’Europa occidentale.

Proprio per questo Kazan riesce a incarnare quel mix tra Oriente e Occidente che caratterizza l’identità della Russia odierna. In effetti, Kazan è una delle città con la maggiore diversità del Paese, con la sua popolazione di oltre 1,2 milioni di persone equamente divisa tra etnia russa (48,6%) ed etnia tartara (47,6%). «Le lingue tartara e russa possono essere ascoltate in misura più o meno uguale camminando per le strade della città, e l’architettura di Kazan mescola stili orientali e occidentali in tutta la città», scrive Chausovsky.

Questa varietà culturale ed etnica va però contestualizzata. Kazan è pur sempre una città della Russia contemporanea, quella che ha Vladimir Putin al potere da due decenni e l’opposizione repressa dalle forze dell’ordine.

«I politici della città – si legge nell’articolo – sono stati accusati di corruzione. E nel 2020 i servizi di sicurezza russi avrebbero catturato nel Tatarstan cellule dello Stato islamico che a quanto pare stavano pianificando di condurre una serie di attacchi in Russia prima di unirsi ad altri combattenti dell’Isis in Siria».

Come molti altri Paesi multietnici e multireligiosi, la fusione delle identità europee e asiatiche della Russia non è sempre fluida. C’è infatti un acceso movimento di destra e ultranazionalista, e i migranti e le minoranze etniche spesso sono oggetto di molestie o attacchi violenti. Kazan e la regione del Tatarstan non possono fare eccezione, non del tutto almeno.

L’autore dell’articolo pubblicato su New Lines ha intervistato alcuni residenti di Kazan di etnia non slava. «Uno degli abitanti della città – scrive – un uomo tartaro sulla quarantina, mi ha detto che sentiva che qualsiasi problema in Russia è sempre attribuito ai tartari, gli ebrei o i ceceni. La Russia è ancora un Paese imperiale, ma al giorno d’oggi si presenta in forme diverse e più sottili».

Una donna di circa trent’anni, nata in Uzbekistan, cresciuta nella città siberiana di Krasnoyarsk e con nonni materni coreani, «ha detto che si era sentita diversa crescendo in Russia, con le persone che a volte la indicavano e ridevano di lei a causa del suo aspetto, chiamandola occasionalmente “Asiatka”».

In Russia i tentativi di costruire una vera e propria identità nazionale sono stati molto complicati, spiega Chausovsky: «Negli ultimi decenni l’identità nazionale è passata dall’ideologia comunista dell’Unione Sovietica, che predicava il socialismo e l’armonia etnica, al breve flirt con il capitalismo e la democrazia degli anni ’90. Il primo è crollato a causa delle inefficienze economiche, dell’eccesso di forze militari e di una lotta geopolitica con gli Stati Uniti, mentre il secondo ha segnato il disastro per la Russia, portando all’ascesa degli oligarchi e di due sanguinosi conflitti separatisti in Cecenia».

La Russia di oggi è invece quella plasmata da due decenni con Putin al potere, che ha ripristinato la stabilità sul fronte interno frenando gli oligarchi e preferendo un forte governo presidenziale alla democrazia liberale.

Il costo, neanche tanto sommerso, di questa rinnovata stabilità sta proprio nelle repressioni dei media indipendenti, dei giornalisti, degli attivisti, dela comunità LGBT e de tutta la genuina opposizione politica: una evidente intolleranza per il dissenso, testimoniata anche dalla vicenda del leader dell’opposizione Alexei Navalny.

Putin ha anche tentato di costruire un nazionalismo russo che includesse – in qualche misura – anche le molte minoranze del Paese. «Putin sa che gli slavi ortodossi non sono l’unico volto della Russia e sa che rischierebbe di alienarsi grandi masse se ignorasse le minoranze: se lo facesse minerebbe la stabilità che ha cercato di costruire. Lo stesso vale per il sostegno religioso: il Cremlino deve conciliare l’Ortodossia con l’Islam. In quanto tale, il marchio di nazionalismo che Putin è arrivato a difendere si basa sulla promozione della grandezza della Russia stessa, non sull’etnia russa in particolare».

Allora ecco che torna l’importanza di Kazan. La città ha dimostrato fino ad ora che le diverse comunità etniche e religiose della Russia possono coesistere in modo relativamente stabile, anche se non senza tensioni e difficoltà periodiche. Ma, come ha spiegato Eugene Chausovsky, «resta da capire se la Russia nel suo insieme possa rispecchiare Kazan mentre la demografia del paese cambia e il suo sistema politico si evolve, o se andrà in una direzione più instabile e volatile. La posta in gioco non è altro che il futuro della Russia».