Uno chef all’Università non è così frequente, a meno che non si chiami Davide Oldani, che nel tempo ci ha abituati a diverse presenze negli atenei italiani. Dalla Cattolica, alla Business School HEC di Parigi, dalla Bicocca fino all’olimpo degli atenei mondiali, con il progetto che lo ha portato già nel 2013 a tenere una lezione ad Harvard, nell’università più prestigiosa del mondo, per raccontare la sua cucina pop e il suo format di ristorazione, come un vero e proprio case study internazionale di successo.
E la ristorazione italiana è un caso di successo, perché spesso fa da traino al recupero di quartieri urbani e segna il territorio periferico delle grandi città con piccole bandiere di grande cucina, che ci spingono (almeno fino a che se ne aveva la possibilità) a girare.
Tutto è partito 17 anni fa, quando Davide Oldani ha rilevato una vecchia trattoria nel centro di Cornaredo e ha deciso di aprire lì, il suo progetto di cucina. Buona parte dei 20.000 abitanti di questo piccolo paese alla periferia di Milano ha visto gli effetti della buona cucina, da quando Davide ha scelto di riqualificare Piazza della Chiesa con il suo ristorante. Dopo aver viaggiato e visto luoghi meravigliosi plasmati intorno a prestigiose insegne, tornato a casa, Davide ha scelto di ragionare sul senso del bello e dare vita ad progetto che esce dal ristorante. «Portavo le birre artigianali ai ragazzi che venivano in piazza davanti al D’O a fumare e a ubriacarsi. Gli ho fatto capire quanto fosse importante prendersi cura della propria città e anche scegliere la birra giusta. La nostra presenza ha cambiato le loro abitudini e anche grazie al nostro ristorante sono diventati sempre più orgogliosi del loro territorio». Ora la piazza è qualificata e a disposizione di tutta la cittadinanza e non si sente di certo la mancanza delle ronde notturne per la sicurezza.
«Cucina pop, ma di fine dining», come la definisce lo chef. Non una semplice trattoria, ma di certo un luogo in cui c’è posto per tutti: «Io faccio l’artigiano e con i ragazzi della mia squadra non definiamo solo le portate, ma tutto il design del locale, per dare al cliente un’esperienza davvero unica». Per cui al D’O le sedie e i tavoli hanno un’altezza scelta per far accomodare meglio gli avventori e favorire la digestione. Le posate sono disegnate in funzione dei piatti e del menù che viene servito, così come i bicchieri.
L’evoluzione del D’O quest’anno ha raggiunto un’altra tappa con le due stelle tanto attese e la stella verde, il nuovo riconoscimento Michelin, che vuol dire sostenibilità e rispetto per l’ambiente. «Noi abbiamo sempre fatto il nostro percorso, pensando solo al nostro ospite. Ed è la felicità di raggiungere l’obiettivo seguendo la nostra idea e la nostra strada, che ci rende più orgogliosi».
Il progetto di una economia applicata e sostenibile è proprio quello che più interessa alle Business School, che vedono nel lavoro di Oldani un modello di sviluppo da analizzare e modellizzare. Sostenibilità, che si traduce oltre alla giusta scelta dei prodotti, anche all’aspetto sociale e lavorativo. «Noi ci evolviamo per stare bene e puntare ad essere davvero felici, questo dico sempre ai miei ragazzi».
Nel 2020 che segna la crisi più nera della storia della ristorazione l’artigiano di Cornaredo ci suggerisce di «stare schisci, perché la salute viene prima di tutto, e non sono certo sei mesi di chiusura che possono far fallire dei progetti di successo». E lo dice consapevole di quanto abbia comportato chiudere tutto e fermarsi dalla domenica al lunedì, di colpo un anno fa. Ma nello stesso tempo di come, liberare la propria agenda fitta di impegni, gli abbia concesso di ricominciare a riflettere seriamente sul proprio futuro e sui propri progetti. E se lo dice il professor Oldani, forse non è una brutta strategia.