La bisboccia editoriale del procuratore Gratteri con due valorosi campioni della resilienza antivaccinale e antisemita merita il disprezzo che si deve alle vicende minime, ma esprime il diritto incancellabile di chiunque, e quindi anche di un magistrato, di dire e fare fesserie.
Possiamo avere la speranza, non la pretesa, che chi detiene il potere di arrestare la libertà altrui abbia idee e comportamenti decenti sulle cose del mondo, ma quel che conta è come lavora: e il giudizio sul lavoro del dottore Gratteri resterebbe pessimo anche se egli non avesse legittimato gli spropositi autorali sul potere ebraico che attenta al benessere universale.
Non succederà, ma sarebbe perfino un peccato se la piovra giudiziaria decidesse di rimettere in riga il più robusto dei propri tentacoli sul pretesto di questo pur imbarazzante inciampo: sedimentate e più gravi ragioni avrebbero dovuto indurre da mo’ gli ambienti della magistratura rappresentativa a farsi sentire dal procuratore Gratteri, responsabile di scompostezze non meno degradanti e anche più pericolose della prefazione a un libro negazionista.
Sono anni che questo disinvolto esponente della magistratura engagé si abbandona a incensurate esibizioni di inaccettabile protervia, con le televisioni richiamate a margine dei rastrellamenti giudiziari che segnano le tappe della sua “rivoluzione”, quella tesa a smontare come un giocattolo un pezzo d’Italia, e con il profilo Twitter adoperato per lagnarsi dei giornali che non promuovono abbastanza le sue iniziative e per postare gli articoli che invece dicono quanto è bravo lui che fa pulizia in una regione dove la politica «è una montagna di merda».
Non si contano più le occasioni in cui questo signore è convenuto con onore davanti al giornalismo incurvo che gli fa spacciare in libertà il suo verbo persecutorio, quello secondo cui è “fisiologico” che un bel po’ di innocenti finiscano in galera: se c’è sovraffollamento nelle carceri amen, costruiamone quattro da cinquemila posti, o da diciottomila, «come a New York», spiega lui, così la fisiologia degli innocenti in galera sta bella comoda «e la finiamo con queste storie».
Come l’altra dei politici «sotto schiaffo», una storia anche quella perché «se uno non ha nulla da temere, non ha ragione di preoccuparsi», al massimo rientra nel carcere fisiologico. E via così.
Ecco: a petto di questa roba, lo svarione civile dell’endorsement su qualche balordaggine cospirazionista è quasi nulla.