Esiste una leadership femminile? E quali sono le caratteristiche di questo modello? È con l’obiettivo di dare risposta a queste domande che la Fondazione Adecco per le pari opportunità ha organizzato negli spazi di Phyd a Milano il dibattito “Gendership e Leader Equality” per approfondire non solo l’orizzonte attuale, ma anche per capire quali sono i risvolti sociali ed economici dell’emersione di nuove forme di leadership. Soprattutto in un contesto di crisi.
Monica Magri, Hr e Organization Director di The Adecco Group Italy, Marina Salamon, imprenditrice, Presidente di Doxa e membro del CDA di Fondazione Adecco ed Erika Graziuso Global Cio LHH, Professional Recruitment & Staffing, ne hanno discusso con Francesco Paolo Reale, segretario generale di Fondazione Adecco per le pari opportunità.
«La crisi legata alla pandemia, sebbene veda le donne tra le categorie maggiormente colpite insieme ai giovani, potrebbe aiutare la cosiddetta leadership femminile a emergere in maniera più profonda», spiega Monica Magri. Gli studi hanno dimostrato che questa formula di leadership è strettamente connessa a cambiamento, innovazione, attenzione all’ascolto e all’empatia. Tutte caratteristiche che «stanno assumendo una forte valenza in questo periodo», dice Magri. È il momento giusto «per portare avanti modelli che siano divergenti rispetto al passato».
Lo conferma anche Erika Graziuso, in collegamento dagli Stati Uniti, forte della sua esperienza professionale in diversi Paesi nel mondo. «In questo momento di cambiamento molto profondo c’è spazio e le donne si devono fare avanti», dice. «Dobbiamo cercare di capire come inserirci per creare occasioni».
Marina Salamon è ottimista sul futuro, nonostante l’Italia sia tra gli ultimi Paesi d’Europa per livelli di occupazione e reddito femminile. «Le cose stanno cambiando in modo accelerato», spiega. «Vedo emergere una generazione di donne capaci, solide, competenti e non spaventate come lo erano, invece, le generazioni precedenti. Questa è la seconda generazione che arriva a ricoprire ruoli di responsabilità, elaborando un modello di leadership nuovo senza “copiare” gli uomini».
Quest’ultimo è un punto importante, spiegano le interlocutrici. «Non bisogna essere la cover della leadership al maschile», dice Graziuso. «Non dobbiamo essere come gli uomini per arrivare a posizioni apicali. Ci sono studi che mostrano come la presenza della gender diversity nei board aziendali porti a risultati positivi non perché le donne copiano gli uomini, ma perché portano la propria diversità lì dentro».
La peculiarità di questo modello consiste nella emersione di valori nuovi come «attenzione, empatia, gentilezza, capacità di mediare. Queste caratteristiche non sono più considerate punti deboli, ma punti di forza trainanti rispetto a quelli della sola leadership dura», spiega Magri. «Valorizzare questi aspetti ed esserne pienamente consapevoli può creare valore nella propria organizzazione e azienda. Punti di vista e approcci diversi portano creatività e innovazione».
Se le multinazionali «trainano e possono trainare sul tema della diversity», come spiega Marina Salamon, «nelle piccole e medie imprese, spesso, anche lo stile di vita e la modalità di esercitare la leadership da parte dei manager possono essere indicativi».
Un suggerimento, continua Salamon, può arrivare anche dai numeri: «Al di là degli investimenti in comunicazione, spesso, analizzare i bilanci dell’azienda in cui pensiamo di andare a lavorare può rivelarci molto della modalità di leadership».
Proprio l’attenzione alla diversità oggi è uno dei principali elementi attrattivi per una impresa. Al potere in sé per sé si stanno infatti sostituendo i valori. E, come dimostrano diversi studi, le nuove generazioni scelgono le imprese in cui andare a lavorare anche per l’attenzione alle questioni etiche e alla sostenibilità. I giovani cercano, insomma, leader differenti rispetto al passato.