Insistono!Letta sta cominciando a scoprire le sue carte, che al momento sono grottesche come quelle di Zingaretti

Il segretario del Pd ha incontrato Giuseppe Conte e l’asse elettorale con il Movimento 5 stelle almeno a parole è confermato. È il frutto di una sua vecchia idea: “Scongelare” i grillini, farli diventare più istituzionali. Una strategia già ampiamente fallita. Così difficilmente potrà nascere un nuovo centrosinistra con Italia Viva, Azione e gli altri

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Ora all’appello manca Matteo Renzi. Ma l’incontro più difficile, da tutti i punti di vista, umano e politico, non si sa nemmeno se ci sarà, ed è chiaro che se non si tenesse sarebbe un primo passo falso nella “strategia del ragno” di Enrico Letta. 

L’appuntamento non figura nelle agende di nessuno dei due leader ma questo non vuol dire granché, non si può escludere che i due vogliano vedersi in gran segreto. 

Un punto fermo è che il neosegretario vuole chiudere le sue “consultazioni” avendo visto tutti. E tuttavia come se già non gravasse il peso di un passato che non passa si aggiunge in questi giorni anche il gioco dei veti politici, con Renzi che assicura che Italia viva non si alleerà mai «con i populisti» – leggasi i grillini – e Giuseppe Conte che ieri ha detto che giammai si alleerà con Renzi.

Il quale appare nervoso. Malgrado gli attestati di buon lavoro al nuovo segretario del Pd, l’impressione è che il capo di Italia viva non confidi troppo nella famosa “discontinuità” fra Letta e Zingaretti (discontinuità peraltro mai rivendicata dal primo): e se ne voleva una conferma l’ha ben avuta dal vis-à-vis di ieri tra Letta e un redivivo Giuseppe Conte conclusosi con sorrisoni a 32 denti e spreco di iperboli. 

La “sfida” lanciata da Renzi al Pd sulle riforme non è stata minimamente considerata e i dem non accennano a placare gli animi contro «il renzismo interno», vedi alla voce “Marcucci”, che ha gettato la spugna per far posto a Simona Malpezzi che verrà eletta oggi alla guida del gruppo al Senato.

Ma se le cose stanno così, l’Ulivo 2.0 di Letta non partirà mai, anche se da qui alle elezioni mancano 24 mesi, non poco per tentare di tessere una ragnatela a prova di bomba. Se l’intenzione di «Enrico» è davvero quella di costruire un’alleanza elettorale (non strategica alla Bettini) da Renzi e Calenda fino a LeU, la strada è scoscesa. 

Il segretario del Pd comincia a far capire dove vuole andare a parare: sarà una «nuova affascinante avventura», ha twittato dopo l’incontro di ieri con Conte. Se l’immagine ha un senso, quella accreditata dal Pd è stata tutta tesa a dare l’idea di un’intesa che somiglia a un asse preferenziale, beninteso con tutto l’understatement felpato del neosegretario e non con il tono settario degli zingarettiani: e però sempre lì stiamo. 

Conte poi ieri era entusiasta. È troppa la “fame” di alleati e di idee che contraddistingue l’attuale drammatica fase del Movimento 5 stelle, di cui la follia di un leader in pectore che per diventare realmente leader deve adire vie legali per liberarsi di Rousseau è un esempio penoso. 

Da parte sua Letta vede realizzarsi quello che ha sempre teorizzato, e cioè che “i barbari” vadano gradualmente costituzionalizzati, fatti scendere dai tetti dell’antipolitica per approdare alla politica, come gli disse in faccia da premier incaricato (2013) durante la consultazione ufficiale: «Scongelatevi», disse Letta ai capigruppo grillini Crimi e Lombardi facendo una figura incomparabilmente migliore di quella di qualche giorno prima di Bersani. 

Ecco, nella testa di Letta questo “scongelamento” è avvenuto e il frutto è da cogliere, un frutto maturo anche perché depurato dai Di Battista e soci, mentre gli altri duri del gruppo sono diventati come agnellini al tepore del sole, col risultato che il vecchio M5s è un ricordo e ora Conte farà un’altra cosa.

Il numero uno del Nazareno poi è uno che va per le spicce e sa che le lune di miele durano poco, e deve dunque portare a casa adesso i primi risultati: un po’ a sorpresa con l’avvocato ex del popolo ha trovato un accordo sul tema della riforma che impedisca il cambio di casacca – paradossalmente, un tema doloroso per i grillini, campioni di transumanza da un gruppo all’altro. È già qualcosa perché sulle amministrative tutto è congelato. Anche se per poco tempo ancora.

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