Meglio delegareMammin* car*, non si toglie la colla con le mani e altre lezioni genitoriali

Dalle madri ci si aspetta sempre che riescano a risolvere tutti i problemi da sole. Molte ce la fanno. Ma non è così semplice orientarsi tra cartoni animati, didattica a distanza, lavoro e necessità di ogni tipo, compreso mangiare un’intera confezione di uova

Lapresse

Ogni mattina mio figlio si sveglia alle 06:40 urlando «Mammina, non ce la faccio più, vieni qua» e allora mi alzo, mi metto a letto con lui, apro Facebook, leggo «Buongiorno mamm*», chiudo Facebook, mi viene un po’ da piangere e un po’ da impazzire.

Dopo la sveglia alle 06:40 è tutto un tergiversare, una richiesta, una pretesa, una minaccia. Mio figlio non vuole uscire di casa, è pigro, è spaventato, mi ha obbligato a guardare tutta la serie di “Siamo fatti così” su Netflix per giorni e adesso parla solo di batteri, virus, epatite, tetano, mamma fammi vedere gli anticorpi che li voglio toccare, che li voglio mangiare, dice che l’anima è nel sangue, però visto come butta sarebbe mica male un virologo in famiglia, vai figlio mio, realizza i miei sogni infranti, rigiriamo “Bellissima”.

Io continuerei volentierissimo a scrivere questo pezzo, a dire cose intelligentissime e disperatissime che facciano ridere ma anche un po’ riflettere, ma non è possibile, c’è da costruire una formica con i cartoni delle uova da far vedere alle maestre e io adesso devo mangiarmi sei uova per liberare il cartone delle stesse e finirò in chetosi, c’è da rispondere a una serie di domande che dio solo sa cosa gli passa per la testa, mamma ti ricordi quando c’era la luna ma era giorno, vuol dire che il giorno viene prima della notte o la notte prima del giorno, forse invento una scusa, forse accendo la tv, forse sei un genio bambino mio, ma tanto io non saprei come coltivare al meglio questa tua intelligenza, quindi lascia perdere, cerca di essere normale, come la mamma, come gli altri.

Accendo la tv e c’è questo cartone animato incredibile, “Lo straordinario mondo di Gumball”, e c’è la mamma del protagonista seduta sul letto che gli dice «Sto guardando questa lista di sogni sostituita con le cose da fare», che amarezza, che verità, voglio sapere tutto di te Nicole Watterson, anche se sei un gatto azzurro, o un coniglio, non l’ho mica capito.

Qua butta male, malissimo, non conto più i giorni, le storie di didattica a distanza sono tutte uguali e tutte tristi e tutte speciali, poi, all’improvviso, ripenso all’asterisco messo alla parola “mamma”.

La variante di genere è arrivata, leggo che chiudere i nidi deriva da un’impostazione patriarcale, io non lo capisco, ma sarà che ho solo il diploma di scuola superiore o che sono sempre stata molto fortunata o che non sono un padre femminista. È che sentire parlare un padre di quello che viene negato alle madri mi suona sempre un po’ strano e manchevole.

Ho sempre pensato che fosse riduttivo mettere tutto sotto la lista della parità, ogni famiglia è infelice a modo suo eccetera, la mia solidarietà va a chi vive in quaranta metri quadri in cinque e senza balcone, a chi deve licenziarsi (e sì, di solito sono le madri) per non andare in galera per abbandono di minore, e questo prescinde dalla parità, è più privilegio che genitorialità.

Mio marito si è fatto tutto il lockdown 2020 con il bambino senza fare una piega. Non so onestamente come abbia fatto, sarà che è del capricorno, come Giulio Andreotti, come Kate Moss, della stessa materia di cui è fatta la tigna.

Nel lockdown 2021 primavera-estate segue lui le lezioni a distanza, riesce a lavorare tantissimo, riesce a fare in modo che il bambino non si ammazzi, a costruire api e alveari, mentre l’unica cosa che io sono riuscita a fare nell’ultima settimana è stata riempirmi le mani di vinavyl, a incollarle e scollarle per un’ora ammutolita.

La verità è che mi sento in colpa per questo, ed è molto difficile scriverlo, ed è ancora più difficile descriverlo. Mi sento in colpa perché quello che ci si aspetta dalle madri (cioè, quello che le altre madri si aspettano dalle madri) è che riescano a fare tutto senza delegare. E la maggior parte delle donne che conosco ce la fa.

La maggior parte delle donne che conosco sa tutto di congedi parentali, Inps, bonus babysitter, come attaccare i giorni per non perdere le ferie, io non so niente di niente, e non lo so perché ora posso permettermi di non saperlo.

Ma questo non mi impedisce di capire che è un problema gigantesco, non mi impedisce di avere un moto umano nei confronti delle famiglie che non siano la mia. La maggior parte delle donne che conosco riesce a fare tutto, ma quello che succede dietro una porta chiusa rimane dietro una porta chiusa. È privilegio, tigna o sono solo io che sono una pessima madre? Entrambe?

Continuerei a scrivere questa tirata per altre dodicimila parole, ma l’unica cosa che adesso devo capire è come togliere questa colla dalle mani.

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