L’eruzione del Monte Tambora del 1815 fu una delle più grandi di sempre. Dal vulcano indonesiano si sollevò una nube di polvere e cenere che sarebbe passata nei cieli di tutto il mondo. L’emisfero boreale ebbe, nel 1816, un anno senza estate. Non è solo un modo di dire: il Sole si oscurò, le temperature precipitarono, portando carestia in Europa, in America e in Asia. Ci furono tempeste fuori stagione, piogge anomale ed esondazioni di diversi fiumi.
In Europa scoppiarono disordini e saccheggi; negli Stati americani del New England arrivarono tempeste di neve che provocarono migliaia di vittime. I prezzi del cibo aumentarono vertiginosamente e decine di migliaia di persone morirono di fame e malattie. Mentre i cavalli morivano di fame o venivano macellati: l’alto prezzo dell’avena costringeva le persone a scegliere se nutrire i propri animali o se stesse.
Quest’ultimo dettaglio convinse l’inventore tedesco Karl von Drais a ideare qualcosa che potesse sostituire il cavallo negli spostamenti. Mise a punto un aggeggio in legno, su due ruote, lo chiamò Laufmaschine (letteralmente, “macchina per correre”).
Si era immaginato seduto su una sella, con una specie di barra del timone tra le mani, mentre avanzava facendo sforzo con le gambe puntando i piedi a terra: in un giro dimostrativo – dopo aver percorso 40 miglia in quattro ore – dimostrò che il suo mezzo poteva essere veloce come un cavallo e poteva essere alimentato dalla persona che lo manovrava senza troppi sforzi. La parte più difficile era tenerlo in equilibrio, bisognava prima farci l’abitudine. Poi probabilmente una volta imparato nessuno avrebbe dimenticato come andarci. Karl von Drais aveva semplicemente inventato la bicicletta.
Questo aneddoto è stato raccontato in un articolo dell’Economist e preso ad esempio per spiegare come i momenti di crisi e di maggiore difficoltà siano storicamente forieri di grandi invenzioni, una spinta per l’innovazione tecnologica: le circostanze avverse, che siano ambientali, economiche, belliche o altro, storicamente hanno portato con sé grandi invenzioni.
Si dice ad esempio che le guerre napoleoniche abbiano portato l’invenzione dell’inscatolamento del cibo. Un’evoluzione laterale rispetto alle guerre, non strettamente collegata. Ma solo apparentemente: nel 1810 la Francia cercava un modo per conservare le razioni di cibo per i suoi soldati durante le spedizioni, così i vertici di Parigi si rivolsero a Nicolas Appert, un pasticcere che vendeva dolci in confezioni con chiusura ermetica, e gli offrirono 12mila franchi per la sua invenzione.
Ovviamente non tutte le invenzioni nate in un periodo di crisi producono effetti immediati, o non si presentano da subito nella loro versione definitiva. Nel caso della bicicletta l’aggiunta dei pedali avvenne in Francia, negli anni ‘60 dell’Ottocento, poi altre rifiniture – da un miglior sistema di frenata, il telaio in acciaio, le ruote in metallo leggero e la catena – vennero aggiunte solo alla fine del XIX secolo, per una bicicletta più simile a quella moderna.
«Un’invenzione che era nata dalle sfide di una crisi globale dimenticata da tempo ha così finito per diffondersi nel mondo e diventare parte della vita di tutti i giorni. Ma quali innovazioni potrebbe generare l’epidemia di coronavirus del 2020? La pandemia ispirerà sicuramente nuovi studi sull’istruzione online, ad esempio, o per migliorare la consegna di pacchi tramite drone e, senza dubbio, alcune idee che oggi sembrano meno ovvie. Chi avrebbe mai immaginato, dopotutto, che un vulcano avrebbe dato origine alla bicicletta?», si chiede l’Economist.
Un altro articolo del magazine britannico pubblicato ad aprile 2020 spiega che lo stimolo all’innovazione non si sta fermando, e non basta l’isolamento a frenare lo spirito creativo: «Le aziende escogitano nuovi modi per continuare a realizzare i prodotti già esistenti, nonostante gli ostacoli su molte catene di approvvigionamento, o addirittura a creane di nuovi. Alcuni stanno cambiando il modo i innovano: se le aziende mirano a conservare e proteggere la scarsa liquidità a disposizione mentre i ricavi si riducono, i nuovi investimenti non sono proprio il primo pensiero nella mente degli imprenditori. Così alcuni stanno progettando modi per innovare, magari trasformando qualcosa che già esiste, senza enormi spese».
D’altro canto anche l’economista austriaco Joseph Schumpeter sosteneva che le crisi fossero il seme dell’innovazione e dell’imprenditorialità. Ne parlava in termini di distruzione creativa, immaginando un processo di trasformazione che rivoluziona un modello economico: le nuove tecnologie ricostruiscono le industrie esistenti e danno alla luce nuove qualcosa di nuovo, portando così crescita economica.
Nel 2009, con gli effetti della crisi dei mutui subprime ancora sotto gli occhi, il professore alla Rotman School of Management dell’Università di Toronto, Richard Florida pubblicò un articolo sull’Atlantic partendo da due semplici spunti di riflessione: «In che modo le crisi economiche influenzano l’innovazione in America? E l’innovazione rallenta o accelera durante i periodi di crisi?».
Richard Florida spiegava che «tra il 1750 e il 1970 ci sono picchi nell’attività di innovazione durante la crisi degli anni 1870 e 1880, e poi altri ancora durante la Grande depressione degli anni ‘30 del Novecento». Guardando il numero di brevetti – quindi in un discorso puramente quantitativo – Florida evidenziava come la spinta all’innovazione americana fosse rimbalzata notevolmente nel Dopoguerra prima di esaurirsi negli anni ‘70. Poi dall’inizio degli anni ‘80 raggiunse livelli record, continuando a crescere per un ventennio, prima di rallentare di nuovo all’inizio degli anni 2000.
La crisi finanziaria del 2008 ha portato con sé diverse innovazioni. Alcune delle più grandi aziende del mondo sono state create durante o all’indomani di quella crisi. «Instagram, WhatsApp, Uber, Spotify e Airbnb, sono stati tutti lanciati da imprenditori ambiziosi che in altre circostanze magari sarebbero potuti finire a lavorare in un luogo di lavoro meno stimolante all’interno di una grande azienda, a fare consulenza bancaria o gestionale, ma il difficile contesto economico dell’epoca aveva stravolto il mercato», si legge in un lungo articolo della London Business School.
Il 2020 invece per ora ha portato con sé soprattutto trasformazioni aziendali che guardano al presente, al qui e ora. L’articolo della Lbs ne cita una in particolare: un team degli ospedali universitari di Warrington e Halton – nel Cheshire, nel Nord dell’Inghilterra – ha adattato macchine respiratorie normalmente utilizzate per l’apnea notturna per curare i pazienti affetti dal nuovo coronavirus.
«Un’innovazione che ha letteralmente salvato la vita di molte persone nel Regno Unito. È un classico esempio di “innovazione ricombinante”», si legge nell’articolo. «Il lockdown ha visto molte aziende e molte organizzazioni, in tutti i settori, adottare improvvisamente funzioni digitali, dati e analisi con una rapidità che forse non ha precedenti. Alcune di queste innovazioni non rimarranno a lungo termine, ma molte lo faranno, poiché vengono a crearsi nuove abitudini dettate dalle nuove condizioni. E i vecchi comportamenti non sempre possono ricomparire».