Che il 5G non sia caratterizzato dal semplice cambio di velocità rispetto al 4G è stato detto tante volte, ma la consapevolezza della rivoluzione che questo passaggio consente, sfugge ancora a molti.
Tutte le rivoluzioni producono grandi novità, ma scatenano anche una profonda resistenza al cambiamento. E il 5G non è da meno: spaventa taluni e porta con sé le tante leggende metropolitane che spesso ci capita di leggere soprattutto navigando sul web oppure osservando alcuni post sui social network. Ma questa rivoluzione merita di essere intrapresa, perché, al contrario di altre, non distrugge quello che c’era prima per creare qualcosa di nuovo, ma semplicemente lo migliora, lo evolve e ci apre alla crescita.
La recente conferma del Governo Draghi di voler destinare, attraverso il Piano nazionale di ripresa e resilienza, gran parte delle risorse del Next Generation EU alla transizione digitale, ne fa comprendere la sua centralità. La digitalizzazione diventa così uno dei pilastri per la ripresa del Paese e parte integrante delle riforme in agenda per l’ammodernamento del sistema produttivo e per il miglioramento della vita di cittadini e Pubblica Amministrazione.
La pandemia ha sicuramente accelerato questo processo e ha fatto in modo che venisse posto maggiormente l’accento sulla necessità di banda ultralarga e reti di comunicazione 5G, costringendo tutti a prendere coscienza della necessità di dotarci rapidamente di infrastrutture digitali adeguate al cambio di passo.
Ma al di là del periodo che stiamo vivendo, l’utilizzo delle tecnologie, e quindi del 5G, può davvero rappresentare uno strumento trainante in molti settori. In alcuni l’effetto potrebbe essere addirittura più rapido, come ad esempio in ambito culturale, per certi aspetti paradossalmente ancora legato a logiche tradizionali, sia per fruizione sia per impostazione.
Fermiamoci solo un attimo a pensare ad una scena: entrare in un luogo d’arte, guardarsi intorno, leggerne la storia e immaginare cosa quel posto ha significato in quel periodo, cosa ha vissuto e il valore che porta con sé. Ora immaginiamoci di aggiungere a tutto questo l’elemento tecnologico. Quel luogo d’arte viene catapultato, come d’improvviso, nel presente e possiamo non solo immaginare, ma addirittura vivere realmente il posto, i suoi protagonisti, il suo significato, la sua bellezza. Un luogo che in questo modo rinasce e prende incredibilmente vita, senza snaturarsi. Anzi, riesce a far apprezzare ancor meglio quella che è stata la sua testimonianza, la sua eleganza, la sua meraviglia.
Un modo nuovo di vivere l’arte, che permette di far avvicinare alla cultura una più ampia platea di persone, ma che soprattutto riesce a coinvolgere anche i più giovani, perché utilizza strumenti “embedded” ai nativi digitali. Inoltre, può anche far vivere esperienze a tutti coloro che, quel luogo, per molteplici motivi, magari non potranno fisicamente mai visitarlo.
Affinché questa trasformazione sia però reale, esiste la necessità di connessioni indoor wireless che siano efficienti esattamente come quelle outdoor, altrimenti la spinta innovativa rimarrà solo un bellissimo annuncio su carta. Lo scopo deve essere duplice: far arrivare il segnale dove non c’è e fornire una migliore qualità del segnale in strutture con alta densità di frequentazione. Sistemi che, se installati ad esempio nei musei permettono di vivere la cultura in maniera completamente diversa, immersiva, innovativa e soprattutto da protagonista.
Ecco allora che la tecnologia, ancora una volta, come succede dai tempi della radio di Marconi, accorcia le distanze tra le persone e tra le persone e i luoghi, rendendosi così la vera protagonista di una nuova rinascita culturale.