La rapida crescita demografica ed economica dell’Africa ha cominciato a sortire i propri effetti anche sulla transizione energetica del continente. Nonostante in Africa viva oltre il 17% della popolazione mondiale, il continente consuma solamente il 4% dell’energia globale. Oggi però, mentre un certo numero di paesi dell’Africa subsahariana continuano a fare affidamento sui combustibili fossili, si prevede che il continente trarrà vantaggio dal mercato delle energie rinnovabili, sopratutto da quello dei minerali. A dirlo è l’Oxford Business Group, società di consulenza che pubblica report su più di 30 paesi del mondo.
Il dossier sull’Africa sottolinea inoltre che è probabile che il passaggio alle tecnologie di energia rinnovabile si traduca in un calo significativo della domanda globale di combustibili a base di idrocarburi come carbone, petrolio e gas. Mentre secondo l’African Energy Outlook dell’Agenzia Internazionale per l’Energia, «con le giuste politiche a supporto dell’espansione di energia pulita, l’Africa potrebbe diventare il primo continente a far registrare una crescita economica e industriale in cui le energie pulite hanno un ruolo di primissimo piano».
Già nel 2015 l’Unione Africana adottava l’Agenda 2063, ossia un piano a lungo termine di “sviluppo inclusivo e sostenibile” per inquadrare la transizione energetica del continente. L’obiettivo del documento è rendere l’Africa un continente autosufficiente dal punto di vista energetico, puntando soprattutto su energia pulita e sostenibile e su un drastico miglioramento delle infrastrutture per la distribuzione.
Nel mix energetico africano le due fonti energetiche destinate a guidare la transizione sono le rinnovabili e il gas naturale. Il continente con le più ricche risorse in tema di energia solare oggi consuma solamente l’1% del solare mondiale (5GW), un contributo che è destinato a quintuplicare nei prossimi due decenni. Stesso rapporto per il gas naturale, che passerà dal 5% al 25% entro il 2040.
La strategia africana punta molto sui nuovi giacimenti di gas scoperti negli scorsi anni in Mauritania, Mozambico, Senegal, Sudafrica e Tanzania, che permetteranno all’Africa di produrre fino al 40% del totale globale. Il gas naturale è considerato un combustibile fossile “di transizione”, tanto che negli scenari europei più ambiziosi si cercherà inevitabilmente di limitarne l’importanza, almeno nel lungo periodo.
Il Kenya è forse l’esempio più virtuoso in tema di distribuzione. Nairobi ha promosso un aumento dell’elettrificazione delle zone periurbane senza precedenti nell’ultimo lustro. Ad oggi, oltre il 75% della popolazione ha accesso da energia elettrica e l’attuale governo mira a raggiungere la copertura totale entro il 2022: un unicum nell’Africa subsahariana. Il Kenya è anche uno dei pochi paesi ad aver sviluppato una strategia per la produzione di energia geotermica: l’obiettivo è di portare il geotermico al 50% del pacchetto di energia sostenibile.
La Repubblica Democratica del Congo (RDC) si sta muovendo diversamente. Le ricchissime potenzialità del bacino imbrifero permettono alla RDC di produrre la quasi totalità del fabbisogno di energia elettrica da impianti idroelettrici. Inoltre, i progetti di sette ulteriori dighe sull’Inga promettono di farne addirittura un esportatore per i paesi limitrofi.
In Nigeria, invece, a oggi, l’80% dei generatori di energia è alimentato a gas, ma il restante 20% è quasi interamente supportato da petrolio. Da qui al 2040, il governo federale ha manifestato l’intenzione di incentivare l’utilizzo dell’enorme potenziale fotovoltaico, andando a soppiantare quel 20% che oggi fa capo al fossile.
Il dossier evidenzia anche che la transizione alle energie rinnovabili potrebbe fornire anche delle opportunità per l’espansione dell’attività mineraria. Il cobalto, ad esempio, è uno dei minerali chiave di questa transizione. Oltre d essere utilizzato nell’imaging medico, nella radioterapia e nella sterilizzazione di apparecchiature mediche, è un elemento chiave nelle batterie ricaricabili di laptop e smartphone e un componente delle batterie agli ioni di litio che alimentano i veicoli elettrici.
Strettamente legata alla crescita della produzione di batterie, la domanda di cobalto è destinata a crescere del 60% entro il 2025. Dato che circa il 60-70% delle forniture mondiali di cobalto si trova nella Repubblica Democratica del Congo (RDC), il paese trarrà vantaggio da questo sviluppo.
Compensare il previsto calo della domanda di petrolio e gas sarà fondamentale per la ripresa economica a lungo termine di un certo numero di paesi africani, molti dei quali sono stati gravemente colpiti dalle ricadute del Covid-19, ammette il report. La vera sfida del continente africano per gli anni a venire sarà la capacità di assicurare energia elettrica pulita a tutta la popolazione. Capitalizzare il potenziale del gas naturale e soprattutto delle rinnovabili significa anche rimediare a una rete spesso inadeguata, sia per capacità sia per estensione.
Secondo le stime pubblicate dal Fondo monetario internazionale a gennaio, l’economia regionale subsahariana dovrebbe essersi contratta del 2,6% lo scorso anno, con le due maggiori economie – Nigeria e Sud Africa – in calo rispettivamente del 3,2% e del 7,5%. «Alla luce di ciò, lo sviluppo o l’espansione di industrie emergenti come l’estrazione mineraria potrebbe essere la chiave per la ripresa post-coronavirus mentre i governi cercano nuovi driver di crescita. Insieme a un aumento degli investimenti, la crescente domanda di minerali potrebbe garantire all’Africa subsahariana di essere uno dei principali beneficiari della transizione energetica», conclude Oxford Business group.