Quanto sono cambiate le cose nella politica italiana nell’ultimo mese, con Mario Draghi a Palazzo Chigi e una nuova prospettiva riformista e liberaldemocratica per il paese.
In attesa di uscire dalla crisi pandemica, sempre troppo tardi per l’incapacità del precedente governo, i partiti della stagione del bipopulismo perfetto sono stati travolti dall’effetto Draghi. Vedremo come e se ne usciranno davvero trasformati, ma i primi segnali sono confortanti, con una Lega sfelpata e di governo, con una spettacolare e inesorabile implosione grillina e, soprattutto, con il Pd della sottomissione strategica adesso guidato da un Enrico Letta già operativo nel cercare di rompere l’incantesimo di Giuseppe Conte e associati. E, poi, con i riformisti di Italia Viva, Azione e PiùEuropa, più i socialisti e i liberali, che si incontrano virtualmente anche sui nostri canali web e social, intorno all’appello “Unire i riformisti” ospitato da Linkiesta nei giorni scorsi e poi alimentato con interventi e riflessioni di grande rilievo.
Le cose cambiano, stanno cambiando come nemmeno nelle più rosee aspettative di quei pochi che in questi mesi hanno rifiutato di ricevere le veline di Rocco Casalino (che continuano a ingolfare il dibattito politico con la surreale tesi che Draghi è uguale identico a Conte).
Quando, da soli, abbiamo lanciato l’idea di mettere insieme l’area riformista e liberaldemocratica, la cosiddetta “alleanza contro gli stronzi”, era appena partito il governo Conte due e molti, soprattutto nel Pd, ci accusavano di ingenuità politica e anche di molto peggio. Quando, ancora una volta da soli, abbiamo lanciato l’idea dell’alleanza per la Repubblica era appena arrivato Draghi a Palazzo Chigi eppure ci siamo presi lo stesso le ingiurie delle vittime della sindrome di Stoccolma Appula e solo per aver visto aprirsi una prospettiva liberalriformista per il nostro paese.
Ora fanno meno gli spiritosi: sono arrivati gli appelli e le belle riunioni riformiste come quella di oggi, le iniziative di Calenda e degli altri, le rivendicazioni da padre nobile di Renzi e, soprattutto, la svolta di Letta per far prendere al Pd una giusta distanza dai Cinquestelle e per valorizzare figure politiche nuove e moderne come Irene Tinagli più le altre nuove energie e competenze interne ed esterne al partito, come quelle di Antonio Nicita e di Cesare Fumagalli, dentro la segreteria.
Certo, ora bisognerà agire e impegnare i ventiquattro mesi che ci separano alla scadenza naturale della legislatura per far nascere una proposta politica nuova che alla fine riesca a mettere insieme i riformisti, i liberali e il Pd antipopulista intorno alla trasformazione economica che saprà avviare il governo Draghi.
Non abbiamo ancora vinto contro il bipopulismo perfetto italiano, ma per la prima volta ci sono le condizioni per farlo, come fotografa la ricerca che abbiamo commissionato e pubblicato in esclusiva.
L’incontro transpartitico Unire i Riformisti che Linkiesta ha contribuito ad organizzare è il primo momento pubblico di questo lungo processo che passa attraverso il buon fine della rivoluzione in atto nel Pd e la fine della litigiosità al centro, senza sottovalutare l’impatto delle attività di alcuni ministri di Forza Italia.
Ne ridiscuteremo presto coinvolgendo i protagonisti, qui e su tutti i canali de Linkiesta, rimandando a quando il virus corona ci darà tregua un dibattito live, fisico e con il pubblico al Teatro Parenti di Milano.