Transizione energetica, mobilità alternativa, città verdi, risveglio della coscienza civile. Sono alcune delle sfide che più ci interesseranno nei prossimi anni. Accettarle sarà una scelta obbligata, se intendiamo garantire un futuro alle nuove generazioni e un presente più sano a noi. Perché, sì, è una questione di futuro e di lungimiranza, come si ripete sempre. Ma è anche una questione di presente. Qui e ora.
Entro il prossimo decennio siamo chiamati ad attivare misure di mitigazione e adattamento per contenere il riscaldamento globale e gestire il climate change. Per ottenere questi risultati, i negoziati climatici, che incentivano l’ambizione dei singoli Paesi nel prendere coscienza del problema e predisporsi a fronteggiarlo, saranno indispensabili: già oggi, senza questi strumenti, le emissioni climalteranti e i livelli globali di gas serra susciterebbero ancora più preoccupazione.
Con l’insediamento di Joe Biden alla Casa Bianca, gli Stati Uniti sono rientrati ufficialmente nella partita sul clima. Il 19 febbraio, la riadesione americana all’Accordo di Parigi è diventata effettiva, grazie alla trasmissione alla Convenzione Onu sul clima (Unfccc) di un nuovo strumento di ratifica. Questa novità dovrebbe fortificare la diplomazia climatica internazionale, allineando gli impegni statunitensi a quelli di altre potenze come l’Unione europea e la Cina.
La prima ha stabilito di portare l’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra ad almeno il 55% entro il 2030, rispetto allo scenario di riferimento del 1990.
La seconda ha annunciato di voler raggiungere la carbon-neutrality entro il 2060. In tutto ciò il rientro americano potrebbe incentivare ulteriormente l’ambizione internazionale nella lotta al climate change e conciliare le posizioni divergenti tra i vari gruppi di Paesi, facilitando la nascita di nuove alleanze green.
Qualche segnale di cambiamento nell’agenda climatica internazionale dovrebbe già palesarsi a giugno, in occasione del primo negoziato intermedio degli organi sussidiari dell’Unfccc previsto a Bonn. Sarà una sessione tecnica importante per trovare un compromesso tra le posizioni dei diversi Paesi e sviluppare testi condivisi, affinché i lavori vengano completati entro la fine del 2021.
Con la Pre-Cop26 autunnale di Milano verranno invece facilitati accordi politici sulle principali questioni, per rendere pienamente operativo l’Accordo di Parigi durante la Cop26 di Glasgow, che si terrà dall’1 al 12 novembre e che quest’anno sarà gestita in partnership da Italia e Regno Unito.
In più, due giorni prima della Pre-Cop26, l’Italia ospiterà anche lo Youth4Climate: Driving Ambition, un incontro virtuale e interattivo che prevede la partecipazione di circa 400 giovani provenienti da tutto il mondo, chiamati a confrontarsi direttamente con la politica e ad avanzare proposte concrete.
I risultati di questi incontri dovrebbero spingere i governi nazionali a favorire necessarie transizioni green, come la creazione di infrastrutture per la mobilità a zero emissioni, la tassazione di prodotti ad alto consumo energetico, la promozione di un’alimentazione sana e sostenibile, la riqualificazione di edifici pubblici con interventi di efficientamento energetico.
Sono provvedimenti strutturali su cui il cittadino ha un’influenza, che deve rivendicare. E questa rivendicazione deve partire anche dalla consapevolezza che circa due terzi delle emissioni globali sono attribuibili ai consumi domestici. Dai sistemi di riscaldamento/raffreddamento al settore alimentare, le principali sorgenti climalteranti sono infatti molto più “vicine” di quanto potremmo pensare.
Anche per questo, se vogliamo davvero risolvere l’attuale crisi climatica, dovremo impegnarci a rimodulare la nostra quotidianità.
Ed ecco perché bisognerà tenere alta l’attenzione sui negoziati che quest’anno cercheranno di elaborare, rinnovandola, una strategia per affrontare la sfida ambientale, guardando a soluzioni reali e in linea con quanto suggeriscono scienza e buon senso.