Continua a crescere il numero di investitori che guardano alle tecnologie verdi. La nuova scommessa della Silicon Valley è incentrata proprio sulle startup che si sono poste come meta la lotta al climate change. L’aumento di investimenti in energia solare e la riduzione dei costi nel settore dell’energia eolica e delle batterie per auto elettriche ha generato una nuova spinta agli investimenti green da parte di molte società e aziende: quella della tecnologia pulita 2.0. Dalla carne coltivata in laboratorio al carburante sostenibile per l’aviazione, fino al calcestruzzo a basse emissioni di CO2, gli investitori guardano sempre più alle energie rinnovabili.
La Cina così come l’Unione europea, entrambe impegnate ad abbattere le loro emissioni nette climalteranti entro il 2050, sostengono questa nuova sfida. E gli Stati Uniti, con l’elezione di Joe Biden, si impegneranno in un piano di investimenti per l’energia pulita del valore di 2 miliardi di dollari. «Adesso percepiamo personalmente il problema della crisi climatica: le aziende lo sentono, l’economia lo sente», ha confessato al Financial Times Sophie Purdom, investitore che gestisce la newsletter settimanale Climate Tech VC.«È una bomba a orologeria tangibile, mentre prima sembrava solo un grafico di Al Gore su una diapositiva».
L’energia solare è diventata la più economica al mondo. Con la rapida espansione cinese nella progettazione di pannelli solari il costo di questa forma di tecnologia verde si è ridotto fino all’80 per cento. Infatti, con l’aumento della produzione, soprattutto nella regione nord-occidentale dello Xinjiang, zona in cui Pechino è stata accusata di abusi sul lavoro, è precipitato il prezzo della materia prima utilizzata per le celle solari, il polisilicio. Dal 2015 la gran parte dei pannelli solari proviene dalla Cina.
Come conseguenza, quasi tutte le società sostenute dalla Silicon Valley sono fallite o sono state acquisite dal Paese asiatico. È successo così alla start-up MiaSolé, rilevata dalla compagnia cinese Hanergy, prima invece sostenuta da Kleiner Perkins. Per quanto riguarda le batterie, A123 Systems è stata acquistata dal produttore cinese di componenti per auto Wanxiang Group per la cifra di 257 milioni di dollari.
Aziende come la Roscheisen, che aveva inventato un’alternativa al pannello solare in silicio, hanno chiuso i battenti per poi riconvertirsi, ad esempio producendo diamanti coltivati in laboratorio.
È una delle tante storie di realtà, che tra il 2006 e il 2016 avevano fatto parte della prima ondata di start-up specializzate in energia pulita, che non sono riuscite a svilupparsi (perdendo la metà degli investimenti), mentre Pechino incanalava capitali, terreni e incentivi per sostenere le proprie società specializzate nella produzione di energia solare ed eolica, così come di batterie per veicoli elettrici.
Questa situazione non ha però scoraggiato alcuni tra i ricchi miliardari americani. È il caso di Bill Gates che, nel 2015, insieme a Jeff Bezos, fondatore di Amazon, e Richard Branson, fondatore di Virgin Group, dà vita alla Breakthrough Energy Coalition. Un gruppo mondiale di 28 investitori ad alto patrimonio che punta su start-up che guardano alle novità nel settore dell’energia pulita, come l’idrogeno verde.
Attraverso questo fondo, però, i miliardari americani investono esclusivamente in società che possono concorrere alla rimozione annuale dall’atmosfera di 500 milioni di tonnellate di gas serra, l’equivalente dell’1 per cento delle emissioni totali.
Imparata la lezione precedente, ora gli investitori sono pronti ad assumersi alti rischi tecnici, riducendo però quello sistematico complessivo.
Per Mateo Jaramillo, che ha contribuito a sviluppare prodotti di accumulo di energia di Tesla e ha fondato la start-up di batterie Form Energy nel 2017, il calo dei costi delle energie rinnovabili ha creato un’apertura per le nuove start-up.
Saranno necessarie batterie per immagazzinare energia dall’eolico e dal solare. L’azienda ha raccolto 120 milioni di dollari da finanziatori tra cui Breakthrough Energy Ventures. «Ciò che è diverso questa volta [è che] il mercato è molto più vicino rispetto a 10 anni fa, quando era la tecnologia pulita 1.0 a dominare», ha ricordato Jaramillo al Financial Times. «All’epoca non era chiaro quanto tempo ci sarebbe voluto perché il mercato si materializzasse davvero, ma ora le cose sono cambiate».
Jaramillo mira a raggiungere un mercato in cui le attuali batterie agli ioni di litio – la cui produzione è dominata dalla Cina – diventino meno competitive. Il prodotto che propone Jaramillo può immagazzinare energia in modo conveniente fino a 150 ore, ben al di sopra delle 4 garantite ora. Il fondatore della start-up Form Energy punta ad abbattere il prezzo delle sue batterie a un decimo rispetto a quelle a ioni di litio, che attualmente richiedono 137 dollari chilowattora.