Il Next Generation EU, il piano da 750 miliardi di euro tra prestiti e sussidi che l’Unione Europea ha messo in campo per sostenere la ripresa dell’economia, è un’occasione imperdibile per immaginare il futuro e costruire il mondo da consegnare alle nuove generazioni. Per cogliere questa straordinaria opportunità, l’Italia deve sapere investire su quegli elementi strategici che permetteranno al Paese di fare un salto in avanti, proiettandosi verso una società digitale, sostenibile e inclusiva.
Come definito anche dalle linee guida della Commissione europea, gli asset trasversali su cui gli Stati membri dovranno puntare per la ripresa sono la transizione ecologica e la transizione digitale, alle quali dovranno essere dedicate rispettivamente almeno il 37% e il 20% delle risorse messe a disposizione per ciascun Paese.
In particolare, la digitalizzazione dovrà essere il motore della ripartenza: l’emergenza sanitaria ha infatti trasformato le nostre abitudini – il modo in cui lavoriamo, socializziamo, facciamo shopping, gestiamo la nostra salute, educhiamo i nostri figli, ci prendiamo cura dei nostri familiari – e ha acceso un potentissimo faro sul digitale, che è diventato un elemento strategico ed essenziale per tutti.
Uno degli obiettivi prioritari del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che l’Italia consegnerà alla Commissione europea entro il 30 aprile, dovrà essere quindi superare il digital divide ancora presente nel nostro Paese, che genera nuove forme di disagio e inedite disuguaglianze sociali, determinando il rischio di una ripresa non inclusiva. Per questo motivo, lo sviluppo delle infrastrutture digitali su tutto il territorio nazionale rappresenta un passaggio fondamentale e abilitante per avviare il rilancio della nostra economia e dar vita a un processo di innovazione inclusivo del Paese.
Come emerso dai dati del report di EY “Digital Infrastructure Index” del gennaio 2021, sebbene siano i territori del Sud a soffrire particolarmente, quasi tutte le Regioni italiane presentano aree nelle quali le infrastrutture non sono ancora adeguatamente sviluppate.
Tuttavia, per superare il divario digitale è necessario puntare non sono solo sugli elementi hard, come le infrastrutture, ma anche su quelli soft, come la diffusione della cultura e delle competenze, fattori necessari per raggiungere un pieno sfruttamento delle opportunità offerte dalla tecnologia e piattaforme digitali. Il digital divide, infatti, è generato non solo dalla mancanza di infrastrutture adeguate, ma anche dalle differenze derivanti da fattori sociali, anagrafici e di istruzione.
Secondo gli ultimi dati del Desi Index 2020, l’indice di digitalizzazione dell’economia e della società della Commissione europea, l’Italia è all’ultimo posto tra i Paesi UE per quanto riguarda la diffusione delle digital skills, con il 58% degli italiani (popolazione tra 16 e 74 anni) che non possiede ancora un livello di competenze digitali di base.
Per colmare tale gap, è per questo necessario destinare maggiori investimenti all’alfabetizzazione digitale di base e avanzata, includendo nei percorsi di formazione tutte le categorie e le fasce demografiche. In particolare, per quel che riguarda la formazione scolastica, occorre sviluppare e rafforzare le competenze Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics) e di digitalizzazione e innovazione in tutti i gradi d’istruzione, affinché queste possano diventare un elemento culturale comune nelle generazioni di domani.
Inoltre, come evidenziato dal Presidente del Consiglio Mario Draghi fin dal suo primo discorso in Parlamento, nel Pnrr particolare attenzione sarà riservata agli Its, favorendone lo sviluppo e la diffusione sul territorio e rendendoli un pilastro del nostro sistema educativo. Da questo punto di vista, è importante che sia confermato l’investimento di 1,5 miliardi di euro destinati agli Its nell’attuale versione del Piano, che equivalgono a circa 20 volte il finanziamento annuale.
La formazione e la qualificazione professionale dovranno inoltre continuare anche dopo il percorso scolastico, per poter affrontare le sfide derivanti dai cambiamenti nel mondo del lavoro. È fondamentale dedicare maggiore impegno nei percorsi di upskilling e reskilling delle risorse umane attraverso incentivi fiscali o contributi alle aziende, in particolare per quei settori – come editoria, settore bancario e commercio – più soggetti a radicali trasformazioni con l’uso del digitale.
Da questo punto di vista, è fondamentale includere nel Pnrr, nell’ambito del “Piano Transizione 4.0”, il potenziamento del credito d’imposta per le spese di formazione 4.0, prevedendo in particolare un aumento della percentuale di credito d’imposta per le piccole media imprese con personale dipendente al di sopra di una predeterminata età media, al fine di favorire il processo di reskilling.
Parallelamente, il Piano dovrebbe anche includere decontribuzioni per le assunzioni di giovani con competenze digitali avanzate, in modo da favorire la crescita delle digital skills all’interno delle aziende.
L’Italia è in ritardo anche per quanto riguarda l’integrazione delle tecnologie digitali nei processi produttivi, che consente alle aziende di ottenere un vantaggio competitivo, migliorare l’offerta ed espandere i mercati. Secondo i dati del Desi Index, le imprese italiane sono indietro nel commercio online: solo il 10% delle piccole media imprese vende su internet, rispetto a una media europea del 18%, solo il 6% effettua vendite in altri paesi dell’UE e appena l’8% del fatturato complessivo è realizzato online.
Tuttavia, nell’ultimo anno sempre più imprese si sono affidate all’e-commerce per contenere il crollo degli scambi commerciali tradizionali causato dalla pandemia: secondo i dati dell’Osservatorio Export Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, nel 2020 l’export digitale italiano di beni di consumo ha raggiunto un valore di 13,5 miliardi di euro, con una crescita pari al 14% e un’incidenza del 9% sull’export complessivo di beni di consumo, rispetto al 7% nel 2019, e del 3% sulle esportazioni totali, in aumento dello 0,5% rispetto al 2019.
Appare evidente, dunque, che per sfruttare questa accelerazione impressa dalla pandemia è necessario mettere in campo misure specifiche che permettano a tutte le aziende italiane, dalle più grandi alle più piccole, di dotarsi di strumenti di e-commerce, come ad esempio una propria piattaforma informatica, la realizzazione di piani di web marketing e lo sviluppo di attività promozionali e di formazione connesse al commercio online.
Il Pnrr dovrà quindi sostenere misure di incentivazione economica finalizzate allo sviluppo tecnologico e digitale delle imprese, in particolare le piccole medie imprese, anche quelle artigianali e del commercio al dettaglio, attive nei piccoli borghi e nelle aree interne del Paese.
Tali incentivi, preferibili a forme di iniezione di liquidità dall’alto, possono stimolare investimenti che permettono alle aziende di utilizzare al massimo i nuovi canali di vendita, valorizzare il rapporto con il cliente, ampliare il loro mercato di riferimento, prendere decisioni di business e riconoscere le opportunità provenienti da un utilizzo adeguato dei dati.
Una piena e integrata digitalizzazione delle aziende permetterà anche di colmare l’attuale scarsa capacità di comunicazione e valorizzazione dei prodotti e servizi italiani che, in molti casi, rappresentano delle eccellenze a livello internazionale.
Questo aspetto riguarda in particolare settori fondamentali per l’economia del Paese, come il turismo e la cultura. La mancata valorizzazione delle eccellenze turistiche e culturali italiane è una lacuna che negli ultimi anni ha ostacolato lo sviluppo di tutto l’indotto, a differenza di altri Paesi europei che hanno saputo sfruttare al meglio prodotti e attrazioni culturali molto inferiori rispetto a quelle italiane.
Lo sviluppo delle infrastrutture, la diffusione delle competenze e della cultura digitale, insieme ad un’efficace capacità di gestione della comunicazione, rappresentano senza dubbio gli elementi strategici non solo per accelerare il processo di ripresa ma anche affinché l’Italia possa giocare un ruolo da protagonista negli scenari futuri.