«La salvaguardia della natura, attraverso la protezione e il riprestino delle zone umide, la gestione sostenibile di zone marine, di foreste, pascoli e terreni agricoli, è determinante per la riduzione delle emissioni inquinanti e climalteranti e l’adattamento ai cambiamenti climatici», si legge nella nuova direttiva del ministero della Transizione ecologica.
Nulla di più vero. Tra le emergenze che l’attuale pandemia ha portato alla ribalta, dalla sanitaria a quella economica, ce n’è un’altra che reclama urgenza. Si tratta della perdita di biodiversità, in particolare degli insetti impollinatori, dai quali dipende più del 70% della produzione agricola indispensabile per la nostra alimentazione.
Gli insetti impollinatori sono fondamentali per la salute degli #ecosistemi, da loro dipende oltre il 70% della produzione agricola per la nostra alimentazione. La loro tutela è al centro della Direttiva sulla #Biodiversità 2021.
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La scomparsa e il depauperamento delle risorse naturali rappresenta oggi una minaccia tanto quanto l’aumento del numero di specie a rischio di estinzione, mai così alto da quando l’uomo ha messo piede sul pianeta. Dai primi anni ’80, la fauna selvatica si è ridotta del 60% per cause antropiche. Parallelamente, tre quarti della superficie terrestre hanno subito profonde alterazioni a causa dell’impronta antropica, così come per le ripercussioni del cambiamento climatico, e quindi di siccità, incendi ed eventi meteorologici estremi.
Proteggere e assicurare il mantenimento dei servizi ecosistemici, azioni indispensabili per rafforzare la nostra resilienza di fronte al rischio di insorgenza e diffusione di nuove malattie infettive, sono gli obiettivi della Direttiva 2021 sulla biodiversità rivolta agli enti parco nazionali e alle aree marine protette. Si tratta di mete la cui urgenza, come si sottolinea nell’introduzione dell’atto firmato dal ministro Roberto Cingolani, è stata ribadita dalla pandemia in corso e che costituiscono uno dei pilastri su cui costruire una ripresa economica dell’Italia agganciata al Green Deal europeo.
Con l’istituzione, nel 1991, di una legge sulle “aree protette”, periodicamente il ministro dell’Ambiente (ora della Transizione ecologica) emana direttive di indirizzo delle attività dirette alla conservazione della biodiversità. La Direttiva 2021, che affronta anche il tema delle minacce ambientali, quali consumo di suolo, urbanizzazione, emissioni inquinanti e climalteranti, si focalizza sulle azioni per affrontare il declino degli insetti impollinatori: un problema globale, che ha colpito molti Paesi dell’Unione Europea, Italia compresa, al centro anche della nuova Strategia dell’Unione per la biodiversità e del relativo Piano per il ripristino della natura.
#bando per la realizzazione di #progetti per il settore apistico: 2 milioni di euro per finanziare progetti di #ricerca e sperimentazione finalizzati a miglioramento e adattamento dell'#apicoltura ai cambiamenti climatici e al monitoraggio ambientale https://t.co/DJm72kIbrR pic.twitter.com/rVPuCO7987
— Mipaaf (@Mipaaf_) April 1, 2021
«La collocazione geografica dell’Italia, al centro del bacino del Mediterraneo, ha determinato una ricca e preziosa diversità di specie animali e vegetali, soggetta a minacce concrete e pressanti dovute principalmente all’intensa attività umana su un territorio complesso e non particolarmente esteso». Il nostro Paese è tra quelli europei con la più alta densità media di abitanti, e dove quindi si registra un alto tasso di conversione del suolo per le diverse attività antropiche, con un trend in costante, pericoloso, aumento.
«L’abbandono delle aree rurali in favore delle città e delle aree metropolitane – si legge nel documento – ha favorito in parte la rinaturalizzazione di alcuni ambienti, ma ha comportato l’aumento dello sfruttamento di risorse naturali da parte della popolazione urbanizzata, così come l’intensificazione dell’agricoltura ha ridotto o eliminato gli ambienti naturali tra le aree coltivate, riducendo drasticamente la loro funzione vitale per la fauna selvatica».
Per fronteggiate questo problema, gli enti parco nazionali e le aree marine protette hanno tutelato gli ambienti di maggiore pregio naturalistico, così come il loro ruolo, grazie anche al rafforzamento, negli ultimi 10 anni, dell’attività di monitoraggio della biodiversità.
Si tratta, però, di risultati che richiedono, a fronte di un quadro ambientale diventato più critico, una prosecuzione e consolidamento ulteriori attraverso nuove attività di monitoraggio mirate a obiettivi specifici, realistici, condivisi e misurabili, e che rispondano agli aggiornamenti e alle richieste contenute nelle norme comunitarie e nazionali.
Proprio per questo il nuovo documento richiede agli enti parco nazionali di individuare e proporre piani d’azione, da sviluppare con altri parchi, per la conservazione delle specie.
Con la Direttiva del 2019 è stato chiesto agli enti parco nazionali di programmare azioni dirette ad affrontare il declino degli insetti impollinatori, problema globale che ha colpito molti Paesi d’Europa, obiettivo al 2030 della nuova Strategia per la biodiversità dell’Unione e tra gli impegni prioritari del relativo Piano europeo per il ripristino della natura.
Nell’ottobre 2020 è stata pubblicata la proposta di schema europeo di monitoraggio degli impollinatori predisposta dagli esperti della Commissione nel giugno 2019, che dovrebbe fornire informazioni esaurienti sullo stato e sulle tendenze delle popolazioni di impollinatori dei Paesi dell’Unione, come peraltro previsto dall’azione 1 dell’iniziativa EU Pollinators, ora in fase di revisione.
Per la Direttiva 2021, gli enti parco nazionali dovranno continuare le attività di monitoraggio, proposte nell’ambito delle precedenti Direttive sugli insetti impollinatori, coerentemente alle indicazioni metodologhe e ai protocolli standardizzati forniti dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale – Ispra -, in collaborazione con l’università di Torino.
Questo monitoraggio implica un ulteriore approfondimento conoscitivo sulle cause del declino degli impollinatori, a partire dalla diminuzione della disponibilità degli habitat e dagli impatti dei prodotti di sintesi utilizzati in agricoltura. Per raggiungere gli obiettivi di mappatura delle minacce e definizione di strategie di difesa, saranno fondamentali azioni mirate per l’acquisizione, presso le aziende agricole, di dati relativi alle pratiche agricole e all’utilizzo dei prodotti fitosanitari, sfruttando anche l’applicazione già messa a disposizione da Ispra.
Per quanto riguarda gli enti gestori delle aree marine protette, in base alla direttiva 2021, dovranno svolgere attività di raccolta dati, programmate nella precedente direttiva, per aggiornare e ampliare il livello delle conoscenze già ottenuto, alimentando il sistema con flussi di dati monitorati e integrati. Dovranno avviare un’attività di monitoraggio dell’habitat coralligeno per fornire una cartografia aggiornata sul suo stato e stimare il disvalore economico generato dall’impatto delle attività di pesca dovuto, ad esempio, alla perdita degli attrezzi da pesca, su questo fragile, e indispensabile, habitat.