Il Grande Capo che guida il primo partito italiano ha perso la testa per la vicenda del figlio accusato di stupro che, come tale, è un problema privato ma che diventa pubblico, persino “politico”, nel momento in cui Beppe Grillo fa strame di principi di civiltà e umanità, Incredibile la frase: «Ma se vieni stuprata, poi vai a fare kitesurf?», e il riferimento al fatto che la ragazza che ha denunciato il presunto stupro da parte del figlio di Grillo lo abbia fatto 8 giorni dopo il fatto. Sembra di rivivere il “Processo per stupro” di 50 anni fa.
Ha osservato il dem Andrea Romano che «basterebbe questa frase di Grillo – pura colpevolizzazione della vittima – a bandirlo per sempre da qualsiasi tavolo politico. Utile se avvenisse, anche per lavorare all’alleanza possibile con M5s senza il peso della sua barbarie». Il fatto è politico, non c’è dubbio: ma se il Capo è un barbaro come si fa ad allearsi coi suoi seguaci, tanto più che con una rediviva Paola Taverna si sono schierati con il comico genovese; anche se non si sono sentite le voci di Luigi Di Maio né quella di Giuseppe Conte, l’avvocato che secondo il Corriere della Sera sarebbe molto in freddo con Grillo, l’Imperatore in un albergo davanti alle rovine di Roma antica lo ha insignito del ruolo di capo politico del Movimento.
La semi-rottura fra Beppe e Giuseppe ovviamente non c’entra niente con la vicenda giudiziaria del figlio del comico ma con due problemi uno più serio dell’altro. Il primo, diciamo così per nobilitarlo, riguarda gli aspetti giuridici del rapporto fra la Casaleggio Associati e il M5s: più banalmente, una questione di soldi (ma c’entra anche il simbolo); mentre l’altro aspetto è più politico, persino – nobilitiamo anche qui – ideologico, con Grillo attestato sulla originaria ispirazione “nullista” – né di destra né di sinistra – mentre Conte vorrebbe una più chiara collocazione progressista, simboleggiata anche dall’ingresso nel gruppo parlamentare europeo dei socialisti.
Ma la verità più di sostanza è che a quanto pare l’avvocato del popolo sarebbe già deluso a causa dello stato catatonico del Movimento che in effetti non sta proferendo parola su alcunché, non ha un minimo di empatia con il Paese, è completamente scomparso a livello locale (e infatti il Pd non riesce nemmeno a stringerci una alleanza nelle grandi città dove si voterà in ottobre).
In questo quadro è stato Matteo Renzi, uno ben informato sulle mosse dell’ex premier, a far brillare una bomba giornalistica in una intervista a Repubblica: «Per me l’esperienza dei 5 Stelle è al capolinea. E dubito che Conte, che si definisce equidistante da destra e sinistra (qui c’è una differenza con la lettura che abbiamo riferito sopra – ndr), accetti di guidare il Movimento. Non mi stupirei se alla fine rinunciasse: troppe tensioni a cominciare dalla rissa sul terzo mandato».
Quella di Renzi è politologia o c’è qualcosa di vero? È da vedere se sarà lo stesso avvocato del popolo a chiarire al popolo come stanno le cose, se intende guidare un M5s ormai centrifugati o se pensa di fare una “Cosa” tutta sua, il famoso “partito Con-te” tinteggiato di verde a socio del Pd. E sarebbe bene se lo facesse presto, prima che il castello di carte crolli per sempre.