Prima viene la teoria, poi la pratica. In altre parole, prima si fa la cernita di cosa si tiene e poi si fatica con gli scatoloni. È la prima regola e forse anche la più importante de “Il trasloco felice” (Enrico Damiani editore), manuale di traslochi – e in parte anche di vita – scritto da Ludovica Amat.
Lei del resto è un’esperta: ha cambiato 13 volte casa e 15 volte ufficio. Ha confidenza con pacchi e scatoloni, ma anche con tutta la documentazione relativa (gas, luce, bollette, internet, richiesta di permesso di occupazione del suolo pubblico), sa come e quando riverniciare e conosce il modo migliore per pianificare la disposizione dei mobili. Per lei il trasloco non è un’agonia (come per il resto del mondo) ma ha «un potenziale di felicità», come «ogni rinnovamento».
Possibile? Forse sì. Almeno se si impara – come recita il libro – che il trasloco ideale «inizia alcuni mesi prima del trasferimento» e che, in maniera mazziniana, bisogna dedicare molto più tempo al pensiero (al progetto, alla consapevolezza di ciò che si possiede, al discernimento di ciò che bisogna tenere o lasciare) che all’azione, cioè il trasporto dei mobili.
Addirittura, il «trasloco comincia prima ancora di trovare la nuova casa». In ogni caso, il tempo è d’oro: chi lavora metta in conto tre mesi di parte preparatoria (occupandosene nei weekend), mentre per quella fisica si va da tre giorni fino a una settimana, a seconda delle dimensioni.
Il primo passo è scegliere cosa tenere e cosa no. Ci sono oggetti speciali (quelli che Amat definisce «testimoni») che raccontano la propria identità – e quelli, secondo i principi di Marie Kondo, si tengono, magari in una scatola a parte dedicata a loro – poi tutti gli altri, che vanno esaminati. Alcuni resteranno, altri no. È l’ora più buia, il momento delle scelte irrevocabili. Fatto quello, siamo a cavallo.
«La cosa migliore è ragionare per compartimenti stagni e piccoli obiettivi. Dedicarsi a una stanza per volta, non sognarsi di concludere il lavoro in giornata, ma, individuata la camera, scegliere da quale mobile cominciare e concentrarsi unicamente su quello, come fosse l’unico bene che si possiede», perché «ogni cosa merita il suo tempo e questo è il motivo per cui questo passaggio fondamentale si dovrebbe affrontare tre mesi prima del trasferimento. L’ho già detto, ma lo ridico: lo spostamento vero e proprio è da considerarsi solo una delle fasi del trasloco, e nemmeno quella più importante». La casa, in tutto questo tempo, deve sempre restare vivibile.
Il resto è una lunga trafila di inscatolamenti (meglio averne già a disposizione), fatti a regola d’arte: ogni scatola deve avere una denominazione chiara su cosa contiene, ogni scatolone deve essere saldato con nastro adesivo, per i libri meglio un giro doppio, e in generale mai superare i 30 x 60.
Man mano vanno appoggiati alle pareti (la casa deve restare vivibile) in ordine dal più pesante al più leggero (se serve, si sa già come impilarli) e quando si dovrà fare il trasferimento, è importante avere già pianificato in quale nuova stanza portarli, anche se l’ordine di ingresso vedrà sempre al primo posto i mobili, altrimenti gli scatoloni saranno d’intralcio, e si parte sempre dalla stanza più lontana.
I consigli sono tanti, le voci consultate numerose. Il libro raccoglie testimonianze, racconti, spunti da più persone. Quasi un romanzo corale per un evento personale (o familiare) che però riguarda tutti, una sofferenza da condividere con amici (che daranno una mano) e che può dare esiti quasi artistici.
Perché in qualsiasi trasloco felice non può mancare il «quaderno», cioè «una sorta di capo cantiere che sa quando fare cosa e come; conterrà i numeri di telefono di tutte le persone utili alla causa, indirizzi di negozi e artigiani. Sarà l’inflessibile padrone delle liste intitolate imperiosamente DA FARE, verrà infarcito di dati, disegni, suggerimenti colti al volo o soluzioni giunte nottetempo».
Lì ci sarà «la lista degli oggetti da donare, delle cose da vendere, delle spese da fare. Dovrà avere tante pagine così da poterci incollare ritagli strappati dalle riviste di arredamento […] quando sarete vicini alla meta si trasformerà in calendario… dell’avvento, un timing inflessibile di ciò che dovrete fare negli ultimi dieci-quindici giorni che vi separano dall’ingresso nella nuova casa».
È a un tempo un libro di viaggio (lei li conserva), un progetto in fieri, una agenda e un’opera d’arte. Si chiuderà solo a trasloco compiuto, dopo aver ritinteggiato, disposto i mobili, aperto gli scatoloni e distribuite le cose tenute secondo programma. La casa è fatta, ora bisogna fare gli abitanti.