Next Generation Sud Per aumentare il dinamismo dell’Italia bisogna ristrutturare il Mezzogiorno

Secondo l’Associazione “M&M – Idee per un Paese migliore”, bisogna cambiare la gestione delle regioni meridionali. In un paper propone misure per non disperdere i fondi europei introducendo un controllo incrociato tra le istituzioni nazionali e locali e riducendo al minimo i livelli intermedi di governance

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Un piano per accorciare il divario di crescita che l’Italia ha accumulato rispetto ai paesi avanzati dell’Unione Europea fin dagli anni ’90, e che la pandemia ha allargato ulteriormente. Con un obiettivo cardine: ripartire dal Mezzogiorno. È questo il cuore della proposta avanzata dell’Associazione “M&M – Idee per un Paese migliore”.

Il documento di M&M propone indicazioni concrete per aumentare il dinamismo del Sud, concentrandoci su come non dissipare le risorse finanziarie, tra queste un migliore meccanismo di gestione ed esecuzione dei progetti di investimento destinati al Mezzogiorno.

La legalità rappresenta un presupposto essenziale per lo sviluppo degli investimenti previsti da NexGeneration EU e per lo sviluppo della libera concorrenza. Un altro tema cruciale è anche l’uso delle risorse pubbliche per mobilitare i capitali privati: «L’addizionalità finanziaria (mobilitare più capitali) ed economica (creare più impatto) sarà ben più significativa solo se le Amministrazioni sapranno utilizzare logiche di matching fund, ovvero mixare le risorse pubbliche (comunitarie e locali) con i capitali privati, che oggi abbondano e che sono alla ricerca di nuove classi di investimento», si legge nel paper.

Sarà fondamentale, secondo l’associazione, utilizzare i capitali disponibili anche per allenare le Amministrazioni a utilizzare contratti di partnership pubblico privato (PPP), con l’obiettivo di coinvolgere operatori qualificati capaci di giocare un ruolo di partner strategici.

Nel primo capitolo del paper si approfondiscono le criticità strutturali nella gestione dei Fondi Strutturali Europei per il Mezzogiorno. La maggior parte di questi è convogliata nei cosiddetti fondi di coesione: il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) e il Fondo Sociale Europeo. La loro gestione, puntualizza il dossier, a fronte della mole considerevole di denaro, è stata spesso caratterizzata da numerose inefficienze. Secondo l’edizione 2020 del report annuale della Corte dei Conti europea sull’implementazione del Budget UE, l’Italia figura fra i peggiori Stati membri, seconda solo alla Croazia, nella capacità di assorbimento dei fondi relativi al settennato 2014-2020.

Dove intervenire, quindi? M&M ha individuato cinque settori principali: creare una struttura del personale amministrativo adeguata alle complessità della gestione dei fondi; limare lo squilibrio di competenze degli impiegati laureati; gestire al meglio la destinazione del personale qualificato della pubblica amministrazione; affievolire la complessità del codice degli appalti che regola le procedure di attribuzione di alcuni dei fondi; creare una visione di più ampio respiro delle leadership politiche locali. 

Volano di questi interventi sarà proprio il Next Generation EU. Che, inoltre, dovrà puntare su altri quattro assi portanti per la ripresa: l’istruzione, il lavoro, la demografia, la decarbonizzazione. Obiettivi nazionali che secondo gli autori del paper dovranno essere declinati anche per il Sud, con livelli di ambizione e di prestazioni identici a quelli applicati al resto del paese.

Nello specifico: «si dovrà investire massicciamente negli asili nido e nelle strutture della prima infanzia, fino a garantire in 5 anni accesso ad asili nido pubblici per almeno il 50% delle bambine e dei bambini italiani». Ma anche promuovere logiche di matching fund tra Fondi Strutturali e Next Generation EU, in modo da assicurare la “concentrazione”, principio fondamentale della politica di coesione, delle risorse sulle progettualità rilevanti, tenendo conto delle regole di ammissibilità alla spesa dei costi.

In altre parole, il dossier propone l’abbandono «dell’approccio di rassegnazione e gradualismo che ha caratterizzato i progetti di modernizzazione del Sud degli ultimi decenni, adottando una maggiore ambizione, combinata con forti condizionalità di efficienza, pragmatismo e qualità progettuale».

Tutto ciò sarà possibile, pertanto, solo adottando un nuovo meccanismo di governo e gestione dei progetti di investimento. Partendo da una riforma della funzione pubblica e dalla predisposizione di un regime speciale, coordinato a livello nazionale, di progettazione e gestione degli interventi.

Per la ristrutturazione della funzione pubblica, M&M propone sei ambiti su cui concentrarsi: «l’incentivo all’esodo per il personale vicino alla pensione e privo delle professionalità necessarie per gestire le nuove tecnologie; la riforma dei concorsi; un’analisi dei fabbisogni delle strutture amministrative che superi la logica di un turnover; la promozione della mobilità interna fra funzioni diverse della pubblica amministrazione; una maggiore apertura all’interazione con il settore privato; la riforma della dirigenza pubblica, in grado di valorizzare, unitamente alla preparazione tecnica sulle materie oggetto della struttura di riferimento», si legge ancora.

Mentre per la questione della governance, la proposta è di ridurre il numero di livelli intermedi che si frappongono fra l’allocazione dei fondi, la formulazione dei progetti specifici e la loro implementazione.

Come? Con le “Squadre di Coesione”, così strutturate: «imperniate sulla Agenzia per la Coesione Territoriale, con il prerequisito di un forte investimento in competenze e di una rapida ed efficace riorganizzazione e composte di tre ruoli: leader specialisti (dotati di profonde competenze), leader attuatori (dotati di specifiche competenze di coordinamento, gestione e realizzazione dei progetti) e leader territoriali (provenienti dalle Amministrazioni Regionali e Locali)», si legge sul dossier.

Le “Squadre di Coesione” sono gruppi di lavoro capaci di realizzare progetti e di risolvere criticità che richiedono la mobilitazione di istituzioni a livello centrale, e di funzionare da luogo di condivisione di pratiche e soluzioni. In più, i “leader” dovranno essere selezionati con l’obiettivo di assicurare la scelta delle migliori competenze che il Paese è in grado di esprimere, sulla base di alcune cruciali competenze trasversali: la capacità di lavorare per obiettivi e risultati; e la capacità, relativa al public procurement, di identificare quella parte di spesa pubblica destinata all’acquisto diretto di beni e servizi da parte della Pubblica Amministrazione.

Non si tratta quindi di un commissariamento, ma piuttosto di una commistione di interessi nazionali e locali, con il «coinvolgimento ab origine delle Istituzioni con potere di influenza nel gruppo di lavoro, o nell’ambito di una relazione di stretta collaborazione che consente di formulare decisioni che, nel rispetto delle prerogative di ognuna, tengano conto delle diverse prospettive, stimolando un rapporto di fiducia che consente di assumere decisioni critiche in tempi rapidi o di risolvere eventuali criticità e in qualche modo la “percezione della condivisione” delle responsabilità», puntualizza il report.

L’implementazione di questo modello configurerebbe una modalità innovativa di risoluzione di «numerose fragilità decisionali e gestionali e colli di bottiglia amministrativi che hanno caratterizzato la gestione dei progetti di sviluppo nel nostro Mezzogiorno», si legge alla fine.

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