x The Adecco Group

Nuovi ufficiPartire dalle persone per riorganizzare il lavoro “on-life”

«Bisogna riportare la relazione umana al centro anche nei contesti strutturati come le aziende», dichiara Monica Magri, Hr & Organization Director di The Adecco Group, durante uno dei digital talk del ciclo “Milano come stai, adesso?”, organizzati da Glickon nel corso della Milano Digital Week

(Unsplash)

A un anno dall’inizio della crisi pandemica, la nuova dimensione del lavoro “on-life” (online e offline) ormai è un’esperienza condivisa. Con il lavoro da casa, spesso tutt’altro che smart, il confine tra lo spazio lavorativo e quello della vita privata ormai è saltato. Così come è saltata la separazione tra fisico e digitale.

Ma ora è arrivato per le imprese il momento di riorganizzarsi. Da cosa partire? «Bisogna rimettere le persone al centro», spiega Monica Magri, Hr & Organization Director di The Adecco Group, durante uno dei digital talk del ciclo “Milano come stai, adesso?”, organizzati da Glickon (azienda specializzata nella analisi dei dati su risorse umane e management) e dal suo chief marketing officer, Carlo Rinaldi, nel corso della Milano Digital Week 2021. «Bisogna ascoltare le persone e i loro bisogni, che sono drasticamente cambiati rispetto al passato. E questo significa riportare la relazione umana al centro anche nei contesti strutturati come le aziende», dice Magri.

In un anno in cui la gran parte delle nostre attività è stata spostata online, le relazioni umane – anche sul lavoro – sono state messe a dura prova. «È mancato il momento della “macchinetta del caffè”», dice Andrea Attanà, Chief Revenue Officer di Glickon. «Sono mancati i luoghi delle reti informali delle persone all’interno delle aziende».

Certo, abbiamo fatto grandi passi avanti nella trasformazione digitale. «E abbiamo imparato a usare meglio gli strumenti a disposizione, guardando ad esempio la webcam e non lo schermo durante le riunioni su Zoom», dice il manager. Ma nel lavoro mancano le relazioni in presenza. Perché, continua Magri, «la relazione lavorativa non è solo un passaggio cognitivo, ma assume una valenza forte per il benessere psicologico delle persone. E se il digital è ormai una commodity, la differenza nelle organizzazioni la faranno sempre più le persone». Anche in base a «come riusciranno ad adeguarsi ed evolversi».

In primis, bisognerà creare una nuova governance del lavoro per evitare quella continua sovrapposizione tra vita privata e lavoro che in tanti hanno sperimentato. I dati raccolti da Glickon su Milano dicono che per molti professionisti sono aumentati ansia e stress. Le aziende, allora, «dovranno progettare la nuova dimensione del lavoro tenendo conto prima di tutto del benessere psicofisico delle persone, che ha anche un impatto sui risultati dell’organizzazione». Significa tenere conto delle esigenze e delle diversità presenti in azienda, ma anche sperimentare nuovi stili di leadership «che puntino sulla qualità delle relazioni per trasmettere senso di appartenenza ed engagement».

Ma non si può certo tornare indietro pensando che le trasformazioni nell’organizzazione del lavoro sperimentate fin qui possano essere relegate a una parentesi. «Bisogna aiutare le persone e le organizzazioni a evolversi avendo chiari gli obiettivi del futuro», dice Magri. E sono le aziende che hanno «il dovere di orientare le persone» in una nuova dialettica ibrida tra lavoro da remoto e in presenza, in cui però «la relazione torna al centro dell’attenzione non più solo in chiave funzionale, ma per costruire reciproca identificazione e appartenenza».

Questa nuova organizzazione dovrà riflettersi anche nei nuovi spazi di lavoro, come spiega Adriana Palano, Architect, Associate e Team leader de Il Prisma. «L’ufficio resterà», dice, «ma sarà ristretto ad alcune esperienze legate al team e ai momenti di collaborazione. Gli spazi dell’ufficio non spariranno ma supporteranno una tipologia di attività diversa». Non c’è una ricetta valida per tutti: ogni azienda dovrà costruire il suo «percorso personalizzato» nella revisione degli spazi, tenendo conto del «nuovo mindset lavorativo in cui stiamo sperimentando una libertà completamente diversa». E anche nella riorganizzazione degli spazi «bisognerà ascoltare i lavoratori», soprattutto le nuove generazioni native digitali.

Come procedere? «Partendo dai dati», risponde Filippo Negri, ceo e co-founder di Glickon. «Il dato avrà un ruolo centrale nel disegnare le nuove esperienze di lavoro». Ma se i dati forniscono dei fotogrammi, «la cosa importante è avere la possibilità di misurarli nel tempo e fare in modo che si trasformino in informazioni e azioni, così da aiutare le aziende a prendere decisioni che facciano stare meglio le persone».

Partendo dai dati, la vera sfida ora è rendere il lavoro realmente agile, intelligente e all’altezza delle nostre aspettative, passando dal mero remote working – che molti hanno sperimentato negli ultimi dodici mesi – al vero smart working. Solo così si potrà generare un circolo virtuoso, destinato ad allargarsi anche oltre la dimensione personale e aziendale, perché «il benessere delle persone fa il benessere delle città», come spiega Roberta Cocco, assessora alla Trasformazione digitale e Servizi civici del Comune di Milano.