Il Cremlino, gli sceicchi e il calcio romanticoLe trame di Putin e degli Emirati per far saltare la Superlega

La Süddeutsche Zeitung ha svelato che il presidente russo avrebbe convinto il patron del Chelsea, Roman Abramovic, ad abbandonare il progetto dei principali club calcistici di organizzare un torneo senza la Uefa (di cui è grande sponsor la compagnia petrolifera di Stato Gazprom)

Lapresse

La fine della Superlega non è mai stata solo la vittoria del calcio del popolo su quello dei ricchi e avidi imprenditori. E ancora meno è la vittoria dei tifosi che con le loro proteste avrebbero fatto ricredere le grandi società, o quella di Aleksander Ceferin, numero uno della Uefa, che avrebbe evitato un’ingiustizia opponendo i valori etici e solidali del football europeo.

La conferma arriva, semmai ce ne fosse bisogno, dal quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung: la riforma del calcio continentale sarebbe stata affossata dall’intervento dall’alto della Russia e di Abu Dhabi.

«Il proprietario del Chelsea Roman Abramovich avrebbe ricevuto lunedì una telefonata dal Cremlino di Mosca: Gazprom, la più grande società russa, di proprietà parzialmente statale, è main sponsor della Champions League», rivela il giornale tedesco.

Superlega contro Champions League adesso assomiglia molto di più a una battaglia tra interessi di grandi attori, e molto semplicemente ha prevalso la difesa dello status quo.

«In estate – si legge ancora sulle colonne di Süddeutsche Zeitung – gli Europei passeranno anche da San Pietroburgo, che dovrebbe ospitare anche la finale di Champions League nel 2022. Lo Zenit è praticamente la squadra di Gazprom. Ecco come la grande politica mondiale ha improvvisamente assunto un ruolo in questa vicenda: Abramovich non ha voglia di infastidire il presidente Putin. Vuole solo divertirsi, col pallone».

La questione non si esaurisce al Cremlino. Per comprendere a pieno bisogna guardare anche in Medio Oriente. «Il Manchester City, club di proprietà dell’Abu Dhabi United Group, avrebbe ricevuto una chiamata direttamente da Abu Dhabi. Una volta scoperto che i miliardi della Superlega non provenivano realmente da JP Morgan, ma che l’investimento iniziale proveniva dall’Arabia Saudita, hanno fermato l’operazione», scrive la testata tedesca.

La leadership emiratina non è necessariamente ostile a Riyadh, ma vorrebbe dare di sé un’immagine più liberale e cosmopolita, quindi non vorrebbe essere accostata all’Arabia Saudita. Non così direttamente almeno.

E già ieri qui a Linkiesta avevamo raccontato del ruolo giocato da Boris Johnson nel mettere pressione alle big six inglesi, dicendo che avrebbe creato complicazioni con i permessi di soggiorno per i calciatori stranieri.

In questo groviglio politico ci sarebbe anche Florentino Perez, che gestisce anche ACS, la più grande società di costruzioni spagnola: «L’anno scorso il Times di Londra ha riferito che Pérez si era aggiudicato il contratto per costruire Quiddiya, il centro di intrattenimento previsto in Arabia Saudita per 6,5 miliardi di euro, una sorta di Las Vegas. In questo modo il Real Madrid ha incassato 150 milioni, in cambio di una pubblicità in cui apparivano quattro giocatori della squadra. In più lo sponsor di maglia del Real è la compagnia aerea Emirates, che ovviamente appartiene agli Emirati Arabi Uniti e frutta 69 milioni di euro», rivela Süddeutsche Zeitung.

Mancherebbe all’appello solo la Uefa. L’organismo internazionale ha guadagnato moltissimo negli ultimi due decenni grazie ai ricavi prodotti dei top club europei. Negli ultimi giorni è emerso, come ha riportato Bloomberg, che il Team AG – filiale della Uefa che da anni negozia i contratti da cui provengono i milioni della Champions League – sta negoziando un accordo alternativo con la società di investimento londinese Centricus Assets.

In ballo dovrebbero esserci circa sei miliardi di euro cioè più della somma che avrebbe messo JP Morgan nella Superlega. L’interesse della Uefa e della politica nel far tramontare il progetto della Superlega è tutt’altro che la tradizione del calcio di strada e del popolo.

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