Senza MississippiAdesso serve un generale Figliuolo anche per le politiche attive del lavoro

Dopo la parentesi Mimmo Parisi serve un commissario per attuare un piano nazionale che tenga conto dei compiti dell’agenzia e delle prerogative regionali. E che intervenga sul sistema informativo unico tra regioni, sul sistema di formazione del lavoratori e sulla gestione operativa di disoccupati e inattivi

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Il ministro del Lavoro ha finalmente deciso di commissariare l’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro. Dopo uno stallo di circa due anni e numerosi tentativi di rimuovere il presidente in carica, ora c’è da chiedersi cosa ne sarà di questa agenzia che, nata sotto il Governo Renzi con il Jobs Act, avrebbe dovuto rifondare l’organizzazione delle politiche del lavoro in senso neo-centralista. Ma si può dire fin d’ora con certezza che il nuovo commissario avrà un compito impegnativo e importantissimo da svolgere: occorrerà che in questo campo accada qualche cosa di analogo a quanto il Governo Draghi sta riuscendo a realizzare per la campagna di vaccinazione di massa.

Tutti sanno che l’Anpal è morta, in realtà, il giorno dopo la sconfitta del referendum costituzionale del dicembre 2016, quando le Regioni hanno rialzato la testa decidendo non solo di riprendere quota nelle politiche del lavoro, che la riforma avrebbe sottratto loro, ma quasi tutte anche di chiedere più poteri grazie alla norma costituzionale sul regionalismo differenziato (art. 116 cost.). Sul punto Veneto e Lombardia hanno addirittura fatto un referendum. È dunque naturale, in questa fase delicata, riportare l’Anpal al ministero del Lavoro e ricostituire nel ministero la direzione generale delle politiche attive con un direttore che risponda direttamente al ministro.

La pandemia per fortuna ha bloccato l’iter parlamentare del provvedimento che avrebbe riconosciuto alle Regioni maggiori poteri anche in materia di politiche attive. Ma adesso, come per la sanità, anche per le politiche attive è necessario avere le idee chiare su come assicurare ai cittadini su tutto il territorio nazionale gli stessi servizi per il lavoro e le stesse misure di politica attiva. Il blocco della condizionalità del sostegno del reddito (articolo 40 d.l. n. 18/2020, c.d. Cura Italia) ha messo in evidenza l’estrema debolezza dei centri per l’impiego, i quali peraltro durante la pandemia hanno chiuso del tutto i battenti. Con la riapertura, ciascuna regione ha provato a erogare servizi da remoto: ma ciascuna a suo modo.

Del resto l’arretratezza in cui ci troviamo è testimoniata dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), in cui tra gli obiettivi della missione n. 5 troviamo quello di «rafforzare i centri pubblici per l’impiego, promuovere interventi di capacity bulding a supporto dei centri per l’impiego con l’obiettivo di fornire servizi innovativi di politica attiva e riqualificazione professionale (upskilling e reskilling) anche mediante il coinvolgimento di stakeholder pubblici e privati». Nulla di più.

Siamo davvero all’anno zero delle politiche attive rispetto agli standard europei e, anche per questo motivo, ben venga il commissariamento dell’Anpal perché come per i vaccini anche in questo settore c’è bisogno di un piano nazionale che consenta di pensare al milione di posti di lavoro già persi, ai quali, probabilmente, se ne aggiungeranno presto altri. 

Soprattutto negli ultimi tre anni con il reddito di cittadinanza abbiamo assistito a un arretramento delle politiche attive erogate dai centri per l’impiego che si sono dovuti dedicare in prevalenza ai cittadini in stato di bisogno economico, con questo obliterando i passi in avanti che erano stati fatti dal 2015 (si pensi ai sistemi di accreditamento regionali, a garanzia giovani, all’assegno di ricollocazione). Non è molto ma nel triennio 2016-2018 si era incominciato a marciare abbastanza bene; poi il sistema ha subito un arresto: il cambio di presidente e del direttore generale dell’Anpal, l’ingresso dei navigator, la gestione del reddito di cittadinanza (incomprensibilmente definito come politica attiva del lavoro), che ha avuto la priorità, hanno minato il progetto riformatore in atto.

Il commissario, dotato dei necessari poteri, ora può attuare un piano nazionale che tenga conto dei compiti dell’agenzia e delle prerogative regionali che dal giugno 2018 sono responsabili, tra l’altro, dei centri per l’impiego e del personale amministrativo che in essi lavora.

Nel piano nazionale dovrebbero essere definite: le modalità operative per chiamare uno ad uno i disoccupati e gli inattivi attraverso un procedimento che consenta il tracciamento costante delle loro risposte; gli standard di servizio a cui tutti i centri per l’impiego devono uniformarsi; le misure di politica attiva che devono essere erogate a tappeto su tutto il territorio nazionale sulla base del fabbisogno dell’utenza. Per fare tutto questo, il commissario deve sviluppare un sistema informativo unico tra tutte le regioni e garantire l’interconnessione tra le regioni e l’INPS in modo tale da far funzionare la condizionalità delle misure di sostegno del reddito ed evitare i troppi passaggi burocratici.

È inoltre necessario monitorare a che punto sono le regioni con il piano straordinario di assunzioni varato nel 2017 e rafforzato nel 2019. Infine è necessario verificare i programmi di formazione professionale delle singole regioni e province autonome. L’emergenza pandemica ha infatti mostrato la necessità di migliorare l’apprendimento di giovani e adulti e di favorire le competenze digitali. È inoltre necessario controllare a che punto sono le regioni con il piano straordinario di assunzioni varato nel 2017 e rafforzato nel 2019.

È noto a tutti il divario che c’è tra le regioni nei sistemi di formazione professionale. E non si può continuare a favorire le disparità regionali che si risolvono in disparità di accesso al lavoro. Per questo motivo il commissario deve garantire il miglioramento del livello delle competenze e della riqualificazione professionale per una ripresa davvero sostenibile e inclusiva in tutto il territorio nazionale. 

Definanziare i corsi di formazione inutili è fondamentale per promuovere una ripresa intelligente e coerente con il Pnrr e per garantire la transizione verde e digitale. Ma per far questo è necessario un sistema informativo unico della formazione professionale, dove tutti i percorsi formativi finanziati in tutto o in parte con risorse pubbliche siano registrati, in modo che possa trarsene un indice affidabile della qualità di ciascun corso ed essere controllata la coerenza agli obiettivi indicati nel Pnrr.

Occorre infine mappare la localizzazione dei centri per l’impiego e il personale ad esso addetto; individuare quali misure di attivazione dei beneficiari di ammortizzatori sociali sono garantite nel territorio della regione o provincia autonoma; quali servizi e misure di politica attiva del lavoro sono disponibili per tutti i residenti sul territorio italiano, indipendentemente dalla regione o provincia autonoma di residenza.

Non dimentichiamo che in questi mesi si stanno compiendo gli atti politici e amministrativi per la nuova programmazione del Fondo Sociale Europeo. Il nuovo ciclo di Programmazione 2021-2027 non potrà non tenere conto dei danni causati dalla pandemia Covid e dei nuovi strumenti finanziari che l’Ue sta per mettere in campo come motore per la ripresa economica e la resilienza europea, per le generazioni future.

L’Anpal, in qualità di autorità nazionale di gestione del Piano Operativo Nazionale-Fondo Sociale Europeo, ha come compito primario quello di coordinare l’intera rete dei servizi delle politiche del lavoro su tutto il territorio nazionale, per agevolare la collocazione di tutti i lavoratori in cerca di prima occupazione, oltre che la ricollocazione di chi il lavoro lo ha perso o rischia di perderlo.

Il decreto ministeriale 4 del 2018 prevedeva un piano triennale e obiettivi annuali per l’Anpal: questo è il momento giusto di rivedere quel decreto ministeriale, con nuovi obiettivi strategici che guardi al mercato del lavoro post covid. Forse solo grazie alla pandemia, al Pnrr e alla struttura commissariale riusciremo finalmente ad avere un sistema nazionale di politiche per il lavoro degno di questo nome.

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