La tre-giorni di colloqui informali tenutasi a Ginevra sotto l’egida dell’Onu per risolvere la questione dello status di Cipro si è conclusa con un nulla di fatto. La Repubblica di Cipro e quella di Cipro del Nord (TRNC) sono ormai su posizioni molto lontane: il presidente turco-cipriota, Ersin Tatar, chiede il riconoscimento della sovranità del Paese che governa e la divisione dell’isola in due Stati, mentre l’omologo greco-cipriota, Nicos Anastasiades, insiste sulla creazione di uno Stato federalista e sul ritiro dei soldati turchi dall’isola.
Cipro – come spiegato da Linkiesta in una puntata della serie Oltre l’Europa – è divisa in due dal 1974, anno in cui la Turchia occupò militarmente la parte nord dell’isola in risposta a un colpo di Stato greco. Negli anni si sono succeduti diversi colloqui di pace organizzati dall’Onu e miranti a riunificare il territorio cipriota, ma i risultati continuano ad essere deludenti.
A pesare sull’inconciliabilità delle parti è anche il sentimento nazionalista che caratterizza sia i greco che i turco-ciprioti, come dimostrano non solo la recente vittoria nel TRNC di Tatar, fortemente legato al presidente turco Recep Tayyip Erdogan, ma anche la crescita nei sondaggi del Fronte popolare nazionale (Elam), la branca cipriota di Alba Dorata candidatasi alle elezioni parlamentari del 23 maggio.
Quando si parla di Cipro, si fa spesso riferimento al nazionalismo che contraddistingue la parte turco-cipriota e alla vicinanza del presidente Tatar ad Ankara, che mira a espandere la propria influenza sull’isola e più in generale sul Mediterraneo orientale. Ma questo sentimento non è certo estraneo alla controparte greca e sta anzi avanzando, come dimostrano gli ultimi sondaggi.
Il 23 maggio gli elettori della Repubblica di Cipro si recheranno alle urne per eleggere i loro rappresentanti al Parlamento e tra i partiti in lizza vi è anche Elam, formazione di estrema destra e nazionalista fondata nel 2008 da Christos Christou, vicino a Nikos Michaloliakos, leader di Alba Dorata condannato a 13 anni di carcere con l’accusa di aver guidato un’associazione criminale.
Elam si è distinto per le sue posizioni nazionaliste e anti-turche, arrivando anche a bruciare la bandiera di Ankara durante una manifestazione. Gesto che non è mai stato condannato dal Governo di Nicosia e che la Turchia ha saputo invece sfruttare a suo favore. «Il nazionalismo è da sempre presente a Cipro in funzione strategica», spiega a Linkiesta Lorenzo Noto, esperto di Limes per l’area mediterranea. «Le due parti portano avanti dal 1960 un progetto statuale che implica una traduzione della questione in chiave etnico-nazionalista. Elam può sembrare meno assertivo rispetto al nazionalismo turco-cipriota, ma in realtà il sentimento nazionalista greco-cipriota è la prima matrice di conflittualità inter-etnica dell’isola». Una conflittualità che il Regno Unito esacerbò durante il processo di decolonizzazione nel tentativo di contrastare il nazionalismo greco dopo l’esplosione negli anni Trenta della questione dell’énosis, l’idea politica alla base del progetto di unificazione di Cipro e Grecia.
Il sentimento nazionalista della popolazione greco-cipriota e della sua leadership, nonché la stessa esistenza di Elam nel panorama politico, fanno però il gioco della Turchia, protettrice della comunità turco-cipriota e presente sull’isola con circa 30mila soldati. «Denunciare il nazionalismo greco-cipriota è funzionale a legittimare l’idea che un unico Stato è impossibile», spiega Noto. «Dal punto di vista tattico è un classico della diplomazia turca sfruttare le contraddizioni del nemico a proprio vantaggio».
Tra colloqui e geopolitica
Esaminare la questione di Cipro e il nazionalismo delle due parti dal punto di vista unicamente interno non è però sufficiente per comprendere appieno quanto accaduto negli ultimi 50 anni. L’isola ha una grande valenza a livello geostrategico, soprattutto a seguito della scoperta dei giacimenti presenti nelle sue acque e su cui si è concentrata la controversia che ha caratterizzato i rapporti tra Grecia e Turchia negli ultimi due anni.
«La proposta di Anastasiades di una suddivisione bicomunitaria e bizonaria di Cipro sotto un’unica statualità di matrice greco-cipriota non trova il favore della Turchia», sottolinea Noto. «Ankara non vuole perdere il controllo dell’isola, fondamentale per la sua espansione in un’area che va dalla Libia fino a Suez, passando per Cipro».
Una simile soluzione convince poco anche la comunità turco-cipriota, che rappresenta una minoranza all’interno della popolazione dell’isola e che teme dunque una perdita di diritti.
«È uno schema classico dei rapporti tra demografia e potere: una minoranza, quando viene inglobata in un soggetto geopolitico più forte, esalta la propria debolezza per cercare un ombrello securitario altrove». In questo caso nella Turchia, che con le provocazioni nel Mediterraneo orientale ha ulteriormente condannato al fallimento i colloqui dell’Onu.
Ma la controversia tra Ankara e Atene nel mare nostrum ha avuto degli effetti anche sulla politica cipriota. Elam, entrato in Parlamento nel 2016 con il 3,71 percento dei consensi, secondo gli ultimi sondaggi potrebbe contare sul 5,9 percento delle preferenze, diventando così quarto partito. Numeri lontani dal 19 percento di Disy, la formazione attualmente al Governo, ma che danno la misura della costante crescita di Elam.