L’Irlanda si prepara a tornare alla normalità dopo uno dei lockdown più lunghi e duri d’Europa. A partire dal 10 maggio è possibile spostarsi all’interno del Paese, usufruire dei servizi alla persona come i parrucchieri, incontrarsi in gruppi di sei all’aperto (e di tre al chiuso se tutti sono vaccinati), visitare gallerie, musei e attrazioni culturali, fare sport in massimo 15 persone, prendere parte alle funzioni religiose e ritirare i propri ordini nei negozi non essenziali. A partire dal 17 maggio sarà possibile fare shopping nei negozi, dal 2 giugno riapriranno gli hotel mentre dal 7 saranno operativi bar e ristoranti (all’aperto), le palestre e le piscine.
Il Taoiseach (capo del governo, ndr) Micheál Martin ha lodato la popolazione per aver rispettato quattro mesi e mezzo di restrizioni, ricordando che il governo monitorerà come evolverà la situazione dopo l’allentamento delle restrizioni. L’esecutivo vuole accelerare la campagna vaccinale, al momento deludente se paragonata a quella della vicina Irlanda del Nord. L’obiettivo è dare la prima dose all’80% della popolazione e d’immunizzare in maniera completa il 55% degli irlandesi entro fine giugno.
Al momento solo il 10,25% della popolazione è completamente immunizzata, mentre oltre 1 milione e 300mila persone almeno una dose. L’impresa di vaccinare i quasi cinque milioni di abitanti non sembra impossibile. Le ridotte dimensioni territoriali del Paese non dovrebbero complicare il compito del servizio sanitario nazionale. Il piano di vaccinazione per il Covid-19 ha subito alcune modifiche, le più rilevanti delle quali sono legate alla scelta di procedere in ordine di età decrescente e di utilizzare i vaccini in maniera molto flessibile. Sembra ormai esclusa, invece, la possibilità di vaccinare in anticipo i più giovani che ormai rappresentano i tre quarti dei casi positivi e che contribuiscono alla diffusione del virus. Il nuovo piano vaccinale non dovrebbe incidere in maniera significativa sulle tempistiche dei giovani anche se molto dipenderà dalle consegne dei vaccini nei mesi di maggio e giugno.
La grande velocità del programma vaccinale nordirlandese ha provocato effetti paradossali ed ha spinto centinaia di cittadini della Repubblica d’Irlanda a prenotare la propria vaccinazione per il Covid-19 al di là del confine. A marzo il numero di persone che aveva ricevuto la prima dose in Irlanda del Nord era superiore a 687mila che, in proporzione alla popolazione, equivaleva a 1.8 milioni di persone a sud del confine dove, però, il numero di prime dosi somministrate era di poco superiore alle 492mila. I cittadini irlandesi sono poi stati invitati a non prenotare la propria vaccinazione in Irlanda del Nord salvo eccezioni legate alla presenza del proprio medico della mutua in loco.
La possibilità che il Regno Unito potesse rifornire l’Irlanda di vaccini in eccesso, ventilata alcune settimane fa dal ministro degli Esteri Simon Coveney, non si è poi verificata dato che Londra è ancora impegnata a vaccinare la propria popolazione, sarebbe comunque dovuto passare del tempo prima che eventuali rimanenze potessero venire condivise con l’Irlanda.
L’attuale situazione epidemiologica irlandese appare confortante. La media mobile delle nuove infezioni registrate negli ultimi sette giorni è compresa tra i 400 e i 450 casi giornalieri e non supera i 600 da inizio marzo. 117 pazienti sono ricoverati in ospedale a causa del Covid-19 e 34 di loro si trovano nei reparti di terapia intensiva mentre il tasso di incidenza della malattia, negli ultimi quattordici giorni, è pari a 124 casi ogni 100mila abitanti contro i 276 della Germania, i 565 dei Paesi Bassi e i 249 dell’Italia.
L’Irlanda è stata sottoposta a un lockdown più lungo e più duro rispetto alla maggior parte degli altri Paesi al mondo e buona parte delle attività economiche è rimasta chiusa per l’intero 2021. La repubblica era riuscita a gestire due ondate d’infezioni con un numero basso di casi e morti ma il virus era tornato a crescere dopo un allentamento delle restrizioni poco prima di Natale. All’inizio di gennaio il Paese aveva il più alto tasso d’infezioni pro capite al mondo, secondo quanto riferito dai dati dell’Università di Oxford mentre alla fine di dicembre il governo aveva adottato il terzo lockdown nazionale a causa della presenza della variante inglese.