L’è on gran costoIl mutuo prima casa garantito dallo Stato è una grande idea, ma non sufficiente per vivere a Milano

La misura voluta dal presidente del Consiglio Mario Draghi, inserita nel prossimo decreto Sostegni bis, va nella direzione giusta, ma non è applicabile dappertutto. Nel capoluogo lombardo dove ci sono tante opportunità di lavoro è difficile stabilirsi in giovane età, soprattutto se non ci si trova in una condizione agiata. La garanzia dello Stato avrebbe un massimale inferiore al costo medio delle abitazioni in città

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È di pochi giorni fa la notizia dell’inserimento nel prossimo decreto Sostegni bis di un aiuto di grande importanza per le giovani coppie: mutuo al 100 per cento per la prima casa garantito dallo Stato. Si tratta di una novità molto positiva e di un forte segnale di attenzione verso la nostra generazione, eppure bisogna chiedersi se sia una misura sufficiente per dare conforto a chi vorrebbe iniziare una vita indipendente, in particolare in certe zone del nostro Paese.

Basta, per esempio, pensare al caso di Milano, città in cui è notoriamente difficile stabilirsi in giovane età, soprattutto se non ci si trova in una condizione agiata. Un peccato per la città motore della Lombardia che, dati alla mano, è tra quelle più vissute dai giovani: 190mila studenti universitari (di cui 130mila in corso: un numero paragonabile al 10% dei soli residenti in città), numeri vicini a quelli di Parigi, per intenderci.

Una città universitaria a tutti gli effetti: una risorsa da valorizzare, chiedendosi anche come invogliare i ragazzi e le ragazze a rimanere in città una volta conclusi gli studi. Certamente una delle sfide più interessanti che Milano si trova davanti.

Ma come si trovano i giovani a Milano? La classifica QS compila una graduatoria delle migliori città universitarie mondiali che si basa su quattro fattori: facilità di trovare lavoro, costo della vita nella città, fattori di attrattività della città e livello di gradimento per la città espresso dagli studenti. In questa classifica Milano non va benissimo: si trova al 40° posto, e il trend è calante (nel 2016 era al 35° posto).

A Milano risulta più facile trovare lavoro (15° posto, proprio nel Paese che con il 56,3% risulta fanalino di coda per occupazione giovanile a Milano viene creata una startup al giorno), ma sul resto arranca: in relazione al costo della vita si piazza solo al 91° posto. Un costo così alto da credere che neanche la nuova misura di Draghi possa bastare perché un giovane si stabilizzi con serenità in città, specie se ricordiamo che in Italia gli stipendi dei primi lavori sono tra i più bassi in Europa e che il mutuo garantito dallo Stato avrebbe un massimale spesso inferiore al costo delle case milanesi.

Abbiamo quindi un numero enorme di studenti universitari che una volta laureati percepiscono stipendi (o a volte solo miseri rimborsi spese) non proporzionati ad una città così costosa: non si può biasimarli se decidono di andarsene.

La misura di Draghi va certamente nella direzione giusta, ma deve essere concepita insieme a un generale ripensamento degli strumenti con cui i giovani muovono i loro primi passi in autonomia, altrimenti il rischio è che non si tenga conto di una fetta di popolazione giovane con esigenze più ampie della “sola” casa di proprietà.

Non è sufficiente dunque che Milano sia bella, serve una Milano da vivere, per chiunque lo voglia fare e qualsiasi sia il suo stipendio: possiamo accettare che buona parte di una fascia, quella dei giovani neolaureati e delle giovani famiglie, sia automaticamente esclusa dalla vita milanese?

Per una Milano adatta ai giovani occorre dunque lavorare sia sull’attrattività delle università e sulla concezione della Città Universitaria, ma anche sul costo della vita e sul lavoro giovanile.

Il primo è un ambito in cui comunque ci sarebbe molto da fare, per esempio attrezzando i Campus di spazi adeguati per didattica e ricerca, magari rendendo disponibili stabili in disuso del comune o sotto-occupati, concependo poi gli Atenei come luoghi da vivere, puntando quindi su aree sportive in stile Giuriati e in generale pensando a luoghi di aggregazione pubblici interuniversitari.

Il secondo è ancor più importante: è fondamentale lavorare sul numero delle residenze universitarie che notoriamente non soddisfano il fabbisogno obbligando a rivolgersi a privati che per forza di cose hanno prezzi di mercato alti, magari ragionando in ottica di città metropolitana e quindi ricercando il dialogo con tutti i comuni ben serviti dell’Area per individuare edifici utili.

Va poi ricercato un ampio dialogo con la Regione al fine di individuare i fondi per combattere la tristissima dinamica degli idonei non assegnatari, ossia tutti quegli studenti che avrebbero diritto a un’esenzione che gli atenei non sempre riescono a garantire per mancanza di fondi.

Il lavoro durante gli studi dovrebbe essere incentivato se non addirittura proposto dal comune garantendo la precedenza agli studenti su certi contratti di lavori determinati, collaborazioni nel terzo settore o tirocini nelle amministrazioni, utili anche a fini di apprendimento didattico.

C’è poi il capitolo lavoro dopo la fine degli studi. Il lavoro del neolaureato va stimolato in particolare se creativo e creatore di luoghi di lavoro: come suddetto, a Milano nasce una startup al giorno e ciononostante praticamente non esistono politiche su questo tema.

È fondamentale agevolare chi decide di creare la sua startup nel nostro territorio sgravandolo del costo degli affitti o pensando ad altri sostegni. Fino ad arrivare a misure che facilitino l’insediarsi in città per i giovani laureati e le giovani famiglie: il costo delle vendite di case e degli affitti (oggi forse soluzione più ricercata dai giovani a causa della grande mobilità richiesta da molti lavori moderni) è notoriamente complicato da sostenere per giovani alle prese con il primo stipendio.

Viceversa, la rinuncia non può essere né alla città per due giovani che decidono di fare famiglia, ma neanche alla famiglia per due giovani che decidono di rimanere in città: il tema degli asili nidi è un tema cruciale per sostenere le nuove famiglie. Servono graduatorie che tengano conto dell’isee, occorre alzare (e di molto!) la soglia sotto il quale l’asilo è gratis e occorre aumentare il numero di asili comunali, che ad oggi ricoprono circa un terzo del fabbisogno milanese (a Firenze si arriva alla metà).

Poi si può lavorare su un accesso ai servizi e alla cultura agevolato: una città internazionale ma allo stesso tempo storica come Milano non può vendere a un giovane un biglietto per la Scala a cifre così esorbitanti.

Infine, il tema della mobilità agevolata e più sicura, specie per luoghi raggiungibili solo con car sharing o taxi e per i parcheggi negli interscambi che se resi gratuiti agevolerebbero notevolmente l’utilizzo della mobilità pubblica e l’accrescere di una sensibilità sul tema della sostenibilità.

Chiaramente la maggior parte di queste proposte pone un problema di fondi per renderle sostenibili: anche questa è una sfida per Milano, la sfida di dichiarare senza timori su cosa puntiamo. E soprattutto chiede la capacità di un grande dialogo che includa tutte le università milanesi, il comune, la regione e l’area metropolitana.

Si tratta di interventi semplici e mirati, per valorizzare sia la vocazione universitaria della città, che l’insediamento dei giovani lavoratori. Un target, quello dei giovani, sulla bocca di tutti ma nei fatti troppo spesso dimenticato.

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