La Nazionale cancellettiIl derby del cuore tra #JeSuisAurora e #tuttimaschi

Non è che tutti i giorni ci si possa offendere per gente uccisa, ogni tanto tocca offendersi pure perché una comica che fin lì non avevamo mai sentito nominare è stata fatta alzare da una tavolata e cacciata dall’albergo. Nessuno sa come sia andata, tranne gli indignati

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Come tutti voi, non ho la più pallida idea di come sia andata la vicenda della Nazionale Cantanti – il che non ha mai impedito a nessuno di articolare giudizi perentori e cancelletti solidali, figuriamoci a me, figuriamoci a voi.

Che infatti ieri avete cancellettato #IoStoConAuroraLeone, il #JeSuisCharlie che ormai si può permettere il ciclo dell’indignazione permanente: non è che tutti i giorni ci si possa offendere per gente uccisa, ogni tanto tocca offendersi pure perché una comica che fin lì non avevamo mai sentito nominare, la signora Aurora Leone, è stata fatta alzare da una tavolata. In quanto donna.

Persino io so che la parte giusta da cui stare è quella in cui diciamo no al sessismo, no alle discriminazioni, no a queste usanze retrograde – però dovete spiegarmi quali. Perché, se è normale che nelle squadre maschili giochino gli uomini e in quelle femminili le donne (non che esista la biologia e le diverse forze fisiche, per carità), che le donne non possano mangiare al tavolo dei maschi è una roba che non sentivo dai tempi (sembra un secolo fa) di Mike Pence, il vice di Trump che ha come regola non cenare con una donna che non sia la moglie. Al raduno della nazionale cantanti c’era forse Mike Pence?

Persino io so che, comunque sia andata, la parte giusta è quella di Aurora, che con labbro tremante e sintassi zoppicante ci ha spiegato che questa cosa di giocare con la nazionale cantanti era «una cosa che volevo proprio fare in quanto donna, perché la cosa avvalorava ancora di più lo spirito di solidarietà», e par di capire che il primo “cosa” si riferisca alla partita e il secondo alla vulva («solidarietà» invece si riferisce al fatto che questa partita di cui non avremmo altrimenti mai sentito parlare raccoglieva soldi per la ricerca sul cancro: l’ottimista in me spera sia una manovra pubblicitaria).

Persino io so qual è la riva dei giusti in questo fiume di stronzate, e la ragione per cui lo so è che il più lesto a fare la sua brava storia di Instagram solidale è stato il marito della Ferragni, fuoriclasse delle buone cause gratuite, quelle sostenendo le quali c’è solo da guadagnarci. Se solidarizza lui, è una scommessa sicura.

Tanto per perdere un po’ di tempo, proviamo a ricostruire le versioni dei fatti.

Lunedì sera, la vittima du jour fa delle storie di Instagram raccontando che l’organizzatore della serata (che chiama Gianluca Pecchini, che è il nome del direttore generale, ma forse è il suo gemello cattivo, giacché nella ricostruzione della vittima il direttore generale avrà poi un altro ruolo), l’organizzatore misterioso le avrebbe detto di alzarsi dal tavolo della cena con la raccontancelliana frase «Sei una donna». Nelle storie la Leone è assieme al suo compagno di lavoro, Ciro Capriello (lui potreste averlo visto in Lol; insieme, i due fanno parte del gruppo comico The Jackal – dei quali io ho visto negli anni alcuni video senza mai accorgermi che ci fossero donne nel cast fisso, ma è certamente un limite mio).

A un certo punto dice che lo ringrazia, Capriello, perché lui sì ha saputo rispondere a tono alla cacciata, giacché l’idea di femminismo delle sventurate giovani donne di questo secolo è sospirare invocando l’aiuto del principe sul cavallo bianco – ma non divaghiamo.

La ricostruzione prosegue, e arriva il direttore generale della nazionale cantanti (ma è un mestiere a tempo pieno? e allora l’organizzatore chi è? un altro ma con lo stesso nome? due mestieri? retribuiti?) che sarebbe andato da loro a dire che in realtà a quel tavolo non potevano starci perché della squadra avversaria; ma a loro non la si fa, loro hanno Instagram e possono svelare le verità scomode. Naturalmente poi ieri il tapino Pecchini – qualunque fosse stato il suo ruolo nella storia vera, quella non drammatizzata in frammenti di quindici secondi su Instagram – si è dimesso (speriamo non fosse un mestiere a tempo pieno), perché quando la rivoluzione dei cancelletti assalta il palazzo d’inverno tu puoi solo arrenderti.

«Sono stata convocata», dice la vittima d’aver detto al cacciante, riferendosi alla partita, ma la cena ancora non si capisce cosa c’entri. «Ho la convocazione stampata, mi avete chiesto le taglie dei completini», avrebbe detto lei; «eh, il completino te lo metti in tribuna», avrebbe detto questo direttore generale che però forse era il sommelier, vai a sapere.

«Ci hanno cacciato dall’albergo», prosegue la cronaca della vittima, giacché si sa che oltre a mangiare, in quanto donna, non puoi neanche dormire. Ricostruisce poi che non hanno permesso a lei e al suo compare neanche di rientrare in albergo a riprendersi i bagagli, e già qui viene il sospetto che le cose siano andate un po’ oltre «àlzati da tavola»: cosa devi combinare perché arrivi il daspo da un intero albergo?

A notte, la nazionale cantanti fa una storia su Instagram che poi rimuove. Fa un elenco delle donne che può vantare nella sua storia, elenco in cui spicca una Rita Levi Montalcini chiamata «Levi di Montalcini», code di paglia in fiamme al largo dei bastioni di Orione, ma soprattutto conclude maiuscolando che loro non possono accettare «ARROGANZA, MINACCE, MALEDUCAZIONE E VIOLENZA VERBALE DAI NOSTRI OSPITI». Quindi i comici vittime sarebbero colpevoli di siffatti comportamenti? Da De Rossi a Franti in un solo tondino di Instagram?

Non lo sapremo mai, giacché poi quella storia di Instagram viene cancellata, e restano solo contrizioni, dimissioni, cancelletti che lamentano che le donne non possano giocare a calcio ma gli uomini possano decidere l’Iva sugli assorbenti, e persino Eros Ramazzotti che non partecipa alla partita scrivendo «sono da sempre contrario ad ogni forma di violenza» (corriamo a denunciare ogni cena alla quale non ci hanno volute).

Ma soprattutto Enrico Ruggeri, il più inadeguato degli Henry Kissinger, che fa un appello televisivo nel quale riesce, nel giro d’un solo minuto: a dire che a combinare il pasticcio sono stati due volontari (ma non era stato il direttore generale? o l’organizzatore? i volontari sono il terzo e il quarto gemello?) che sono già stati allontanati perché sì, saranno pure volontari, ma «devono attenersi a un protocollo morale e deontologico» (la deontologia del non far alzare da tavola la gente con la forchetta a mezz’aria); a far vedere la maglia da calcio di Aurora Leone dicendo «se qualcuno la conosce, ditele che noi la stiamo aspettando in campo» (se la vedi, dille ciao, salutala dovunque sia, ma soprattutto chiama Federica Sciarelli); a ricattare il pubblico dei cancelletti facendo presente che boicottare questa benedetta partita significa «ricerca che stenta, persone che non ce la faranno». Il mare d’inverno non so, ma il senso del ridicolo di primavera è decisamente un concetto che il pensiero non considera.

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