Derby sovranistaPerché Salvini ha proposto un gruppo unico del centrodestra in Europa

Da settimane il leader della Lega rincorre Giorgia Meloni a colpi di tweet e incontri internazionali per non perdere il ruolo di punto di riferimento del sovranismo continentale. Un eurogruppo di 322 deputati sarebbe il più forte nel Parlamento europeo e il Carroccio diventerebbe il partito italiano più rappresentato con 27 eurodeputati contro i 10 di Forza Italia e i 7 di Fratelli d’Italia. Ma da tempo il Partito popolare europeo ha rifiutato qualsiasi fusione e tra gli stessi sovranisti ci sono molte differenze sui vari dossier: dai rapporti con la Russia all’economia

LaPresse

Nel derby tutto italiano per guidare la destra in Europa, Matteo Salvini lancia una proposta talmente azzardata per essere vera con l’obiettivo di prendere in contropiede Giorgia Meloni. Il leader della Lega ha proposto di unire in un unico gruppo i sovranisti di Identità e Democrazia (il suo eurogruppo al Parlamento europeo, di cui fa parte anche il Rassemblement National di Marine Le Pen), i Conservatori e Riformisti, guidati dal settembre 2020 da Meloni, e il Partito popolare europeo, dove siedono Forza Italia e la Cdu di Angela Merkel, compresi anche i 12 eurodeputati di Fidesz, il partito del premier ungherese Viktor Orbán che avevano abbandonato il Ppe a marzo. Tutti insieme, appassionatamente. «Questo è il momento in cui dobbiamo lavorare per mettere insieme il meglio dei tre gruppi alternativi alle sinistre e per diventare il primo gruppo all’interno del Parlamento europeo», ha detto Salvini domenica a Cascais, in Portogallo.

Il leader della Lega ha mandato questo forte messaggio politico durante il meeting di Identità e Democrazia insieme Gerolf Annemans, presidente del partito di ultradestra belga Vlaams Belang, e al conservatore estone Martin Helme. La proposta di Salvini è particolarmente ambiziosa, ma difficilmente troverà applicazione. Già tra i sovranisti del gruppo Conservatori e Riformisti e quelli del gruppo Identità e Democrazia ci sono divergenze di non poco conto su dossier come l’economia, l’adesione all’Unione europea o i rapporti con la Russia, per non parlare della differenza di posizioni tra questi due gruppi e il Ppe. E a questo si aggiunge il disastroso rapporto tra il Partito popolare europeo e i deputati di Polonia e Ungheria, due Paesi spesso criticati per il mancato rispetto dello Stato di diritto e dei valori dell’Unione europea messi in pericolo dalle leggi che hanno limitato l’indipendenza della magistratura e della stampa. 

Senza contare che il capogruppo del Ppe al Parlamento europeo, il tedesco Manfred Weber, ha più volte rifiutato l’ingresso della Lega e ha definito Salvini «un pupazzo di Putin» nel settembre del 2020. Pochi giorni dopo, in una trasmissione di Canale 5 il segretario della Lega aveva risposto a Weber: «Smentisco l’ingresso della Lega nel Ppe. Non chiedo i voti degli italiani per fare il baciapile di Merkel o Macron, l’Italia non è seconda a nessuno», chiudendo un dialogo politico mai iniziato.

Ma allora perché Salvini ha rilanciato una proposta così azzardata, impossibile da realizzare e ignorata dai principali media europei? Forse perché da settimane il leader della Lega rincorre Giorgia Meloni a colpi di tweet e incontri internazionali per non perdere il ruolo di punto di riferimento del sovranismo continentale. In Italia i sondaggi danno la Lega in vantaggio di soli due punti percentuali su Fratelli di Italia (21 per cento contro 19 per cento), ed è passato molto tempo dal raduno dei sovranisti a Milano del maggio 2019 che aveva rafforzato il ruolo egemone della Lega.

Ora non è più così. Lo si è capito tre settimane fa quando Meloni ha incontrato a Madrid il leader del partito di destra Vox, Santiago Abascal dopo la vittoria del centrodestra nella capitale spagnola, promettendo di «costruire l’alternativa europea al pensiero unico globalista». I due partiti fanno parte della stessa famiglia europea, quella dei Conservatori e riformisti (Ecr) di cui Meloni è presidente dal settembre del 2020. Per non essere da meno, Salvini, poche ore dopo, ha pubblicato una foto di una videoconferenza con Marine Le Pen, la leader del Rassemblement National.

Sempre Meloni, sabato 29 maggio, è volata a Varsavia con Abascal per incontrare il premier sovranista polacco Mateusz Moraviecki e il presidente del suo partito Pis, Jaruslaw Kaczynski. L’obiettivo era rafforzare il gruppo dei conservatori e scongiurare la defezione dei polacchi. Il tour è stato subito descritto come un successo: il PiS ha confermato la sua adesione all’Ecr e si è parlato di una nuova strategia da seguire per conquistare Orbán e i suoi eurodeputati. 

Uno schiaffo politico a Salvini che a inizio aprile aveva tentato senza successo di attrarre i leader di Ungheria e Polonia nel suo eurogruppo in un incontro a tre a Budapest dove aveva lanciato una vaga idea di Rinascimento europeo. 

 

Ecco spiegata la proposta del leader della Lega che domenica ha partecipato anche al congresso di Chega (Basta!), il partito di estrema destra guidato da André Ventura. Quest’ultimo partito non ha ancora eletto deputati al Parlamento europeo, ma gli ultimi sondaggi lo danno come terzo partito in Portogallo al 7 per cento e Salvini si è detto pronto ad accoglierlo nella sua famiglia politica alle prossime elezioni europee del 2024.

I pochi eurodeputati che eleggerà Chega, e non si sa ancora a che punto arriverà tra tre anni, non bastano a Salvini per contare davvero in Europa. In teoria la soluzione di un centrodestra allargato sarebbe perfetta per la Lega perché sarebbe il partito italiano nazionale più numeroso avendo eletto 27 eurodeputati, contro i 10 di Forza Italia e i 7 di FdI. E questo super raggruppamento arriverebbe a 312 eurodeputati, rappresentando il 44 per cento dell’Aula di Strasburgo.

«Ho proposto un altro incontro a giugno invitando anche le delegazioni austriache e francesi, spero non ci saranno gelosie, invidie o voglie di chiusure», ha sottolineato Salvini, lanciando una frecciatina a Meloni. «Non dobbiamo difendere l’orticello dei 70 deputati di Id, ma dobbiamo osare. Abbiamo la grande possibilità e il dovere di mettere insieme le nostre famiglie». 

Se l’unione con il Partito popolare europeo appare impossibile, per una visione differente sul futuro dell’Europa, anche una fusione tra i due eurogruppi sovranisti appare improbabile: Meloni ha infatti dimostrato di voler evitare in tutti i modi la nascita di una nuova formazione che possa ridurre il peso del suo gruppo all’interno dell’Europarlamento, soprattutto nel momento in cui può contare su una crescita del suo partito in Italia.

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