Il canto liberoLe 67 colonne dell’Arena di Verona sono la più bella storia di ripartenza italiana

Un crowdfunding lanciato a marzo ha raccolto, grazie alla generosità dei grandi imprenditori della zona, più di un milione e mezzo di euro. Nell’unione del territorio, nella collaborazione tra pubblico e privato, nell’obiettivo comune di ricominciare dopo la pandemia, si è vista l’Italia migliore

di Alberto Bigoni, da Unsplash

Un segnale di speranza per il futuro, un progetto di responsabilità. E soprattutto una lezione da mandare a memoria: dalla pandemia si esce uniti.

L’iniziativa “67 Colonne per l’Arena di Verona”, piano di fundraising e corporate membership lanciato dalla Sovrintendenza di Fondazione Arena, in collaborazione con il Gruppo Editoriale Athesis, il 30 marzo, si è conclusa con un bilancio di 1 milione e mezzo di euro di donazioni.

A contribuire sono stati storici imprenditori e marchi del territorio veronese (ma di portata mondiale), come il gruppo Calzedonia o il pastificio Giovanni Rana. Uno scatto d’orgoglio, di senso civico, solidarietà e sensibilità culturale. Affiancandosi agli sponsor tradizionali (che non sono venuti meno nel frattempo) hanno risposto all’appello del direttore artistico dell’istituzione, Cecilia Gasdia, e hanno deciso di adottare una colonna.

Il successo è anche simbolico: l’iniziativa si riferisce, nel nome, alle colonne che cingevano il perimetro dell’Arena crollate nel terremoto del 1117. Oggi indicano tutte le persone, enti e associazioni che si sono unite in una ricostruzione (virtuale) dell’Arena, che esce da due anni difficili, durante i quali il settore dello spettacolo è stato colpito con durezza da restrizioni e chiusure.

Serve una ripartenza comune, una rinascita della città: anche per questo, come ha dichiarato qui Cecilia Gasdia elogiando i moderni mecenati della lirica, «questo momento non rappresenta solo una riunione di pochi ma anche l’apertura di un intero universo: quello dell’Opera, che attraverso i secoli, tramandata da decine di generazioni, vive ancora oggi in migliaia di spettacoli ogni anno, coinvolge milioni di studenti che si formano per diventare gli artisti di domani, milioni di persone nel pubblico che partecipano al rito collettivo, ogni sera, in tutto il mondo e in italiano», la lingua con cui nella storia è stata «esportata la Bellezza».

Un’unione importante, resa possibile anche dall’Art Bonus, che valorizzando il patrimonio storico-culturale e artistico costituisce una chiave di rilancio essenziale per il territorio della città e che ha agevolato le partecipazioni e le donazioni.

Ora che l’obiettivo è raggiunto, l’Arena (che con il suo festival lirico produce un impatto economico sull’area di Verona pari a 500 milioni, cioè l’1,5% del pil della provincia) può ripartire. Anche per questo c’è grande attesa per il ritorno, dopo 41 anni esatti, del maestro Riccardo Muti (anche questo è un evento) che il 19 giugno, data fatidica della riapertura, dirigerà l’Aida di Giuseppe Verdi (per celebrare i 150 anni dalla prima) di fronte a una platea di 6mila spettatori.

Ma il programma è ricco e nel cartellone del 2021 figurano anche Anna Netrebko, Yusif Eyvazov, Anita Rachvelishvili, il tenore Roberto Alagna, e Plácido Domingo. È un sospiro di speranza che parte da Verona e raggiunge tutto il mondo: la musica e la generosità sembrano dirci che è tempo di sperare, il peggio sembra essere passato.

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