La camera bassa del parlamento ceco ha approvato una legge che permetterà alle donne rom sterilizzate a forza tra gli anni ’70 e i primi anni del nuovo millennio di ricevere una compensazione finanziaria. Per diventare ufficiale mancano adesso l’approvazione del Senato e la controfirma del presidente Miloš Zeman.
Nel 2019 la Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa aveva inviato una lettera aperta ai parlamentari cechi, definendo l’introduzione della possibilità di ricevere questo risarcimento “una misura di giustizia rimandata da troppo tempo”.
La legge prevede che le persone che hanno subito questo trattamento disumano tra il giugno del 1966 e il marzo del 2012 possano richiedere un indennizzo di 300 mila corone ceche (circa 12 mila euro). Una commissione sanitaria istituita ad hoc sarà incaricata di valutare singolarmente ogni caso.
La Commissaria per i diritti umani del paese Helena Valkova ha stimato in circa 400 le persone che potranno beneficiare dell’indennizzo.
Il numero complessivo delle vittime sarebbe però molto più alto, quantificabile nell’ordine delle migliaia, non delle centinaia. Molte di queste persone, nel frattempo, sono decedute.
Secondo un report diffuso dal difensore civico ceco nel 2005, «[dal 1970 al 1990] il governo cecoslovacco sterilizzò sistematicamente donne di etnia rom per ridurre il numero della popolazione rom». Un’operazione di ingegneria genetica, condotta discretamente dietro i muri degli ambulatori pubblici.
Tuttavia, se il picco dei casi si ebbe nella Cecoslovacchia comunista, casi individuali di sterilizzazione forzata sono avvenuti anche dopo l’indipendenza del paese, quindi nella moderna Cechia indipendente. L’ultimo caso ufficialmente registrato è del 2007, ma una recente inchiesta congiunta di Vice e del portale investigativo ceco Dennik sostiene che ci sarebbe stato almeno un altro episodio nel 2010.
La vicenda è rimasta ai margini dell’opinione pubblica per decenni, approdando nell’emiciclo solo dopo varie campagne di pressione internazionali. Soltanto nel 2009 Praga riconobbe le le proprie responsabilità e chiese scusa.
Ong e gruppi di attivisti hanno invocato per anni un’azione che andasse oltre le scuse formali e risarcisse materialmente il danno inflitto alle vittime, sottolineando come nella maggior parte dei casi queste persone non fossero consapevoli di quanto veniva imposto loro. Stando alle testimonianze raccolte da questi gruppi, solo alcune di queste donne accettarono di essere sterilizzate a fronte di un’esigua contropartita economica. Altre furono ricattate o minacciate, altre ancora convinte surrettiziamente che si sarebbe trattato soltanto di una forma di contraccezione dall’effetto temporaneo.
Nel 2015 Elena Gorolová, una delle vittime in seguito diventata il volto pubblico di questa rivendicazione, portò la sua testimonianza all’Onu. Nei suoi interventi pubblici ha più volte definito questa pratica «un tentativo di genocidio».
La maggioranza dei circa 250 mila rom (2% della popolazione) che oggi abitano in Cechia continua a vivere in condizioni di degrado e povertà, con scarso accesso a servizi come educazione, sanità e alloggi pubblici e basse percentuali di occupazione. Anche durante la pandemia, riporta The Wire, alcune famiglie rom sono state sgomberate contro la loro volontà.