Nella vita non si smette mai di imparare, e questo è tanto più vero in un mercato del lavoro dinamico e in continuo cambiamento. La necessità della formazione permanente, o lifelong learning, è resa ancora più pressante dalla dirompenza della digitalizzazione, che sta rendendo certi mestieri obsoleti e creando al contempo nuove professionalità.
Uno strumento per garantire formazione continua e specializzata ai lavoratori è la formazione finanziata, che dà la possibilità alle aziende di accedere ai fondi paritetici interprofessionali introdotti dalla legge 388/2000 proprio a questo scopo.
La norma prevede che le aziende possano destinare una quota dei contributi versati all’Inps, corrispondente allo 0,30% del monte salario di ogni dipendente, alla formazione. L’azienda che aderisce a un fondo interprofessionale (ce ne sono 21, tre dei quali destinati alla formazione dei dirigenti) accantona così delle risorse, che possono essere spese in due modi. Il conto formazione è un piccolo salvadanaio cui l’azienda attinge direttamente per finanziare la formazione del personale. Mentre il conto sistema è la modalità di finanziamento per la formazione che si realizza tramite bandi cui le imprese partecipano presentando dei progetti formativi.
Tra le ultime novità introdotte c’è anche il Fondo nuove competenze. Istituito dal decreto Rilancio con una dotazione iniziale di 230 milioni di euro (rifinanziato dal dl agosto con ulteriori 200 milioni di euro per l’anno 2020 e altri 300 milioni di euro per l’anno 2021), il suo obiettivo è permettere alle imprese di poter rimodulare l’orario di lavoro per mutate esigenze organizzative e produttive, destinando una parte dell’orario di lavoro ai percorsi formativi. Il Fondo copre i costi relativi alle ore di formazione, comprensivi dei relativi contributi. Grazie alle modifiche introdotte dal decreto agosto, può essere utilizzato anche per favorire la realizzazione di percorsi di ricollocazione dei lavoratori.
«È un mondo complesso, quello della formazione. Da noi si parla tanto dell’importanza della formazione continua, ma in realtà non siamo una nazione che investe moltissimo in questo», commenta Carlo Messina, Digital Transformation Consultant e General Manager di IG Academy, la divisione di IG Samsic HR dedicata alla formazione. I piani di formazione all’estero delle aziende multinazionali, infatti, «sono molto più grandi rispetto a quello che avviene in Italia. Questo un po’ per demerito delle aziende e un po’ per cultura».
Con l’arrivo della pandemia, però, anche da noi si è data un’accelerazione al bisogno di formazione dei lavoratori. Ma «l’esperienza Covid ci dimostra che non è solo una questione tecnologica», spiega Messina. «Noi pensavamo che le persone potessero crescere con dei piani ben delineati nel tempo, e di poter prevedere le situazioni in modo meccanicistico. Invece abbiamo scoperto che la realtà è complessa, e che anche dal punto di vista della formazione bisogna essere molto rapidi nel cambiare». Il problema, però, è che spesso i programmi di formazione non vengono aggiornati con sufficiente rapidità. «Spesso con la formazione finanziata ci si ritrova a fare un bando a cui la risposta arriva dopo sei mesi. In alcuni casi magari dopo due anni. E sappiamo cosa vogliano dire due anni per lo sviluppo tecnologico», spiega Messina.
Sul fronte formativo, IG Samsic HR è in prima linea nel supporto alle aziende per la costruzione dei progetti formativi finanziati. «È piuttosto frequente assistere a dei veri e propri corsifici, in cui le tematiche vengono riprese e proposte in modo standard a tutte le imprese. Noi invece abbiamo avuto l’ardire di dire che per noi la formazione è una leva del business», spiega Messina. Il punto è che occorre agire in più direzioni, non sempre e non solo legate alla tecnologia. «Mentre sicuramente deve esserci un approfondimento della componente tecnologica, perché non possiamo più permetterci di avere lavoratori a cui mancano competenze di base come la conoscenza del pacchetto Office», spiega Messina, «d’altra parte una concentrazione forte sulle competenze specialistiche spesso si tramuta in atterraggi non virtuosi. Le competenze specialistiche sono in continuo movimento, perciò bisogna avere una mentalità dinamica», puntualizza ancora l’esperto.
In termini di cultura aziendale, questo significa innanzitutto assumere un atteggiamento aperto da parte della leadership. «Il modello della servant leadership, ovvero del leader capace di dare l’esempio e di ispirare fiducia, favorendo l’emersione dell’errore per imparare e correggersi, è l’approccio che più responsabilizza il lavoratore. Si tratta di agire sulle aree più soft delle competenze, che però sono una chiave di volta», dice Messina. In più, fondamentale è lavorare come organizzazione per mantenere efficiente la propria struttura organizzativa, continuando a interrogarsi su come migliorare i processi. È quello che si chiama Total Quality Management, ovvero una struttura aziendale in grado di cambiare, correggersi e migliorarsi costantemente e con rapidità.
Il problema della formazione, infatti, è che spesso e volentieri sono le stesse aziende a non sapere esattamente che cosa occorre loro. Per questo IG Samsic HR muove da un approccio molto concreto che, tramite i consulenti, punta a cogliere la difficoltà organizzativa o di business del cliente, e solo a quel punto, attraverso l’operato di un progettista, sviluppa un piano d’azione. «Se un’azienda ci chiama, noi siamo preoccupatissimi che quello che stiamo facendo abbia ricadute concrete. Ad esempio, che i commerciali sappiano vendere più prodotti», puntualizza Messina.
Per questo, il più delle volte, la formazione ha una durata distribuita nel tempo, e può anche cambiare in corso d’opera. «Noi mettiamo insieme una rosa di specialisti, come ingegneri, economisti e psicologi, che entrano nei contenuti tecnici della progettazione a monte, ma sappiamo che può esserci un’evoluzione», spiega Messina.
Con la sua Academy, IG Samsic HR opera in tutta Italia, anche attraverso partenariati specifici per dare la possibilità alle aziende clienti di aderire a bandi a cavallo fra diverse regioni. In Lombardia, in particolare, utilizza soprattutto il sistema dei voucher. «Sono molto utili perché consentono di fare una formazione specifica e perché le aziende hanno possibilità di consultare il catalogo regionale, valutando qual è il corso che più si addice loro», spiega Messina. Sebbene il core business della società rimanga quello dei conti formazione, in futuro la società punterà anche sullo strumento degli avvisi pubblici rivolti agli organi di formazione.
E accanto agli strumenti classici, le novità di più recente introduzione in campo formativo sono opportunità da cogliere. In particolare, l’esperto segnala il Fondo Nuove Competenze. «Se ben fatto», dice Messina, «diventa veramente un’opportunità per le aziende di fare formazione sulle nuove competenze. La cosa strabiliante è che non hanno risposto solo le medie e grandi imprese attrezzate per fare formazione continua, ma anche molte piccole pmi, perché hanno capito che potevano far crescere le persone». Ora, il governo ha annunciato che il fondo sarà rifinanziato. «Questa è una fortuna, perché significa che si è capita l’utilità di questo strumento. Non a caso, ci sono già state numerose istanze di adesione», dice Messina.