Sostiene HouellebecqL’Occidente si sta suicidando, ma senza rinunciare al suo narcisismo

Lo scrittore francese, in un articolo pubblicato su Unherd, cerca di delineare le cause del declino del suo Paese. Ma è un problema che riguarda tutta l’Europa e in parte anche l’Asia, di fronte al quale c’è ben poco da fare.

Foto LaPresse -Andrea Negro 16/07/2016

Ovunque vede, Michel Houellebecq vede «oscurità». È con questa citazione di Blaise Pascal, messa in esergo al suo articolo (in inglese) su Unherd, che lo scrittore e intellettuale francese riassume la sua disanima dell’epoca.

Una situazione che «non offre nulla se non motivo di dubbio e inquietudine». Per l’Occidente e, in particolare, per la Francia. Della «famosa lettera dei generali (su cui mi è stata chiesta un’opinione) pochi si sono dimostrati in disaccordo con la premessa iniziale: cioè che la Francia sia sull’orlo del collasso». Da qui parte la sua riflessione, da una domanda specifica: perché proprio la Francia?

Non è facile dare una risposta.. Il terrorismo islamico ha colpito in modo pesante negli anni passati «ma quei giorni sono ormai alle nostre spalle» e poi si sono registrati attacchi anche in quasi tutti gli altri Paesi europei. «A dire il vero, sarebbe difficile trovare un Paese che finora sia stato risparmiato dalla violenza islamista». Per cui, non è quello.

E nemmeno può essere «il crimine legato alla droga», che appare diffuso più o meno ovunque. Non è specifico del suo Paese e non presenta punte di pervasività così accentuate.

Il punto, continua lo scrittore, è da cercare altrove: nella demografia. «Non è solo un sintomo del declino, ma il declino stesso – il declino nella sua reale essenza». I numeri sono impietosi: l’indicatore sintetico della fecondità (numero medio di figli per donna) è crollato, in Francia, a 1,8. Un numero che «sarebbe un sogno» per altri Paesi come Italia, Spagna, Portogallo e Grecia. Qui si scende a 1,3. In Asia (o meglio nelle zone più avanzate tecnologicamente) è anche peggio: Singapore e Taiwan sono ferme a 1,2. La Corea del Sud è 1,1. Per il 2050 rischia di perdere un decimo della popolazione attuale. E per sopravvivere – scherza, «ma solo un po’» – «potrà solo cercare di annettere la Corea del Nord, che è a 1,9».

Sorprende, in questo quadro negativo, l’1,4 dei giapponesi, che di solito sono sempre i peggiori. Ma la loro situazione non è buona, anzi: rasenta la follia visto che «non si sa più dove mettere gli anziani e si pensa di custodirli nelle prigioni» e addirittura il governo di Tokyo si sente costretto a trasmettere video pornografici in prima serata «per stimolare gli appetiti sessuali delle coppie nipponiche».

In Francia non succede (per ora). Anche perché il Paese è abituato da secoli all’idea del proprio declino. Viene predicato in modo continuo almeno dai tempi di Voltaire e Rousseau e ha un nome preciso: la Cina. «Che ci sottometterà».

Insomma, la Francia è il classico malato immaginario, un eterno ipocondriaco che si lamenta delle proprie condizioni di salute (spesso in confronto con Paesi che stanno meglio – la Germania). Questo, spiega Houellebecq, è la ragione degli allarmi. Della sensazione di un crollo imminente. Della necessità, sentita da alcuni militari, di dover riprendere le armi.

Ma, insiste, non è un problema francese. Semmai è la sensibilità francese che illustra un problema «di tutto l’Occidente». Se di suicidio si tratta, è un suicidio collettivo, operato con modalità diverse. In Asia avviene in modo limpido, senza aumentare i problemi aprendo le porte all’immigrazione. In Francia avviene in modo confuso, accogliendo e ospitando persone provenienti da Paesi diversi.

Questo è il punto, qui la sostanza. L’immigrazione è un falso problema, anche se non è la «rigenerazione» propagandata da sinistra, in cui cambia il tessuto etnico ma rimangono inalterati i valori. Il punto è la fine.

E anche se ci sono alcuni francesi (il 45%) che parlano di «guerra civile», cui sarebbero pronti per difendere i propri valori, la verità è che sono soltanto dei fanfaroni. «Per fare una guerra bisogna essere in due. E i francesi sono forse pronti a prendere le armi per difendere la loro religione? Non c’è l’hanno più da un pezzo. E in ogni caso la loro ex religione è quella in cui devi offrire la gola alla spada del nemico».

O sarebbe forse «una guerra per difendere la cultura, lo stile di vita, il sistema di valori? Ma di cosa stiamo parlando davvero? Anche supponendo che qualcosa di simile esista, vale la pena di combattere per difenderla? La nostra “civiltà” possiede ancora qualcosa di cui essere fieri?».

Lo sguardo – qualcuno si sorprende – è negativo. L’Europa è di fronte a una svolta. Ma cosa succederà è difficile dirlo. Lo stesso Houellebecq, del resto, vede solo oscurità intorno a sé.

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