«Molti italiani in questo gruppo sono proprietari, general manager o comunque dipendenti di aziende (italiane e non) localizzate in Cina che non possono rientrare a svolgere il proprio lavoro per mancanza di voli e vaccini. Altri ancora hanno perso il lavoro in Cina a causa dell’impossibilità di rientrare. Alcuni si trovano con le famiglie divise tra Italia e Cina da quasi un anno». Così recita la petizione che un gruppo di italiani ha indirizzato all’Ambasciata e ai Consolati italiani in Cina e alla Farnesina. Il messaggio è chiaro: ci sono un sacco di persone che, bloccate in Italia, non stanno riuscendo a tornare nel Paese dove vivono, studiano o lavorano.
Il caso, di cui Linkiesta si era già occupata qui nei mesi scorsi, è un unicum nel suo genere. Al netto della drastica riduzione del traffico aereo per via della pandemia, infatti, Pechino ha messo in campo regole particolarmente stringenti per gli ingressi dall’estero. In particolare, per gli stranieri che vogliono entrare in Cina servono una serie di documenti, fra cui uno speciale codice verde (emesso dall’ambasciata del proprio Paese di origine) e una lettera di invito da parte del Ministero degli Esteri cinese.
Si tratta di documenti non facili da ottenere, anche se il problema principale continuano a essere i voli aerei. La Cina, infatti, ha previsto che si possa arrivare dagli altri Paesi solo tramite voli diretti. In Italia, l’unica compagnia che da diversi mesi a questa parte compie questa operazione è la Neos. Sul sito del vettore, però, i voli risultano esauriti fino a ottobre, e anche dopo quella data hanno prezzi inaccessibili. Se uno volesse acquistare un biglietto durante l’estate (c’è in media un volo a settimana, l’unica tratta possibile è Malpensa-Nanchino) dovrebbe rivolgersi a tour operator che li vendono a diverse migliaia di euro l’uno.
Nei gruppi WeChat dedicati al tema, gli italiani (circa 500) condividono informazioni e tanta frustrazione. Uno di loro, non potendo più aspettare, ha comprato per luglio un biglietto di sola andata. Costo: quasi 7.000 euro.
«La maggior parte delle persone non può permettersi di spendere queste cifre», dice a Linkiesta una fonte che chiede di restare anonima. Ma, benché il gruppo abbia più volte denunciato il problema alle autorità (inviando anche una lettera al ministro degli Esteri, Luigi Di Maio), nulla è cambiato. «Io credo che la situazione non si normalizzerà prima di metà 2022, finché non saranno organizzati altri voli. Pensavamo che d’estate sarebbero cambiate un po’ di cose, invece niente», dice ancora la fonte a Linkiesta.
Agli italiani bloccati in Italia si sommano poi quelli che, dalla Cina, non si azzardano a tornare, per timore di non riuscire poi a rientrare nel Paese. Questa situazione è resa doppiamente surreale dal fatto che i cinesi residenti in Italia, invece, non sembrerebbero avere problemi ad arrivare, stando a quanto raccontano gli italiani. Non solo: negli altri Paesi europei la situazione sembra essere tutto sommato più semplice. Sia perché la competitività sui prezzi è maggiore (più compagnie aeree operano i voli diretti in Cina), sia perché alla maggior parte dei cittadini europei, al momento, è concesso di viaggiare soltanto con il permesso di soggiorno e senza lettera di invito. Mentre l’Italia (insieme a Belgio, Regno Unito, Francia, Russia e Ucraina) rientra fra i Paesi a cui sono stati posti più requisiti.
Anche la questione dei documenti è spinosa. Ottenere una lettera di invito (il documento prende il nome di PU letter) non è semplice, bisogna avvalersi di intermediari, e si possono arrivare a pagare anche 450 euro, una cifra «raddoppiata rispetto a qualche mese fa», racconta la fonte. Ma al di là del prezzo, in molti non si stanno adoperando per ottenerla, perché il documento ha una durata limitata: appena tre mesi, a fronte di un mese necessario per produrlo. «Se non ci sono i voli è inutile farlo, perché il rischio è che nel frattempo scada», spiega la fonte. Un’alternativa rispetto alla lettera è poi il vaccino: mossi da disperazione, negli scorsi mesi alcuni hanno cercato di andare in Serbia per farsi inoculare il vaccino cinese (uno dei problemi, infatti, è che la Cina non riconosce AstraZeneca come vaccino valido). Se non fosse che, a un certo punto, il Paese balcanico ha bloccato la possibilità di fare vaccini agli stranieri, per cui anche quella possibilità si è eclissata.
Infine, la recente premiazione di Neos da parte della Camera di Commercio italiana in Cina con il premio “Panda d’oro” assegnato alle imprese italiane è stata vissuta da molti degli italiani bloccati nello Stivale come uno schiaffo in pieno viso. Un fatto cui però, fortunatamente, sta facendo da contraltare un recente sviluppo: qualche giorno fa, la stessa Camera di Commercio ha annunciato che si sta adoperando per organizzare alcuni voli charter di collegamento durante il corso dell’estate. Un primo volo sembrerebbe essere previsto a luglio, più altri due successivamente. Che si stia finalmente avvicinando l’epilogo dell’odissea degli italiani bloccati fuori dalla Cina?