M5s bis«La nostra nuova casa è quasi pronta», dice Vito Crimi. Due camere e cucina, immaginiamo

Conte si butta al centro? Si tinge di verde? Si candida in una suppletiva? Recita una parodia dell’Ulivo? Chissà. Intanto, la parola d’ordine dei tanti piccoli “Contini” che si aggirano nei Palazzi è: boh!

Foto di moerschy da Pixabay

«La nostra nuova casa è quasi pronta», dice Vito Crimi, l’unico leader di partito della storia dimessosi e mai più sostituito. «La nuova casa»: due camere e cucina, immaginiamo. È il nuovo Movimento Cinque Stelle. Hanno i nomi degli iscritti, e dunque «comincia il secondo tempo», dice uno stanco Giuseppe Conte annunciando così la fine del primo, terminato con la squadra pentastellata seppellita di gol e autogol dopo un inizio promettentissimo, il boom alle elezioni del 2018. Tutto finito. Minuto dopo minuto, dopo quel voto, è andato tutto male.

Come ha scritto Massimiliano Panarari, il Movimento Cinque Stelle è diventato il Movimento Cinque schegge. Che poi sono anche più di cinque: un formicaio impazzito. Un fuggi fuggi “da destra”, se è possibile usare queste categorie, sul quale sabato Davide Casaleggio ha messo il cappello, annettendosi in modo macabro il presunto volere del padre Gianroberto. È finita in farsa, con il pagamento di una lauta buonuscita, una contestazione poco amichevole finita con i soldi come in un incidente d’auto.

Et voilà, dopo i popcorn (non aveva tutti i torti, Matteo Renzi) eccoci al secondo tempo. Che dovrebbe vedere un primattore assoluto, l’avvocato del piano di sopra, avv. prof. Conte Giuseppe, l’uomo che ha governato con la destra e il giorno dopo, senza battere ciglio, con la sinistra finendo in entrambi i casi in un disastro. Ma che partito sarà, quello dell’avvocato (e del temibile concorrente Luigi Di Maio, novello Beccaria fra i marmi della Farnesina)? La risposta che viene subito alla mente è semplice: boh!

Adesso che è scoppiata la moda di andare al centro (la imputano persino a Matteo Salvini, qualcuno addirittura a Giorgia Meloni – vedi il suo consigliere Alessandro Giuli su Libero), si ipotizza un nuovo M5s che copre il fianco “moderato” di un centrosinistra trainato a sinistra dal Partito democratico di Enrico Letta, secondo una divisione dei ruoli che suona come la parodia dell’Ulivo e che ricalca invece uno schema politico da prima elementare. Quanto varrà, questo nuovo soggettino? Arriverà al 10 per cento? Si accettano scommesse.

Conte, uno Zelig della politica che istintivamente indossa la casacca che gli conviene – o che crede gli convenga – stavolta dovrebbe tingere la sua attitudine trasformista un pochino di verde, che sta bene con tutto, così da rifarsi una verginità in qualche modo progressista, aiutato in questo da un ministro degli Esteri sempre più vicino alla casa del socialismo europeo per gentile intercessione del Nazareno, che lo apprezza ancor di più dalla “svoltina garantista” con tante scuse all’ex sindaco di Lodi, Simone Uggetti.

Addirittura potrebbe darsi – in attesa di un chiarimento da parte di Letta – che il Pd intenda mandare Conte in Parlamento grazie a una vittoria, sulla quale non scommetteremmo un cent, in un collegio di Roma dove a ottobre ci saranno elezioni suppletive, un grande collegio popolare conquistato nel 2018 dal M5s sull’onda dell’antipolitica, onda che nel frattempo è diventata una increspatura, almeno nella forma che aveva assunto ai tempi del vaffa.

Sarebbe un secondo tempo tristissimo se l’ex presidente del Consiglio dovesse essere battuto da un Carneade riformista o della Meloni, cosa più che possibile, e già li sentiamo i cittadini di Primavalle protestare contro il candidato con la pochette venuto da Foggia a nome di un ex Movimento nel frattempo disintegratosi come quelle navicelle nello spazio finite fuori orbita, un Movimento triste con una come Paola Taverna impossibilitata dal rivolgersi ai deputati del Pd con il poco parlamentare epiteto “siete delle merde” ma cosa non si fa per tirare avanti.

E così vedremo tanti piccoli “Contini”, a immagine dell’avvocato dell’ex popolo, aggirarsi per i Palazzi sperando di rifarsi una verginità in tempo per le prossime elezioni, e lo stesso Vito Crimi che sette anni fa alzava i pugnetti gridando «Ro-do-tà, Ro-do-tà» senza aver letto una riga di quell’insigne giurista questa volta sulla partita del Quirinale non metterà becco. È il secondo tempo, bellezza.

Diciamo la verità, Casaleggio jr., come ieri Alessandro Di Battista, dal loro punto di vista non hanno tutti i torti. Il Movimento rivoluzionario inventato da Beppe Grillo, oggi padre disperato, si è autodistrutto e più non tornerà, e Giuseppe Conte ne è il becchino più che il notaio che ne certifica la morte. In più, pretendendo di proseguire su quella stessa strada che fu a suo modo gloriosa con un’utilitaria di terza mano laddove correva con una Maserati e chiama questo calvario “secondo tempo”, quando invece è già entrato negli spogliatoi.