Pac o non pacAccordi e disaccordi sulla nuova intesa agricola europea

Dopo tre anni di negoziati, il Parlamento, il Consiglio e la Commissione dell’Ue hanno trovato la quadra sulla gestione di oltre 350 miliardi di finanziamenti che saranno destinati, dal 2023 al 2027, al settore primario

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Alea iacta est. Dopo tre anni di negoziati, il trilogo di Parlamento, Consiglio e Commissione europei ha raggiunto l’accordo sulla riforma della Politica agricola comune (Pac) 2023-2027. L’intesa permette di sciogliere i nodi per la gestione degli oltre 350 miliardi di finanziamenti europei destinati al settore agricolo: una cifra che corrisponde al 30 per cento del budget totale dell’Unione europea (nella scorsa programmazione finanziaria, 2013-2020, era il 40 per cento).

«Mi riempie di grande soddisfazione poter affermare che ce l’abbiamo fatta», ha twittato il Commissario europeo all’agricoltura Janusz Wojciechowski, per poi aggiungere: «Su alcuni punti avremmo potuto desiderare un risultato diverso, ma nel complesso penso che possiamo essere contenti dell’accordo che abbiamo raggiunto».

In base ai risultati dell’intesa, osteggiati dal mondo ambientalista, il 25 per cento degli aiuti diretti riconosciuti agli agricoltori sarà vincolato al rispetto di buone pratiche ambientali che, stabilite a livello europeo, ciascun Paese membro dovrà poi inserire nel proprio piano strategico.

Degli aiuti miliardari che la Pac distribuirà agli agricoltori solo una piccola parte sarà indirizzata alla conservazione della natura, alla tutela dei suoli e alla riduzione delle emissioni climalteranti. Saranno gli eco-schemi a legare una quota dei pagamenti per il sostegno al reddito degli agricoltori a misure climate-friendly: il 20 per cento di questi fondi sarà destinato a pratiche ecologiche fino al 2025, per poi salire al 25 per cento (il Parlamento europeo aveva proposto il 35 per cento, la società civile il 50 per cento). Le critiche vertono sul fatto che un terzo del bilancio europeo rischia di non poter essere utilizzato per fronteggiare la crisi climatica, di cui l’agricoltura è insieme vittima e, in parte, responsabile.

Come ha spiegato a Domani l’associazione Terra!, in questo modo «vincono gli Stati che si riservano ulteriori sconti sulla spesa per eco-schemi grazie alle cosiddette “flessibilità”: basterà utilizzare per misure ambientali il 30 per cento dei fondi destinati allo sviluppo rurale per ridurre la quota di eco-schemi anche della metà. Visto che oggi, in media, oltre il 40 per cento del secondo pilastro (lo sviluppo rurale) è già impiegato dagli Stati membri per misure definite “ambientali”, agli eco-schemi possiamo già idealmente applicare un altro taglio orizzontale. Senza contare che nell’elenco di queste misure per il clima proposto da Bruxelles rientrano l’agricoltura di precisione e il benessere animale, che non hanno un impatto diretto sulle emissioni».

Un’altra critica, questa volta avanzata dalla coalizione “Cambiamo agricoltura”, riguarda la logica delle sovvenzioni erogate, che confermerebbe lo status quo, rimanendo basata sugli ettari di produzione. In questo modo, il rischio è di «confermare l’attuale situazione secondo cui l’80 per cento dei sussidi è destinato al 20% delle aziende agricole più grandi».

Secondo l’europarlamentare dei Verdi Eleonora Evi, «l’accordo raggiunto dalle istituzioni europee rappresenta uno schiaffo alle ambizioni ambientali e climatiche europee, slegando un terzo del bilancio comunitario dal rispetto degli obiettivi del Green deal europeo e un assegno, pressoché in bianco, alla lobby dell’agribusiness. Questo accordo conferma il disastroso status quo in cui grandi aziende agricole che praticano un modello di agricoltura industriale insostenibile ricevono la maggior parte dei sussidi PAC, a discapito dei piccoli agricoltori che, lasciati con le briciole, continuano a sparire a vista d’occhio».

Per l’Italia, l’intesa europea vale circa 34 miliardi fino al 2027, per poi salire a 50 se si considera il cofinanziamento nazionale dei fondi per lo sviluppo rurale, che comunque fa registrare un -15 per cento rispetto alla passata programmazione, secondo le stime di Confagricoltura, a fronte di un taglio medio europeo del 10 per cento. Entro l’anno, il nostro Paese dovrà definire il Piano strategico nazionale, in accordo con le Regioni, per l’attuazione della riforma. Un apprezzamento diffuso riguarda invece il vino. Infatti, entro la fine del 2021, le bottiglie che lo contengono dovranno riportare in etichetta il contenuto energetico e, grazie a un Qr Code, il consumatore potrà documentarsi sugli ingredienti e sugli eventuali prodotti allergenici, grazie all’avvio dell’etichettatura digitale e-label.

In ogni caso, l’accordo sulla Pac, che arriva oggi sul tavolo del Consiglio dei ministri dell’Agricoltura, sarà approvato dopo l’estate dalla Commissione Agricoltura del Parlamento e, infine, in plenaria.

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