Rimescolare le bolleL’aula da ridipingere, i genitori accomodanti e la scuola che finisce anche quest’anno

La riunione di classe fa il punto, due anni difficili sono passati e forse si prospetta qualcosa che somiglia al ritorno della normalità. Che, con ogni probabilità, si porta via anche il doposcuola: una decisione deplorevole

di Note Thanun, da Unsplash

Eccoci qua, tiriamo le somme, colleghiamoci via Zoom per l’ultima riunione di classe, con serenità alle 17 di un martedì, non mi è chiaro perché tutti si colleghino da casa alle 17 di un martedì, sarà uno sfondo finto.

Quest’anno è andata di lusso, c’è da baciarsi i gomiti signori genitori, abbiamo costruito un museo, anche se nessuno dei vostri figli sapeva cosa fosse un museo.

Sgomento mio, impallidire degli astanti nei salotti buoni di nonna Speranza, ecco che vengono fuori gli altarini, ecco che non siamo tutti teatro-canzone e mostre di Enzo Mari, e allora ditemi dove avete comprato quelle belle borsine di tela con sopra Banksy, lo sapete scrivere Banksy senza cercare su Google? Nemmeno io.

Ora, io non ho mai portato mio figlio al museo, io non frequento musei, così come non mi piace viaggiare, voglio stare a casa, voglio stare a Milano, voglio stare dentro la circonvallazione, cosa hanno inventato Internet a fare se non posso guardare un Michelangelo da casa.

Tra un “non ti sento” e un “non ho detto niente” nella mia mente appare Carmelo Bene alla Madonna che mi ricorda che solo i principi potevano vedere un Velasquez, che non è cosa per le masse, che «l’abuso d’informazione dilata l’ignoranza con l’illusione di azzerarla». CB, è stato un anno difficile. CB, mi dispiace. C’è questo verbale del nostro scontento da redigere, tra un «Com’era quella mostra? Mi è dispiaciuta moltissimo» e l’altro. Andiamo avanti, andiamo varie ed eventuali.

È stato un anno difficile, ma bravi tutti. Siamo in ballo da due anni che bisogna ridipingere l’aula. È da due anni che cerco di capire perché devo andare io a dipingere con i miei soldi se la scuola è comunale. Credete che mi sia data una risposta?

Volete sapere la risposta data? La risposta: poverini, hanno fatto tanti lavori, e il soffitto, e il riscaldamento, sono tre piani e non c’è nemmeno un Nanni Moretti a cantare “Soldi”, è una bella occasione per socializzare, è una bella occasione per guardare la pittura che asciuga, è una bella occasione, facciamo i panini. Chi mangia panini dopo i quarant’anni?

Perché sono tutti a casa alle 17 di un martedì? Perché siamo tutti così placidi, e accomodanti, e consolatori nella vita fuori da Internet? Perché diciamo “povero Comune” invece che: scusate, ma mi è dovuto.

Chiudiamo con il centro estivo, e si parla del rimescolamento delle “bolle”. Mi sembra di sognare, dicono che è il primo segnale di ritorno alla normalità, di ritorno alla vita di prima, che liberazione, che festa, ci saranno forse i paninetti al latte.

Sono perplessa, ma sono anche una personalità paranoide, quindi credo abbiano ragione ad essere molto felici. Ma.

L’anno prossimo non è previsto il doposcuola. E qua però nessuno dice “poverini”. Il doposcuola permette ai genitori di sopravvivere, non prendere tate, non dover chiedere favori ai suoceri o, peggio mi sento, ai genitori, che poi non basta una vita di vigilie di Natale passate insieme a rendere il favore.

Dobbiamo dirci che tutto questo ricade sul lavoro femminile? Diciamocelo, anche senza le statistiche sottomano.

Per mantenere le “bolle” è stato tolto il doposcuola, però nei centri estivi comunali queste bolle scoppiano, ed è ancora una volta la scena del lasciapassare A38, una condanna eterna, pare.

Sono anche disposta a dipingere l’aula mangiando un panino, che il doposcuola val bene un muro che asciuga.

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