Servizio ambientaleIl piano europeo per contrastare disoccupazione giovanile e climate change

Un’iniziativa simile, per coinvolgere con una retribuzione adeguata gli under 35 in progetti legati alla tutela del territorio, è in discussione negli Stati Uniti. Inspiegabile che non sia già nel Pnrr, dice l’eurodeputata Eleonora Evi

Da un lato c’è la disoccupazione giovanile, al 17,1% nell’Unione europea, con picchi del 38% in Spagna e 33,7% in Italia, secondo gli ultimi dati Eurostat disponibili.

Dall’altro l’emergenza climatica, che investe anche l’Europa e si traduce spesso in eventi disastrosi pure per l’economia: secondo le stime dell’Agenzia europea dell’ambiente, tra il 1980 e il 2019 gli episodi estremi legati al clima hanno causato perdite per 446 miliardi di euro.

In risposta a queste due crisi nasce l’idea del Servizio ambientale europeo, lanciata da alcuni eurodeputati italiani e destinata ai cittadini europei sotto i 35 anni che intendano impegnarsi in progetti green, magari fuori dal proprio Paese.

Cos’è il Servizio ambientale europeo

Nel giugno 2020 una proposta di Servizio ambientale fu presentata al ministro italiano dell’Ambiente dall’esponente del Movimento 5 Stelle Alessandro Di Battista e da Lapo Sermonti, esperto di cambiamento climatico dell’agenzia Onu per lo Sviluppo agricolo (Ifad). Prevedeva l’impiego di 200mila giovani under 32 per creare squadre di lavoro che si occupassero della salvaguardia del territorio e si ispirava al Civilian Conservation Corps, un programma di lavoro giovanile lanciato negli Stati Uniti dopo la crisi economica del 1929.

A marzo di quest’anno l’iniziativa è stata ribadita in un appello rivolto al presidente del Consiglio Mario Draghi e al ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani.

Il gruppo parlamentare Facciamo Eco – Federazione dei Verdi, supportato da ex politici e rappresentanti della società civile, ha chiesto di inserire nel Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano un percorso di servizio civile ambientale, questa volta riservato alle persone con meno di 34 anni.

Il progetto avrebbe dovuto essere finanziato con due miliardi del Pnrr. In entrambi i casi, la proposta non ha avuto seguito.

Nel frattempo, però, quattro eurodeputati italiani stanno provando a rimodulare il programma in chiave europea, allargando il raggio d’azione a tutti i Paesi dell’Unione.

Eleonora Evi, Rosa D’Amato, Piernicola Pedicini e Ignazio Corrao, all’epoca appartenenti alla delegazione del Movimento Cinque Stelle, presentarono a giugno 2020 un’interrogazione parlamentare per chiedere «un servizio civile per la prevenzione ambientale».

Oggi la proposta si arricchisce di una petizione online, che mira a raccogliere almeno mille firme ed è rivolta sia alla Commissione che ai 27 Stati membri.

 «Con questo progetto si può dare impulso al raggiungimento degli obiettivi climatici e allo stesso tempo affrontare il dramma della disoccupazione giovanile», dice a Linkiesta Eleonora Evi, nel frattempo passata a Europa Verde. Non solo, sarebbe pure economicamente vantaggioso per le casse statali, perché «la spesa per la prevenzione consente di risparmiare nella riparazione dei danni».

Sia lei che gli altri tre esponenti politici promotori dell’iniziativa fanno ora parte del gruppo Verdi/Ale al Parlamento europeo.

I giovani impiegati nel programma avrebbero meno di 35 anni e sarebbero inquadrati in progetti di rimboschimento, riqualificazione, conservazione di fauna e flora. Ad esempio, potrebbero fornire manodopera nei terreni agricoli privati per piantare specie di alberi autoctone: una necessità sia per arginare l’erosione del suolo e dunque abbassare il rischio di frane in determinate aree, sia per ridurre le emissioni nette di gas serra, obiettivo principale della Legge sul clima europea.

Fra le attività ci sono anche il rinverdimento dei crinali, la riqualificazione delle sponde dei fiumi, il ripristino di eco-sistemi degradati, in modo da ricostituire habitat naturali idonei a diverse specie di animali selvatici, la cui popolazione è in calo costante.

Negli obiettivi rientrano pure il recupero delle aree interne e spopolate di molti Paesi, la lotta al dissesto idrogeologico e quella alla desertificazione, un problema sempre più attuale soprattutto per i Paesi del bacino del Mediterraneo.

Altro settore potenzialmente interessato dal Servizio ambientale europeo è quello dell’agricoltura biologica e dei metodi sostenibili dal punto di vista ambientale.

La Commissione europea è pronta a investire in questo comparto con la strategia «Farm to Fork» e anche la nuova Politica agricola comunitaria (Pac) prevede di destinare il 25% dei sussidi agricoli di ogni Paese agli eco-schemi, riservati a quegli agricoltori che adottano elevati standard ambientali.

«Da una parte si renderebbe più resiliente il patrimonio naturale europeo, dall’altro si incrementano le opportunità nel settore agricolo e in quello turistico», sostiene Eleonora Evi.

Secondo Coldiretti, i cambiamenti climatici hanno causato danni per 14 miliardi all’agricoltura italiana tra impatto sulla produzione e danni alle infrastrutture nelle campagne: i giovani coinvolti nel programma potrebbero costituire un aiuto a basso costo per le aziende agricole, ma senza subire condizioni di lavoro degradanti.

Il periodo di servizio sarebbe infatti «correttamente retribuito», anche se per il momento non sono state inserite cifre né percentuali.

Molto probabilmente punterebbe anche a favorire gli scambi tra Paesi dell’Unione, così come avviene con il programma Erasmus+.

La proposta non decolla

Per il momento, la proposta non sembra raccogliere particolare consenso nelle istituzioni comunitarie.

La commissaria europea alla Coesione e alle Riforme, Elisa Ferreira, ha risposto ufficialmente nell’ottobre 2020 all’interrogazione dei quattro eurodeputati italiani: «Allo stato attuale la Commissione non prevede di istituire un Servizio ambientale europeo: il Corpo europeo di solidarietà offre già opportunità di volontariato o di lavoro nell’ambito di progetti destinati ad aiutare comunità e popolazioni in tutta Europa».

Secondo Ferreira, in pratica, non c’è bisogno di un nuovo servizio perché la causa ambientale è già sostenuta dai programmi del Corpo europeo di solidarietà, cioè il successore del Servizio volontario europeo (Sve).

«La Commissione lavora attivamente nei settori della protezione dell’ambiente, della riduzione del rischio di catastrofi e dell’adattamento ai cambiamenti climatici».

Spetta alle autorità degli Stati membri, inoltre, utilizzare al meglio i finanziamenti comunitari per garantire che i progetti di tutela del territorio vengano tenuti in considerazione nella ripresa dopo la crisi del Covid-19.

«È inspiegabile che questa iniziativa non abbia trovato posto nel nostro Pnrr», dice Eleonora Evi, secondo cui un segnale incoraggiante sarebbe la risposta della presidente della Commissione a una sua lettera inviata nei giorni scorsi.

«Le misure che promuovono il coinvolgimento dei giovani in azioni ambientali concrete hanno un forte potenziale per contribuire alla transizione verde. […] Avremo sicuramente in mente queste considerazioni quando valuteremo i piani di rilancio e resilienza presentati dagli Stati membri», scrive Ursula von der Leyen, lasciando aperto uno spiraglio.

Un programma molto simile, del resto, è stato lanciato dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden: l’istituzione dei Civilian Climate Corps, che si regge su un budget di dieci miliardi di dollari e punta a creare fino a 20mila posti di lavoro all’anno, è attualmente in discussione al Congresso.

La strada in Europa è ancora lunga, ma in caso di un forte sostegno popolare alla proposta, la Commissione sarebbe di fatto chiamata a prenderla in considerazione, pensa l’eurodeputata: «Sarebbe imperdonabile sprecare questa occasione e non dimostrarci all’altezza delle sfide da affrontare».

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