Pianeta allevatoLe implicazioni del consumo non sostenibile di carne

In vista del Pre-Summit romano delle Nazioni Unite sui Sistemi Alimentari del 26 luglio, l'organizzazione ambientalista ha pubblicato il report "Dalle pandemie alla perdita di biodiversità. Dove ci sta portando il consumo di carne”, riportando alcuni dati preoccupanti sulla gestione attuale del settore alimentare

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Di tutti i sistemi umani che sfruttano le risorse naturali del pianeta, quello alimentare è il maggior responsabile della crisi ecologica in atto. A sottolinearlo è il Wwf, che in vista del Pre-Summit romano delle Nazioni Unite sui Sistemi Alimentari del 26 luglio ha pubblicato il report su quello che l’organizzazione ambientalista ha definito il “pianeta allevato”.

Con il documento “Dalle pandemie alla perdita di biodiversità. Dove ci sta portando il consumo di carne”, l’organizzazione ambientalista italiana ha puntato l’indice contro la filiera della carne, riportando alcuni dati preoccupanti: gli allevamenti intensivi sono responsabili del 14,5% delle emissioni totali di gas serra, utilizzano circa il 20% delle terre emerse come pascolo e il 40% dei terreni coltivati per la produzione di mangimi.

Il report si inserisce all’interno della campagna Food4Future di Wwf lanciata lo scorso aprile per promuovere sistemi alimentari più resilienti, inclusivi, sani e sostenibili, dalla produzione al consumo, tenendo conto delle necessità umane e dei limiti della Terra.

Dalla gestione del sistema alimentare attuale derivano delle criticità di natura anche sanitaria: «Gli animali commerciati o allevati insostenibilmente sono pericolose fonti di malattie zoonotiche, gravi minacce per il Pianeta e per la nostra stessa specie», ha spiegato il Wwf, che ha documentato come una grandissima parte delle malattie infettive che hanno afflitto e affliggono l’uomo – tra cui il Covid-19 – siano trasmesse dagli animali. Il 60% delle malattie infettive umane e circa il 75% di quelle emergenti, che hanno colpito l’uomo negli ultimi 10 anni (come la malattia del Nilo occidentale, la Sars, l’influenza suina A H1N1), sono di origine animale.

Una gestione poco sostenibile del sistema food inficia anche la biodiversità: oggi il 70% della biomassa totale di uccelli è composto da pollame destinato all’alimentazione umana mentre solo il 30% da uccelli selvatici. Tra i mammiferi, le proporzioni sono ancora più impressionanti: il 60% del loro peso sul Pianeta è costituito da bovini e suini da allevamento, il 36% da umani e appena il 4% da mammiferi selvatici.

Ogni anno vengono macellati a scopo alimentare 50 miliardi di polli, di cui circa il 70% allevati in maniera intensiva. «La quantità di carne prodotta è oggi quasi cinque volte maggiore di quella dei primi anni ‘60: in media nel mondo oggi si consumano 34,5 kg di carne a testa l’anno, ma con grandi differenze tra i Paesi. In Italia il consumo medio è di quasi 80 kg a testa quando 60 anni fa erano appena 21 kg», ha sottolineato l’organizzazione ambientalista.

«Il sistema agroalimentare porta nelle nostre case i frutti del lavoro di centinaia di milioni di persone in mare e a terra e i benefici di ecosistemi vicini e lontani. Il cibo è il sapore della vita per miliardi di persone. Eppure, proprio questo sistema, entrato negli ingranaggi voraci di sistemi economici ed industriali globali, si è trasformato in un letale nemico di foreste, oceani, biodiversità e, non ultimo, della nostra stessa salute», ha spiegato Isabella Pratesi, Direttore Conservazione di Wwf Italia. «La nostra stessa sopravvivenza su questo Pianeta ci pone oggi l’obbligo – prima che sia troppo tardi – di ripensare il nostro sistema alimentare globale a partire dagli allevamenti intensivi. Oggi se vogliamo dare un futuro al Pianeta non basta più pensare ad abbattere le emissioni di CO2 dobbiamo ridurre le “emissioni” del sistema food che sono deforestazione, perdita di biodiversità, inquinamento e distruzione di ecosistemi».

Secondo Eva Alessi, Responsabile Sostenibilità di Wwf Italia, sono necessarie soluzioni in grado di cambiare alla radice un sistema che ha un forte impatto sulla salute del Pianeta.

«Serve attuare una transizione ecologica dei metodi di allevamento e delle pratiche agricole eliminando logiche rivolte al profitto   che vedono sempre più animali allevati e prezzi sempre più bassi. Per rendere possibile la transizione ecologica della zootecnia dobbiamo porci l’obiettivo di una drastica riduzione del consumo globale di carne e derivati animali (soprattutto nei Paesi più ricchi) e di un sostanziale incremento nei consumi di alimenti vegetali come frutta, verdura, cereali e legumi».

In vista del Pre-Summit, il Wwf si è rivolto in prima battuta alle istituzioni, «perché è il momento di riconoscere che la salute degli esseri umani è strettamente legata alla salute degli animali e dell’ambiente ed è urgente mettere in atto una transizione agroecologica anche della zootecnia in cui si eliminino progressivamente gli allevamenti intensivi industriali. È necessario che l’Unione europea e l’Italia elimino i sussidi agli allevamenti intensivi e sostengano aziende agricole che producono con metodi biologici e estensivi. Per rafforzare il biologico, in quanto strumento essenziale per rilanciare il nostro sistema agroalimentare, e favorire la sostenibilità ambientale, occorre incentivarne il consumo anche sul piano fiscale, attraverso l’applicazione di un’aliquota Iva agevolata al 4%. Per realizzare questa transizione è inoltre indispensabile una comunicazione chiara e trasparente in etichetta affinché i consumatori possano conoscere il metodo di allevamento utilizzato e il livello di benessere animale».

Ma l’organizzazione ambientalista ha lanciato un messaggio anche ai consumatori, raccomandando una riduzione del consumo di carne, la scelta di carne di migliore qualità, e l’impegno a pagare il giusto prezzo per ogni prodotto. «Mangiare carne tutti i giorni, o più volte al giorno, non è salutare né per noi né per l’ambiente, così come comprare carne a basso prezzo: nessun allevamento rispettoso dell’ambiente e del benessere animale potrà soddisfare questi ritmi di consumo. Ogni volta che compriamo della carne a basso costo, ci sarà qualcuno o qualcosa che paga per noi i pericolosi impatti di quel prodotto», ha sottolineato Eva Alessi.

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