A prima vista la città di Chicago, la terza più grande degli Stati Uniti per popolazione, sembra al riparo dai disastri del cambiamento climatico. Si trova all’interno del Paese, lontano cioè dagli oceani che si alzano in maniera preoccupante, a una latitudine abbastanza settentrionale e soprattutto costruita sul limitare di una immensa riserva di acqua – i Grandi Laghi e il bacino del Mississippi – che assicurano un rifornimento continuo e costante.
Tuttavia è proprio questa sua ultima caratteristica a metterla più in pericolo.
Come spiega questo sorprendente long-form del New York Times, il futuro di Chicago sarebbe al sicuro se l’ambiente circostante riuscisse a mantenere lo status quo degli ultimi 300 anni, quelli della sua fondazione e della sua crescita. Le variazioni dei livelli di altezza della superficie circostante, per capirsi, devono rimanere minime. Il sistema idraulico naturale che governa i cinque Grandi Laghi della regione – ognuno versa acqua in quello sottostante – restare invariato e così deve valere per il flusso dei corsi d’acqua vicini, dal Mississippi al fiume Chicago, che attraversa la città e raggiunge il fiume Des Plaines.
Il problema è che negli ultimi anni si sono susseguiti sbalzi e irregolarità. Il ciclo naturale dei livelli delle acque (poco più bassi in estate, poco più alti in inverno) è stato sconvolto. Nel 2013 il lago Michigan si è abbassato a livelli mai registrati prima. La riva si è allungata, lasciando nel fango, isolati, i pontili. Mentre le navi non potevano ospitare tutto il carico per non finire in secca. Il timore più grande, però, era che il lago non potesse più nutrire con le sue acque il fiume Chicago, sul quale la città libera le fognature destinandole al Mississippi.
Nel 2014 il lago è tornato a crescere, ma a una velocità preoccupante, tanto da toccare il record nell’estate del 2020, per poi ritirarsi di nuovo in conseguenza della grande siccità. Questi alti e bassi hanno messo in allarme gli scienziati e gli ingegneri della città, spaventati dalle evoluzioni future. Le città costiere, hanno spiegato al New York Times, hanno un destino chiaro: i livelli delle acque potranno solo salire e dovranno, di conseguenza, adeguarsi. I laghi invece possono sia diminuire che crescere, a seconda delle combinazioni climatiche, e Chicago non sa prevedere quale sarà il suo futuro.
Il meccanismo alla base di questi meccanismi è abbastanza semplice. I Grandi Laghi, come tutti, ricevono acqua dalle nevi che si sciolgono e dalle piogge, e la perdono riversandola in altri laghi o in altri fiumi, oltre che con l’evaporazione. L’equilibrio di questi elementi è stato sconvolto negli ultimi anni dall’influsso del cambiamento climatico.
Dagli anni ’90 il bacino dei Grandi Laghi ha ricevuto più precipitazioni rispetto alla media, e negli ultimi cinque anni si sono registrati picchi di pioggia: non è un caso, del resto, che la temperatura dell’aria sia cresciuta, aumentando da un lato i livelli dell’acqua anche perché può trattenere una quantità maggiore di umidità, ma dall’altro accrescendo l’evaporazione.
L’equilibrio tra evaporazione e precipitazione è sembrato dare ragione alla prima. Nel giro di qualche anno l’acqua del lago è diminuita, soprattutto perché d’inverno il ghiaccio è diventato più sottile, respingendo di conseguenza meno luce e contribuendo così all’aumento del riscaldamento.
Nel frattempo però il vortice di aria fredda intorno al Polo Nord ha mutato le carte in gioco, influendo sulla temperatura della zona dei Grandi Laghi, allargando lo spessore dei ghiacci invernali e favorendo le precipitazioni. I livelli delle acque erano tornati a salire. Anche troppo.
Di fronte a questa situazione Chicago è in difficoltà. La città sorge su una antica una zona paludosa che separava il bacino del Mississippi al sistema dei Grandi Laghi. Nel XVIIII secolo fu costruito un canale, nel mezzo, per unirli. Il collegamento si rivelò una mossa fondamentale per favorire la nascita di nuovi traffici, portando a una rapida espansione della città. Ma la sua posizione provocò diversi problemi, tra cui la mancanza di uno scolo delle fognature, impossibili da costruire su un terreno che non aveva profondità. La soluzione fu eroica e ingegnosa: prima di tutto si sollevò, in senso letterale, tutta la città di un piano, e tra la superficie e i palazzi venne costruito il sistema di fogne. Dopodiché si decise di invertire il corso del fiume Chicago, che affluiva nel lago Michigan, facendo diventare invece un suo emissario, diretto nel Mississippi. Le fogne non sarebbero andate a riversarsi nel lago, da cui invece proviene l’acqua utilizzata per bere, con il rischio di contaminarlo.
Fu un lavoro di ingegneria gigantesco, che risolse gran parte dei problemi della città. Non li annullò, però: le tempeste più forti rischiavano comunque di fare esondare le fogne e il fiume Chicago, per cui vennero creati degli enormi recipienti nel terreno dove far confluire l’acqua piovana. Quando anche questi si rivelavano insufficienti, pur di evitare l’inondazione del centro, si apriva la chiusa che separa il lago dal fiume, lasciando scorrere l’acqua in eccesso – in quelle situazioni il fiume si gonfia così tanto che superare il livello della superficie del lago, di solito più alto.
Il sistema era collaudato e dagli anni ’70 in poi, arricchito da una serie di canali, dighe e tunnel pensati per attenuare ogni problema. Il 17 maggio 2020 però si capì che non sarebbe bastato. Una serie di tempeste si era abbattuta sulla città, riempiendo i serbatoi nel terreno e colmando tutti i canali di scolo. Una situazione critica, che si trasformò un disastro con l’arrivo di una nuova perturbazione. Ingrandito dalla piogga, i livelli del fiume cominciarono a tracimare e arrivarono presto al livello di guardia: il metro d’altezza (2 piedi e mezzo) rispetto al suolo, situazione in cui si può aprire la chiusa e riversare l’acqua nel lago.
Il problema, però, era che non si poteva fare: anche il lago, in quella stagione, aveva raggiunto livelli altissimi, ben sopra il metro. Aprire avrebbe significato inondare la città. Fu necessario allora aspettare che la superficie del fiume salisse ancora. L’attesa durò qualche ora, almeno finché il livello della piena non toccò il metro e 40 centimetri. A quel punto fu possibile azionare i meccanismi della chiusa e far scorrere l’acqua del fiume nel lago, chiudendo tutto subito dopo. L’operazione – di solito una soluzione definitiva – venne ripetuta più volte, ogni volta aspettando che la superficie del fiume superasse, in altezza, quella del lago.
La conta dei danni fu gigantesca. L’acqua aveva inondato la Lower Wacker Drive, l’arteria più grande della città, ha fatto saltare la centralina elettrica della Willis Tower (uno dei grattacieli più alti del mondo), andando a spegnere le luci di segnalazione per gli aerei, ha colpito interi quartieri, penetrando nelle cantine e nei seminterrati. Le chiamate al centralino per le urgenze furono oltre 1.500.
Ciò che preoccupa di più gli abitanti di Chicago è che un evento del genere può ripetersi. Avere più casi di maltempo in pochi giorni è normale, come è da aspettarsi che le acque del lago siano sempre più alte. L’obiettivo, al momento, è quello di trovarsi di nuovo in situazioni di emergenza. Ma studiare una strategia di lungo periodo è difficile: come si diceva, le città costiere conoscono già il loro destino. Chicago, sottoposta agli effetti imprevedibili sui Laghi determinati dagli sbalzi climatici, può aspettarsi di tutto.