Cinquecento nuovi posti disponibili per un totale di quattromila studenti, dal 30 al 100 per cento delle spese coperte e la possibilità di seguire un percorso formativo volto a preparare per il mondo del lavoro, in aggiunta agli studi universitari. È l’offerta dei Collegi universitari di merito, enti spesso centenari, che si propongono di fornire un’esperienza e una formazione di qualità a giovani meritevoli, contribuendo a formare la classe dirigente del futuro.
Da questa settimana sono aperti i bandi di iscrizione ai 53 Collegi italiani. «L’articolo 34 della Costituzione dice che gli studenti più meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto a raggiungere i gradi più elevati degli studi. I collegi universitari accolgono gli studenti meritevoli indipendentemente dalle condizioni di censo, si fanno carico nella maggior parte dei casi delle spese di mantenimento degli studenti, e offrono loro un percorso privilegiato che consente di unire da un lato al percorso curriculare attività extracurriculari, e d’altro canto offrono loro la possibilità di vivere in un contesto di comunità, insieme ad altri compagni universitari, con una serie di servizi e nel rispetto delle misure di sicurezza», spiega a Linkiesta Vincenzo Salvatore, presidente della Conferenza dei Collegi universitari di merito (Ccum).
I Collegi universitari non hanno mai chiuso durante la pandemia, e anzi durante il 2020 hanno ricevuto un aumento delle richieste di ammissione del 12 per cento. Un indizio che ricorda l’importanza della socialità per i giovani universitari, rimasti isolati più a lungo di altri durante la pandemia. Ora, su questo fronte sembra ci si possa finalmente avviare a tirare un sospiro di sollievo: di recente, infatti, la ministra Maria Cristina Messa ha annunciato che le lezioni potranno ripartire in presenza a partire da settembre.
C’è anche un’altra buona notizia che riguarda il comparto universitario, in particolare nell’ambito degli alloggi. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza, infatti, ha previsto 960 milioni di fondi per la realizzazione di soluzioni residenziali per gli studenti. Il contributo va nella direzione di migliorare una situazione storicamente carente in Italia, dove, a fronte di 1,7 milioni di studenti universitari, 570mila studiano fuori sede, e almeno 300mila di loro sono alloggiati in appartamenti in affitto, con spese spesso molto alte. Se con la pandemia e il rientro di molti a casa si pensava che i prezzi di locazione delle abitazioni private si sarebbero abbassati, la situazione rimane ancora incerta: il rischio è che gli studenti abbiano pochi incentivi a rientrare fisicamente nelle città dove frequentano l’università.
Le città che ospitano i Collegi universitari di merito, però, offrono un vantaggio strategico, spiega Salvatore: «I Collegi appresentano un polo di attrazione per le università, a patto che le università mantengano una qualità elevata nella didattica e nella ricerca. Allo stesso tempo l’università beneficia della presenza dei Collegi, che costituiscono un catalizzatore per gli studenti che devono andare a studiare fuori sede».
Che cosa offrono questi enti? Gli studenti che superano il concorso (basato su merito e motivazione personale) ricevono un insieme di servizi, dall’assistenza tutoriale e all’offerta di attività culturali integrative, fino a opportunità di mobilità internazionale, oltre alla possibilità di fruire di corsi specifici di preparazione al lavoro, anche legati ai grandi temi dell’attualità. «L’università non è solo un momento di trasferimento di competenze, ma è un’esperienza di vita. I Collegi di merito offrono una formazione trasversale, stimolano i ragazzi ad apprendere tecniche e soft skill e danno la possibilità di scambi con collegi universitari in altri Stati. E poi c’è la formazione integrata, con la possibilità di approfondire temi che non fanno parte del percorso universitario. Uno dei temi di maggiore attenzione, ad esempio, è la tutela dell’ambiente: diversi collegi hanno organizzato seminari sull’etica ambientale. Ci sono anche corsi sulla digitalizzazione, sull’intelligenza artificiale e sulla tutela dei dati personali, e corsi di preparazione all’accesso al mondo del lavoro, con esperienze che coinvolgono amministratori delegati di grandi aziende e personalità di spicco del mondo economico», spiega Salvatore.
Si tratta di un modello che, per un Paese intenzionato a investire sulle nuove generazioni, potrebbe essere di ispirazione per nuove e più efficaci soluzioni. «Adesso i soldi ce li abbiamo e sono tanti, il problema è come verranno spesi. Io ho la sensazione che sarebbe un errore distribuirli a pioggia. Credo che ci debbano essere dei progetti, e che questi progetti debbano essere valutati per qualità e rispetto degli standard da parte di un tavolo tecnico», spiega Salvatore. La Conferenza dei Collegi universitari di merito si è già resa disponibile a collaborare con le istituzioni in tal senso. «Noi abbiamo l’esperienza di gestione, sappiamo cosa vuol dire formare giovani di talento. L’iniziativa non può essere lasciata esclusivamente alla gestione delle realtà locali senza un programma coordinato a livello nazionale che consenta di fare un salto di qualità al nostro sistema», spiega il presidente.
In gioco non ci sono unicamente le risorse. «Noi ci giochiamo la reputazione, l’Unione europea ci guarda con attenzione. Siamo penultimi o terzultimi per laureati, dobbiamo innalzare il livello di formazione e capire se questo ritardo è legato alla carenza dell’offerta. Poi però abbiamo anche dei dati in controtendenza, perché il 97.5 per cento degli studenti che escono dai Collegi universitari di merito trova occupazione entro un anno dalla laurea, e di questi il 50 per cento entro 3 mesi dalla laurea», puntualizza Salvatore. «Il merito premia, questo è un messaggio che va diffuso ed enfatizzato, perché siamo in grado di offrire al mercato persone qualificate. I nostri non sono collegi per ricchi, ma un’élite culturale che prescinde dalle condizioni di provenienza».
È sulla base di questi tratti distintivi che la Conferenza dei Collegi universitari di merito auspica di diventare parte attiva nello sviluppo dei progetti del Pnrr. «Ci sono realtà, come il collegio Borromeo di Pavia, che esistono da più di 450 anni. Noi sappiamo come promuovere la formazione del merito, e vorrei che questo patrimonio potesse essere messo al servizio di chi vuole formare giovani di qualità. Confido che i collegi siano coinvolti nel piano di sviluppo delle strutture universitarie e, più in generale, in questa grande sfida. Noi non dobbiamo diventare un Paese che esporta cervelli, ma dobbiamo diventare attrattivi per i cervelli provenienti dall’estero. Se le famiglie del mondo ambiscono a mandare i propri figli a studiare a Stanford, Harvard o Yale, noi vorremmo che mandare i figli a studiare in Italia diventasse un elemento di attrattiva del nostro Paese».