Plenaria verdeSuccessi e insuccessi dell’ultimo incontro tra i ministri dell’ambiente del G20

Ospitata dal ministro per la Transizione Ecologica Roberto Cingolani, la due giorni di confronto tra i Paesi più potenti del mondo si è conclusa con due accordi relativi alla tutela ambientale e alle strategie per contrastare la crisi climatica. Un appuntamento che, sostanzialmente, ha confermato i punti salienti dell’accordo di Parigi

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Dal 22 al 23 luglio Napoli ha ospitato l’incontro dei ministri di ambiente, clima ed energia dei Paesi del G20. Il compito di fare gli onori di casa è spettato al ministro per la Transizione Ecologica Roberto Cingolani.

La prima tornata di consultazioni si è conclusa con l’approvazione di un comunicato congiunto «particolarmente ambizioso che individua dieci linee di intervento che riflettono la visione del Pnrr italiano: soluzioni naturali per il clima, lotta al degrado del suolo, sicurezza alimentare, uso sostenibile dell’acqua, tutela degli oceani, lotta alla plastica in mare, uso sostenibile e circolare delle risorse, città sostenibili, educazione, finanza verde – ha spiegato Cingolani – È la prima volta che queste categorie vengono riconosciute dal G20 e diventano vincolanti».

Per quanto riguarda la biodiversità si è parlato di tutela del capitale naturale e ripristino degli ecosistemi con soluzioni basate sulla natura, difesa e ripristino del suolo, tutela delle risorse idriche, degli oceani e dei mari compresa la prevenzione e la riduzione dei rifiuti plastici marini. Riguardo l’uso efficiente delle risorse ed economia circolare, il G20 si è focalizzato su tessile e moda sostenibili, città circolari, istruzione e formazione.

Per la prima volta sono stati riconosciuti i risultati del recente rapporto IPBES e IPCC lanciato il 10 giugno sul legame tra biodiversità e cambiamento climatico. Riguardo la finanza sostenibile, i ministri si sono concentrati su specifiche esigenze di finanziamento per la protezione e il ripristino degli ecosistemi come contributo al lavoro del G20 sulla forma futura del sistema finanziario globale.

L’ultimo giorno, invece, il confronto, focalizzato su clima ed energia, i temi più controversi, si è concluso con un documento finale congiunto che, di fatto, si limita a confermare i punti fermi dell’accordo di Parigi senza trovare l’intesa su quelli più vincolanti. Infatti, tanto l’impegno a mantenere, al 2030, il surriscaldamento globale entro i 1,5 gradi, quanto quello di eliminare il carbone dalla produzione energetica al 2025 sono stati rinviati al G20 dei capi di Stato e di governo. Se Usa, Europa, Giappone e Canada erano favorevoli a mettere nero su bianco ulteriori sforzi in questa direzione, India e Cina non hanno mostrato la stessa intenzione.

Altri Paesi, come Brasile e Arabia Saudita, si sono opposti all’abbattimento delle emissioni 2050, chiedendo vincoli più soft rispetto a quelli prospettati dall’accordo del 2015.
«Nessuno dei G20 ha messo in dubbio gli accordi sul clima di Parigi. Ma il messaggio che arriva alla Cop26 è che Paesi come Usa, Europa, Giappone e Canada vogliono fare di più, accelerare. Altri economicamente non ce la fanno, e preferirebbero ribadire quanto scritto nell’Accordo di Parigi» in un decennio, ha spiegato il ministro Cingolani.

I Paesi del G20 concordano nell’aumentare gli aiuti ai Paesi in via di sviluppo: a tal fine rimane centrale il ruolo dell’impegno finanziario da 100 miliardi, previsto dall’accordo di Parigi, da incrementare fino al 2025. Un ruolo, per l’aumento di questi fondi, l’avranno in particolare le istituzioni finanziarie per lo sviluppo.
Parallelamente, tutti i Paesi sono attivi nella transizione energetica totale, impiegando i 2 miliardi di dollari delle risorse dei Climate Investment Funds (CIFs). Il G20 ha ricordato anche il grande potenziale delle energie rinnovabili offshore, dell’energia oceanica e della possibilità di implementare questo tipo di tecnologia.

A proposito della ministeriale G20 di Napoli si è espresso il Wwf, manifestando apprezzamento per il riferimento al Leaders’ Pledge For Nature, l’appello per la natura sottoscritto da 88 Paesi, e all’obiettivo di tutelare il 30% di aree marine e terrestri. «Buono – ha dichiarato l’organizzazione ambientalista – anche il riferimento alla necessità di attuare le cosiddette Nature Based Solutions, cioè il ripristino e il restauro degli ambienti naturali per far fronte ai problemi climatici e non solo. Buono anche il richiamo alla tutela degli ecosistemi e alla necessità di sforzi multilaterali per la loro protezione e per la gestione sostenibile e il recupero degli ecosistemi degradati. Importante il varo di un ambito di dialogo permanente del G20 sull’acqua, per la gestione sostenibile delle risorse idriche anche tra Paesi confinanti: da anni l’acqua è materia di conflitto, anche armato, tra gli Stati».

In riferimento alla seconda giornata di confronto, dedicata a clima ed energia, il Wwf ha dichiarato di augurarsi che il Summit dei leader G20 a fine ottobre manifesti una volontà politica più decisa e raggiunga orientamenti che diano impulso alla sede legittima delle decisioni tra tutti i Paesi del mondo, quella multilaterale della COP26 a Glasgow. «Anche sui punti su cui un comunicato della presidenza registra il mancato accordo – fissare una data per eliminare il carbone, interrompere il finanziamento pubblico internazionale della produzione di energia a carbone ed eliminare gradualmente i sussidi inefficienti ai combustibili fossili entro una certa data – il dibattito svolto potrebbe consentire un positivo passo in avanti da parte dei leader», ha fatto sapere l’organizzazione ambientalista.

Come ha ricordato la segretaria generale dell’Unfccc Patricia Espinosa, il G20 pesa per l’80% di tutte le emissioni globali. «Proprio per questo non esiste una via verso il mantenimento del surriscaldamento globale entro gli 1,5 gradi senza il G20».

Secondo il ministro Cingolani, se quattro mesi fa i Paesi che non volevano neppure sentire parlare di questi argomenti ora hanno firmato questi accordi è perché c’è stata una evoluzione nella consapevolezza dell’attuale, incontestabile, crisi climatica, «una curva di apprendimento passata anche attraverso le catastrofi» come le recenti alluvioni che hanno funestato l’Europa oppure ancora gli incendi boschivi che dall’America occidentale alla Siberia hanno polverizzato milioni di ettari di polmoni verdi. Tra i più fidati e potenti alleati nel contrasto al climate change.

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