Circolo viziosoPerché continuano gli incendi nei boschi della Siberia

Siccità e temperature record hanno riportato una delle aree solitamente più fredde del globo a combattere con le fiamme, che stanno soffocando i centri urbani della Jacuzia. Problema ancora più preoccupante è che questi eventi straordinari stanno diventando la normalità

LaPresse

Dopo il Canada e l’Oregon, ora è la Siberia ad ardere. Il fuoco ha polverizzato oltre 1,5 milioni di ettari, soprattutto nella regione della Jacuzia, un’area di 3 milioni di chilometri quadrati nell’estremo nordest dell’Asia che quest’anno ha visto salire la colonnina di mercurio a 39 gradi. Un record per queste latitudini.

Gli incendi stanno stringendo i centri urbani in una cortina di nebbia, spingendo l’aeronautica russa ad impegnarsi in 18 voli per riversare 36 tonnellate d’acqua sui roghi diffusi nel distretto di Gorny. Giovedì 22 luglio l’esercito russo è stato schierato per contenere i violenti incendi della regione.

L’eccezionalità di questi eventi si sta trasformando in normalità: meno di un anno fa, i roghi che hanno colpito la Jacuzia hanno rilasciato nell’atmosfera una quantità di anidride carbonica pari a quella generata dall’utilizzo di carburanti fossili dell’intero 2018 in Messico. Ma la stagione attuale si profila perfino peggiore.

La gravità della situazione ha spinto il presidente Putin ad ammettere che chi ritiene che il cambiamento climatico sia legato all’attività umana lo fa «non senza ragione», e che «dobbiamo ridurre al minimo l’impatto che abbiamo».

Gli abitanti della regione sono tuttora esposti a livelli pericolosi di inquinamento atmosferico tanto che, come riporta il Siberian Times, le autorità locali hanno spinto i 320 mila residenti della zona a rimanere in casa. I livelli di particolato atmosferico sono eccezionalmente elevati, e si teme che nell’aria ci siano anche alte concentrazioni di sostanze chimiche come ozono, benzene e acido cianidrico.
I dati satellitari non sono rassicuranti: negli ultimi giorni i livelli di PM2.5, hanno superato i mille microgrammi per metro cubo, oltre 40 volte la soglia limite raccomandata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

«Come per fenomeni simili a questo, anche nel caso siberiano alla base non c’è un’unica causa. Certamente però sussistono determinati elementi che facilitano la diffusione degli incendi boschivi, soprattutto quelli più grandi: mi riferisco a siccità e aumento della temperatura», ha spiegato a Greenkiesta il climatologo Luca Mercalli.

Un bosco che beneficia di un clima fresco e piovoso non prende fuoco ma se sottoposto a metà di siccità e caldo può diventare una torcia pronta a incendiarsi, ha sottolineato lo scienziato. «Certamente il riscaldamento globale aumenta la frequenta di queste condizioni, che hanno dato vita agli incendi in Australia, California e più recentemente Canada e Siberia ma anche sul Gargano qualche anno fa oppure ancora ad Atene – ha continuato Mercalli – A causa dell’incremento delle temperature anche le immense foreste siberiane vanno incontro a delle condizioni di rischio sempre più frequenti».

Differentemente da un fulmine che si abbatte su un albero o di un mozzicone di sigaretta gettato tra i rovi, il cambiamento è causa indiretta degli incendi perché causa ondate di calore e siccità che facilitano lo scoppio di un incendio e il suo divampare.

Secondo il fisico del clima Antonello Pasini, il problema è l’incremento medio della temperatura globale, che favorisce il proporsi di eventi estremi a causa del mutamento della circolazione atmosferica alle medie latitudine, dove l’aria si sposta da ovest verso est con delle ondulazioni nel flusso atmosferico. «Da alcuni decenni – ha spiegato lo scienziato a Greenkiesta – con l’impatto del riscaldamento globale di origine antropica si è espansa verso nord la circolazione atmosferica equatoriale-tropicale, un problema che si somma allo scioglimento dei ghiacciai artici, che fa sì che queste ondulazioni diventino sempre più profonde: un impulso di aria calda meridionale che sale verso nord e che causa i recenti disastri in Oregon e Canada e parallelamente, per compensazione dell’aria, un’altra onda molto lunga che porta il freddo polare verso sud».

Il problema, ha spiegato Pasini, sta nel fatto che queste configurazioni, le onde lunghe, sono quasi stazionarie. «E allora questo caldo permane per molti giorni così come l’aria artica permane spinta verso sud per diverso tempo. Questo induce ondate di calore molto persistenti, come quelle in Canada, Siberia ma anche ondate di tempo perturbato persistenti: non è un caso se la Germania ha registrato tanti danni. Lì le perturbazioni sono rimaste stazionarie per molto tempo. Da un lato le precipitazioni sono più violente perché c’è più energia in atmosfera e l’aria è più calda, dall’altro lato le perturbazioni sono più lente e dunque hanno più tempo di scaricare l’energia accumulato».

Per Pasini, gli incendi siberiani sono complicati dal fatto che coinvolgono una terra non solitamente soggetta ad eventi come questi. «È però opportuno sottolineare – ha specificato lo scienziato – che gli incendi degli anni precedenti e consecutivi facilitano il divampare di altri in futuro, in una sorta di circolo vizioso. Quello che preoccupa è che queste fiamme emettono CO2 in atmosfera e nelle parti dove è presente il permafrost il problema è ancora più grave perché capace di liberare enormi quantità di carbonio, soprattutto in termini di metano, in atmosfera con la fusione di questa parte ghiacciata. È chiaro che questa situazione ha bisogno di una soluzione che deve essere primariamente di natura politica».

Secondo Mercalli, elaborare delle strategie per prevenire questo problema non è cosa semplice. «Dotare le foreste di cisterne e stagni, ad esempio, può aiutare ma non sempre – ha concluso il climatologo – Per questo è importante agire a monte del problema, affrontando il cambiamento climatico e per fare questo dobbiamo consumare meno, rendere più sobrio il nostro stile di vita, cercare di non continuare a immettere nell’atmosfera enormi quantità di gas a effetto serra che fanno aumentare la temperatura globale, e quindi tutti i rischi che ne derivano, come gli incendi siberiani ma anche le alluvioni della Germania. Due facce della stessa medaglia».

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