Ogni anno, la Commissione europea analizza e compara i diversi sistemi giudiziari europei stilando il report EU Justice Scoreboard con tre indicatori chiave: efficienza, qualità e indipendenza dei sistemi giudiziari. Come ricorda Bruxelles, la presenza di un sistema giudiziario efficace ha anche un effetto positivo sull’economia. «Lì dove i sistemi giudiziari garantiscono il rispetto dei diritti, i creditori hanno più probabilità di prestare denaro, le imprese sono disincentivate dall’adozione di comportamenti opportunistici, i costi delle transazioni sono ridotti e le imprese innovative hanno maggiore interesse a investire», si legge nel rapporto.
La peculiarità dell’edizione 2021 è l’introduzione di alcuni nuovi indicatori relativi alla digitalizzazione dei sistemi giudiziari e alle modalità con cui i tribunali si sono adattati all’avvento della pandemia. Il coronavirus, infatti, ha limitato le attività giudiziarie, costringendo il sistema a trovare soluzioni alternative per poter continuare a funzionare correttamente.
In generale, a livello europeo il rapporto evidenzia come i limiti più forti si riscontrino sul fronte dell’indipendenza dei giudici: l’interferenza o pressione da parte del governo o dei politici è il motivo che più frequentemente fa da sfondo alla percezione di mancata indipendenza dei giudici e dei tribunali. In Italia questo è un problema particolarmente forte: sotto il profilo dell’indipendenza percepita, il sistema italiano rimane quintultimo (davanti solo a Bulgaria, Polonia, Slovacchia e Ungheria) e la principale ragione addotta è la percezione di interferenza da parte del governo e dei politici.
Eppure, se le cose fossero diverse ne beneficerebbe anche l’economia. Basti dire che, secondo alcuni studi, esiste una correlazione positiva fra la percezione di indipendenza giudiziaria e gli investimenti diretti stranieri. In più, la riduzione dell’1 per cento della durata dei processi porterebbe a un maggior tasso di crescita fra le imprese. Infine, una percentuale più alta dell’1 per cento di imprese che percepiscono il sistema giudiziario come indipendente sarebbe associato con una maggiore produttività.
Secondo un sondaggio, il 93 per cento delle imprese di grandi dimensioni afferma di monitorare costantemente le condizioni dello stato di diritto nei Paesi dove investe. Mentre un altro sondaggio evidenzia come oltre la metà delle piccole e medie imprese ritenga che un’eccessiva durata dei processi giudiziari sia la principale ragione per non intraprendere processi per violazione di diritti d’autore. Sono tutti indicatori di cui l’Italia dovrebbe tenere conto, in ottica di stimolo alla crescita attraverso i fondi del Recovery Plan (non più di un paio di giorni fa, il commissario Paolo Gentiloni ha ricordato che quella della giustizia è una delle principali riforme attese da Bruxelles).
Sul fronte dell’efficienza, gli indicatori all’interno del rapporto comprendono: il numero di casi, la durata dei processi, il tasso di liquidazione (e cioè la percentuale di casi risolti sul totale) e il numero di casi in sospeso. Secondo il rapporto, il sistema giudiziario italiano rimane uno dei più lenti in Europa: occorrono infatti in media 500 giorni per arrivare alla conclusione di una causa civile in primo grado, si sfiorano gli 800 giorni in appello e si supera abbondantemente il tetto dei 1.200 giorni in terzo grado di giudizio.
Infine, si registra rispetto agli altri Paesi una forte differenza di numeri per quanto riguarda i magistrati in carica: sono poco più di una decina ogni 100mila abitanti i giudici che operano nei tribunali italiani. Opposto, invece, il discorso relativo agli avvocati: sono 392 ogni 100 mila abitanti, dato che ci piazza al quarto posto, preceduti soltanto da Cipro, Lussemburgo e Grecia.