In “Grease” ci sono innumerevoli scene in cui le ragazze protagoniste masticano chewing gum, creano grosse bolle e per poi farle scoppiare con nonchalance. Si dice che sul set siano state consumate oltre 100mila gomme da masticare dall’inizio della produzione all’uscita del film, che è datata 1978.
In quel periodo il chewing gum era considerato una sorta di sfida all’autorità, o magari un modo per far andare su tutte le furie quelli delle generazioni precedenti. E per le donne il significato era ancora maggiore: si diceva che masticare gomme in pubblico fosse poco femminile, ad esempio.
Lo stigma sociale e l’impatto culturale delle gomme da masticare sono stati raccontati dall’Economist, in un articolo firmato da Will Coldwell che torna indietro nel tempo: «Gli antichi greci masticavano la corteccia, per secoli i Maya e gli Aztechi hanno masticato il chicle, una resina dell’albero di sapota messicana che è arrivata a New York solo nel 19° secolo. Poi gli americani hanno trovato un modo per vendere a tutti questa roba appiccicosa».
Non è stato facile, e di sicuro ci saranno stati decine di tentativi a vuoto. Ma a un certo punto il chewing gum è arrivato sul mercato e sembrava che non se ne potesse fare a meno. All’inizio l’industria della gomma usava il chicle – una gomma naturale, estratta dal latice di una pianta – come base, e a questo aggiungeva vari gusti per creare un prodotto appetibile.
Poi negli anni Cinquanta i produttori hanno iniziato a sostituire il chicle con gomma sintetica e plastica, che erano più economici. E una versione senza zucchero, che non può mai mancare.
Il problema, però, stava nel prodotto in sé. O meglio, il chewing gum era un prodotto semplice, con scarsa utilità: non ha proprietà salutari, non aggiunge nulla a una dieta, non crea dipendenza, insomma era difficile creare qualcosa di diverso dalla concorrenza, quindi era un prodotto relativamente da vendere per ogni azienda.
La risposta stava nel rendere la gomma speciale, in qualche modo. «L’idea – si legge nell’articolo – era che quel prodotto sarebbe potuto diventare qualsiasi cosa: il punto di forza della gomma Kis-Me era ovvio; Vassar, uno dei primi grandi marchi di gomme, prende il nome da un college femminile d’élite, quindi era rivolto al mercato femminile; quando la gomma si unì allo sforzo bellico entrando tra le razioni dei militari durante la Seconda guerra mondiale divenne anche patriottica».
Durante il Novecento più di un evento ha guidato, sostenuto e spinto la crescita del mercato del chewing gum. «Negli anni Quaranta si vendevano gomme alla moda in tutto il mondo. I giovani inglesi in tempo di guerra copiavano il modo di masticare dei soldati americani, sperando di replicare anche il loro atteggiamento spavaldo e spensierato. La cultura pop, comprese le star della tv degli anni Settanta, ha consolidato quell’immagine e le celebrità masticavano con orgoglio. Addirittura, nel 2004 un pezzo di gomma sputata da Britney Spears è stato venduto all’asta su eBay per 14mila dollari», racconta l’Economist.
Per decenni, la gomma da masticare è stata un simbolo di ribellione, immagine di una generazione dopo l’altra, capace di dare al masticatore un’aria audace, forse anche insolente, o magari fiera. E tutto si replicava in tv e al cinema, come in “Grease”, o come i liceali di “The Breakfast Club”.
«Ora la bolla è scoppiata», dice l’Economist. Il chewing gum non ha più l’appeal di prima. C’entra anche la pandemia: tra mascherine, uscite all’aperto ridotte al minimo e ingressi nei locali azzerati, le vendite di gomma sono diminuite del 14% in tutto il mondo nel 2020 rispetto all’anno precedente.
C’è però un’evidenza che non si può ignorare: le vendite erano in calo anche prima che arrivasse il Covid a stravolgere le vite di tutti. Allora perché la gomma non è più attraente?
Nel nuovo millennio qualcosa è cambiato. Le vendite hanno iniziato a diminuire un decennio fa e hanno continuato a diminuire senza sosta. «Alcuni ritengono che i responsabili siano gli smartphone: alla cassa del supermercato la gente aveva qualcos’altro che li distraesse e non faceva il classico acquisto d’impulso all’ultimo minuto. Anche l’aumento dello shopping online è stato un fattore. Altri hanno accusato l’aumento di deodoranti per l’alito alternativi, come le mentine», spiega l’Economist.
Ma ci sono anche cause diverse. Ci sono motivi di carattere socio-culturale che hanno influito nella perdita di importanza del chewing gum nella nostra quotidianità. Con la fine degli anni Novanta sono sbiadite sempre di più le raffigurazioni trash dei masticatori ribelli e hanno acquisito forza gli aspetti positivi di un’alimentazione sana, fatta di cibi biologici magari.
«In un’epoca in cui il veganesimo è in ascesa – è la conclusione dell’articolo – e la sostenibilità è considerata una virtù, la gomma sembra sempre più anacrinistica. Masticare la plastica, o farla scoppiare, semplicemente non piace ai giovani che studiano le etichette dei prodotti cercando traccia di ingredienti artificiali. Non a caso i nuovi marchi che vanno bene sono quelli lanciati dai millennial, e sono quelli il cui ingrediente principale è il chicle, e quindi si rifanno a un’idea di alimentazione bio e sostenibile».