Conte-22La grande rifondazione grillina è una riunione di condominio ad agosto

Da mesi i Cinquestelle dell’avvocato populista non si occupano d’altro che delle rispettive collocazioni e prospettive di carriera, in un profluvio di commi e codicilli. Per un movimento nato e cresciuto sulla contestazione della politica, condannata in blocco come una casta capace di occuparsi soltanto delle proprie poltrone, la nemesi non potrebbe essere più completa

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Le convulsioni attorno alla riforma della giustizia, culminate nella minaccia di dimissioni da parte della ministra Fabiana Dadone, poi sostanzialmente rientrata, hanno finito per offuscare la vera notizia politica del fine settimana, per non dire del decennio, e cioè la convocazione della votazione sul «nuovo statuto associativo» del Movimento 5 stelle, che si svolgerà il 2 e 3 agosto sulla nuova piattaforma Sky Vote (dopo il divorzio da Davide Casaleggio nessuno sembra essersi dato troppo pensiero per l’affidamento della piattaforma Rousseau, che è rimasta a lui).

Se non ve n’eravate accorti, non è colpa vostra: raramente una forza politica è riuscita a promuovere un’iniziativa peggio di così. E pensare che questo avrebbe dovuto essere il gran giorno della rinascita, il battesimo del «neo-movimento» immaginato dall’Avvocato del popolo, la tanto sospirata rifondazione del grillismo dal volto contiano.

Giunta al termine di una lunga e penosa vertenza tra fondatore e leader designato, la festa è finita prima ancora di cominciare. Data, tono e lessico dell’invito, infatti, fanno pensare più a un’assemblea di condominio che a un’assemblea costituente.

La mesta cerimonia fissata per il 2 e 3 agosto – dove dopo «2 agosto» verrebbe naturale aggiungere «in prima convocazione» – verosimilmente andrà un po’ meglio di come sono andate le recenti primarie on line per scegliere il candidato sindaco di Torino, in cui ha votato appena il 40 per cento degli iscritti (e già il totale era bassino assai: in pratica, la vincitrice, Valentina Sganga, è stata votata dalla bellezza di trecentotrentanove elettori), ma difficilmente rappresenterà un’iniezione di entusiasmo.

Per un movimento nato e cresciuto sulla contestazione della politica, condannata in blocco come una casta capace di occuparsi soltanto delle proprie poltrone, la nemesi non potrebbe essere più completa: da mesi ormai i grillini non si occupano d’altro che delle rispettive collocazioni, mansioni e prospettive di carriera. Discutono solo di poteri del leader e prerogative del garante, limite dei due mandati per i parlamentari e assegnazione delle cariche interne, in un profluvio di articoli, commi e codicilli.

Del resto, l’idea stessa di legare il grande rilancio di un movimento politico all’approvazione di uno statuto, obiettivamente, poteva venire solo a un cattivo avvocato. Chi mai prima d’ora si era interessato allo statuto di un partito? Che cosa ce ne dovrebbe fregare del fatto che «l’Assemblea può deliberare il trasferimento della sede legale dell’Associazione in un Comune diverso dal Comune di Roma Capitale» (articolo 1, comma b) o che «I componenti del Collegio dei Probiviri sono revocabili mediante consultazione in Rete su proposta del Garante, previo parere conforme del Comitato di Garanzia» (articolo 16, comma e)?

Ancora più significativo è però che la stessa «Carta dei principi e dei valori» tanto annunciata, quella che doveva rappresentare il nuovo manifesto del movimento, costituisca a tutti gli effetti parte integrante dello Statuto (per la precisione, l’articolo 2). Un po’ come se il Manifesto del partito comunista, invece di aprirsi con il celebre incipit: «Uno spettro si aggira per l’Europa», si fosse aperto con: «L’Associazione denominata Partito comunista, codice fiscale 9845…, con sede legale a…».

A ogni modo, la Magna Carta del movimento contiano ricomincia dalle famose «Cinque stelle», con un raffinato gioco di assonanze e anafore («Le cinque stelle che costellano il nostro orizzonte… La costellazione dei valori della Carta dei principi…»).

Il primo astro chiamato a orientare il cammino del grillino timorato lungo le oscure vie della politica è dunque la stella dei «Beni comuni», su cui il tono vira decisamente verso il manuale di diritto pubblico («La valorizzazione della categoria dei beni comuni si ascrive fortemente alla necessità di assumere la persona umana come centro dell’azione dello Stato… Essi costituiscono una particolare tipologia di beni pubblici su cui nessuno può vantare pretese esclusive. Appartengono a tutti e a nessuno…»). Seguono l’«ecologia integrale», la «giustizia sociale», l’«innovazione tecnologica» e l’«economia eco-sociale di mercato», paragrafo che si chiude con una delle più felici e creative innovazioni concettuali del testo: «È inoltre fondamentale garantire la possibilità per i “consumatori” di assumere il ruolo di “consumautori”». E scusate se è poco.

La formula, in verità, era stata già anticipata da Conte nel suo incontro online con i parlamentari. D’altra parte, non c’è bisogno di una perizia filologica per riconoscere ovunque la mano inconfondibile del padre della neolingua italiana ai tempi del Covid, tutta «autodichiarazioni», «ristori» e «affetti stabili».

La carta dei principi e dei valori del «neo-movimento» contiano ci dice inoltre che «occorre rivoluzionare il nostro modo di pensare e privilegiare un nuovo modello di sviluppo che offra adeguate risposte ai bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità per le generazioni future di soddisfare, a loro volta, i propri bisogni». E ci dice pure che «la pace è un principio assoluto che, colto nella sua originaria carica semantica, sottende una specifica prospettiva sul mondo e sulle relazioni tra persone e popoli».

E ci dice, soprattutto, con un supremo colpo di scena finale, che «la cura delle parole, l’attenzione per il linguaggio adoperato sono importanti anche al fine di migliorare i legami di integrazione e di rafforzare la coesione sociale», che «le espressioni verbali aggressive devono essere considerate al pari di comportamenti violenti» e che «la facilità di comunicare consentita dalle tecnologie digitali e alcune dinamiche innescate dal sistema dell’informazione non devono indurre a dichiarazioni irriflesse o alla superficialità di pensiero».

Affermazioni impegnative che non è chiaro come si possano conciliare con la dichiarata intenzione di «raccogliere l’esperienza maturata nell’ambito del blog www.beppegrillo.it, dei “meetup”, delle manifestazioni ed altre iniziative popolari», tra le quali immagino sia da annoverare anzitutto il celebre «Ma si figuri Day». Evento di cui forse, a suo tempo, dev’esserci sfuggita l’originaria carica semantica.

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