Non ci sarebbero molti motivi, a parte il semplice piacere della contemplazione, per tornare sulla lenta agonia del Movimento 5 stelle, dilaniato dalla complicata vertenza legale della separazione tra contiani e casaleggesi. Ce ne sarebbero anzi diversi per astenersene, perché dietro cavilli e contestazioni c’è pur sempre una dolorosa vicenda umana, in cui, come al solito, sono i più deboli ad andarci di mezzo. Io, per esempio, non ho ancora capito con chi passerà i finesettimana Danilo Toninelli, chi porterà Nicola Morra a studiare i verbali da zio Piercamillo, chi accompagnerà Barbara Lezzi al parco quando il caldo si farà più intenso e non si potranno nemmeno accendere i condizionatori per non fare un favore al governo.
Certo non sarebbe un buon motivo per tornare sull’argomento l’intervento del Garante della privacy, che ha intimato a Davide Casaleggio di consegnare i famosi elenchi degli iscritti al Movimento 5 stelle – qualunque cosa sia il Movimento 5 stelle e chiunque lo rappresenti, il che al momento non è affatto chiaro, né dal punto di vista legale né dal punto di vista politico – se non fosse per il commento di Giuseppe Conte. Un improvviso, funambolico, pirotecnico: «Ora si parte».
Come sarebbe a dire, ora?
Tralasciamo il fatto che, considerata anche la risposta di Casaleggio, la questione legale sembra ben lontana dal potersi dire conclusa. Facciamo finta di credere – giusto per un attimo – che sia la volta buona. Il punto è che siamo al 3 giugno. Ed è almeno dal primo aprile, cioè dalla solenne assemblea con i gruppi parlamentari in cui aveva presentato il suo famoso progetto di rifondazione, che Conte annuncia la partenza del suo «neo-movimento», ma non parte mai. Forse la data dell’assemblea avrebbe dovuto insospettire, e a maggior ragione avrebbe dovuto insospettire una frase pronunciata proprio in quell’occasione dal flemmatico leader: «Dopo la pausa pasquale avvierò una serie di incontri per raccogliere i vostri suggerimenti».
Neanche era partito, e già pensava al ponte. Un po’ come Alessandro Di Battista, che in aprile, a domanda su un suo possibile rientro in politica, rispondeva: «Non lo so, io fino a fine settembre porto avanti le mie cose personali, sono anche battaglie politiche che ho scelto anche rinunciando a poltrone importanti. Il futuro vedremo. A fine settembre farò le mie valutazioni e deciderò». Dove il punto fondamentale è lo scrupolo di sottolineare «fine settembre», perché a nessuno venisse in mente di interrompere anzitempo le sue meritate vacanze.
È vero però che gli annunci sull’imminente partenza del «neo-movimento» contiano erano cominciati molto prima della riunione con i gruppi parlamentari (l’incontro con Beppe Grillo, per dire, era del 28 febbraio), e quell’assemblea su zoom, tanto rilanciata sui social network, avrebbe dovuto essere semmai la stazione di arrivo. Resta comunque il fatto che si trattava di due mesi fa. Mentre la decisione del Garante è del primo giugno. Esattamente come il tweet di Conte, che merita di essere riportato integralmente: «Il provvedimento del Garante della privacy fa chiarezza e spazza via qualsiasi pretesto, confermando le ragioni del Movimento. Ora si parte, si guarda avanti. Sarà la nostra comunità a indicare la rotta. Non c’è un minuto da perdere, ci sono tanti cittadini a cui ridare voce».
Dunque non solo «ora si parte», ma anche «si guarda avanti». E soprattutto «non c’è un minuto da perdere». Perché è lì che si vede la stoffa del vero procrastinatore seriale: ma sì, guardiamo avanti. Che fate lì impalati? Vorrete mica perdere altro tempo a rivangare il passato, mettervi a contare i giorni persi, a controllare chi aveva detto cosa e quando, a fare i pignoli per un minuto in più o in meno?
Il problema è che ormai, guardando avanti, l’unica partenza in vista è quella per le vacanze estive (in questo almeno Dibba, va detto, era stato più onesto, e lo aveva detto subito). Passato anche il momento in cui si sarebbero dovute organizzare le liste per le elezioni amministrative di ottobre, quelle in cui il Partito democratico credeva davvero di ritrovarsi al fianco un movimento contiano nuovo fiammante, sicurissimo che per prima cosa gli avrebbe tolto di mezzo Virginia Raggi (e sappiamo com’è finita), che resta da fare? Se anche partisse – ammesso e non concesso che parta mai – dove dovrebbe andare?
La verità è che nella non-nascente formazione di tutto c’è traccia – «transizione ecologica» e «democrazia digitale», «rispetto della persona» e «cittadinanza attiva» – tranne una cosa: il movimento. E davvero non si sa se sia meno adatta, per il neo-sarchiapone contiano, la definizione di movimento o quella di partito, giacché da quando se ne parla – diversi mesi, come si è visto – né è mai partito, né si è mai mosso.