«Ci saremo tutti al Mondiale? Già è tanto se riesco a correre domani, andiamo con calma». La battuta del capitano Giorgio Chiellini, appena diventato campione d’Europa, racconta molto della fatica, dello sforzo, mentale e fisico, che hanno dovuto sostenere gli Azzurri negli ultimi 120 minuti di Euro 2020, e più in generale nell’ultimo mese.
Ma è una dichiarazione che introduce, nell’immediato post-partita di Italia-Inghilterra, il discorso sul futuro di tutta la squadra. Un futuro che guarda inevitabilmente a novembre 2022, ai Mondiali in Qatar: l’Italia arriverà alla kermesse più importante da campione d’Europa in carica, con uno status che non può essere ignorato né sminuito. Sarà la squadra da battere, per tutti.
Tra l’altro il calendario compresso dovuto alla pandemia ha ristretto in meno di un anno e mezzo Europei e Mondiali, creando un filo diretto tra le due competizioni. Di mezzo ci sarà la Nations League di ottobre, che si giocherà tra Milano e Torino, e sarà un primo banco di prova per testare la tenuta del collettivo dopo il trionfo europeo.
Nell’ultimo mese le prospettive italiane sono cambiate molto: gli Azzurri andranno in Qatar con l’obiettivo di vincere, senza traguardi minimi, senza dover o poter fare troppi calcoli.
D’altronde l’Italia è già in grado di guardare al futuro. Lo stava facendo da prima di Euro 2020. A maggio è arrivato il rinnovo di contratto per Roberto Mancini, che ha prolungato fino al 2026: un’investitura non da poco, se si considera che al termine dell’accordo saranno trascorsi 8 anni – l’ultimo ct così longevo è stato Enzo Bearzot, tra il 1977 e il 1986.
«È un investimento della federazione per il futuro, era un obiettivo che ci eravamo posti per continuare il lavoro svolto e dare continuità al ct», aveva detto il presidente della Figc, Gabriele Gravina, dopo la firma.
Una dichiarazione che assume ancora più senso dopo questo storico trionfo. Costruire continuità dopo Euro 2020 significa lavorare su una squadra che ha già dimostrato tanto – forse anche più delle attese – e adesso dovrà essere solo puntellata e perfezionata.
Chiellini ha messo un interrogativo grande così sul suo futuro in azzurro, ma ha 36 anni, è il più anziano dei 26 convocati da Mancini, ed è comprensibile che non voglia esprimersi su una competizione che si svolgerà tra 16 mesi.
Ma il resto del gruppo potrebbe essere confermato in blocco. L’età media della squadra che ha trionfato a Euro 2020 è di 27,7 – un valore mediano rispetto alle 24 nazionali impegnate nella competizione.
Anzi, lo stesso gruppo potrebbe rafforzarsi ancora di più in un anno e mezzo: un altro campionato sulle spalle e nelle gambe di Raspadori, Bastoni, Locatelli, Chiesa dovrebbe portare maggiore esperienza, nuova consapevolezza.
Nell’elenco ci sarebbe anche Donnarumma, ovviamente, che è nato nel 1999. Ma il portiere di Castellamamre di Stabia gioca e para da veterano già adesso, e dalla prossima stagione avrà modo di fare esperienza in un campionato diverso, in un ambiente diverso, in un Paris Saint Germain che partirà ad agosto per vincere qualsiasi cosa.
Se c’è una chiave di lettura che può complicare il lavoro del ct Mancini è il problema dell’abbondanza, che forse è l’unico problema che vorrebbero avere tutti i commissari tecnici.
Negli ultimi tre anni Mancini ha fatto esordire molti giocatori in Nazionale, alcuni giovanissimi. Il motivo è chiaro, lo aveva spiegato lui stesso poco dopo il suo insediamento: «Dopo l’eliminazione con la Svezia avevamo bisogno di inserire giocatori giovani per costruirci un futuro, sperando che avrebbero poi avuto l’opportunità di giocare nelle squadre di club: per fortuna è andata così. Ai giovani bisogna far capire che si crede nelle loro potenzialità».
Mancini ha sempre creduto nel talento di Zaniolo, sceso in campo con gli Azzurri prima ancora di mettere piede in Serie A. Poi ci sarebbero Tonali, Romagnoli, Calabria, Lazzari, Politano. E non solo. Gli esclusi dell’ultimo minuto per Euro 2020 sono Gianluca Mancini, Lorenzo Pellegrini, Moise Kean, che potrebbero essere elementi importanti della Nazionale in futuro.
Non è escluso che il ct nei prossimi mesi provi ad allargare il gruppo, chiamando qualcuno che oggi è fuori dai radar della Nazionale – un po’ come ha già fatto con Raspadori. Ci sarebbero diverse wildcard per il reparto offensivo: un paio di esempi su tutti potrebbero essere Riccardo Orsolini, oggi al Bologna, e Pietro Pellegri, attaccante del Monaco classe 2001 che Mancini ha fatto esordire in azzurro già lo scorso novembre.
È probabile, dunque, che il lavoro del ct da qui in avanti proceda in una doppia direzione: da una parte il lavoro di mantenimento e perfezionamento del gruppo che ha appena vinto gli Europei, dall’altro la ricerca di nuove opzioni e nuovi nomi che possano rafforzare lo zoccolo duro della squadra.
Anche perché nel frattempo in Qatar l’Italia affronterà avversari diversi da quelli visti a Euro 2020: la Francia potrebbe avere molti volti nuovi, a partire dal ct; la giovanissima Inghilterra proverà a fare tesoro di questa esperienza; la Germania aprirà un nuovo ciclo con Hansi Flick in panchina. Ci saranno anche le big sudamericane, con l’Argentina di Leo Messi che ha appena vinto la Copa America – primo trofeo dopo 28 anni – e un Brasile che invece se l’è fatta sfuggire, in casa, contro i rivali di sempre.
Non sarà facile, ma ai Mondiali del 2022 l’Italia dovrà dare continuità al successo continentale. Perché Wembley non deve essere l’apice di un percorso di tre anni. Ma la pietra angolare di un ciclo più lungo e vincente, destinato a consegnare questa generazione alla storia.